La paura provata il giorno in cui un terremoto gli ha portato via la casa è stata così forte per il piccolo Oscar che da allora non parla più. Un giorno incontra Golan. Lui ha perso la speranza da quando ha attraversato il mare su un barcone per scappare da una guerra. Due silenzi che trovano il modo di confrontarsi, due silenzi che la scrittrice messinese Nadia Terranova descrive con una parola nuova e fortissima: “guerremoto”. Un libro per bambini che parla forte pure al cuore dei “grandi”, “Casca il mondo” (Mondadori), pubblicato lo scorso anno ma frutto di una lunga gestazione che trae spunto dai silenzi e dal vuoto nel centro storico dell’Aquila dopo il terribile terremoto del 2009, è stato al centro di una divertita e appassionante conversazione tra la scrittrice e gli alunni “esperti lettori” delle classi IV D e V D dell’istituto comprensivo “Pascoli-Crispi”, di Messina, accompagnati dalle docenti Gia Falciglia e Letizia Noto, nell’ambito di un incontro svoltosi alla Galleria di Arte Moderna e contemporanea Lucio Barbera promosso dalla Città Metropolitana e introdotto dalla dott. Angela Pipitò.
Protagonisti del racconto di Nadia Terranova – che ha ricevuto ieri il Premio Sgroj, riconoscimento giunto alla 9. edizione, destinato agli ex allievi meritevoli del liceo classico “La Farina” dove Sgroj, illustre filologo, insegnò latino e greco dal 1963 al 1975 – sono i piccoli Oscar, Dulcinea, Golan a cui l’illustratrice Laura Fanelli ha regalato corpi e volti, ma la vera star è un coccodrillo, perché, come ha spiegato la scrittrice: «A volte le cose che ci fanno tanta paura non sono poi così malvagie, e quindi non bisogna fermarsi solo alle apparenze».
Un libro che parla della nostalgie per le cose che ci vengono sottratte all’improvviso ma anche della capacità dei bambini di provare a superarla abbattendo le barriere che isolano più della nostalgia, così il silenzio di Oscar e di Golan viene cancellato dalla voglia di giocare insieme, senza parole ma parlando la stessa lingua.
Tante domande e sollecitazioni da parte dei piccoli lettori, «che mi piace molto incontrare – ha confessato Nadia Terranova – per confrontarmi con la loro spontaneità». E nelle parole di Samuel è riassunto l’intimo e ultimo messaggio di “Casca il mondo”: «Quando hai nostalgia di qualcosa devi provare a superarla altrimenti il sentimento di tristezza resterà dentro di te».
Scrittrice di libri per ragazzi e per adulti, autrice, tra gli altri, di “Bruno il bambino che imparò a volare” (Orecchio Acerbo Editore), e di “Gli anni al contrario” (Einaudi), ambientato a Messina, che è stato uno dei romanzi rivelazione del 2015, apprezzatissimo dalla critica e dai lettori (tra cui alcuni lettori d’eccezione che ne sono stati entusiasti, da Roberto Saviano ad Annie Ernaux), Nadia Terranova è vincitrice di numerosi premi tra cui Bagutta Opera Prima, Fiesole, Brancati Premio Napoli, il Premio Laura Orvieto, il premio Mariele Ventre e del premio americano The Bridge Book Award.
Scrivere per i bambini è più facile o più difficile che scrivere per adulti?
«Dino Buzzati ha detto che scrivere per i ragazzi è come farlo per gli adulti, solo più difficile, che è il contrario di quello che si pensa di solito. Io amo molto scrivere per entrambi, non penso in termini di difficoltà, nasce una storia e subito penso se sarà per adulti o bambini, perché ognuno di noi ha dentro di sé tante voci, e quindi di volta in volta decide chi far parlare: se la Nadia bambina, quella adolescente, quella adulta».
Quali le differenze invece nella scrittura, cosa cambia se i destinatari sono adulti o bambini?
«Gli adulti non hanno bisogno del grande tema, e quindi per loro sono tendenzialmente più intimista, racconto quelle sensazioni ed emozioni del privato che hanno più difficoltà a condividere, faccio esattamente il contrario con i bambini che ancora non possiedono quell’alfabetizzazione emotiva che permette loro di riflettere su temi come la morte, la malattia, la guerra, ma sentono il bisogno di sapere, di darsi spiegazioni o narrazioni rispetto a quello che può offrire la cronaca, e si pongono le prime grandi questioni esistenziali sul perché si vivono guerre e tragedie, hanno bisogno di saperlo ma non sanno come chiederlo. Per loro quindi utilizzo una voce più intima e segreta come ho fatto in “Casca il mondo”».
Da bambina quali erano i tuoi libri preferiti?
«Quello che in assoluto ho più amato è stato “Professione spia” di Louise Fitzhugh, poi “Principessa Laurentina”, “Speciale Violante” di Bianca Pitzorno, libri di una collana per bambine della Mondadori che oggi è divenuto uno dei miei editori».
Stai lavorando ad un romanzo che hai deciso di ambientare a Messina, così come avevi fatto con “Gli anni al contrario”, quale ruolo gioca la tua città nella scrittura?
«È la formazione del mio immaginario, la città, lo Stretto. Sono “letterariamente” legatissima, vado a cercare quello che gli scrittori, non solo i siciliani come Consolo, Sciascia, hanno scritto di lei. Ricordo che mi ha molto colpito ed emozionato scoprire che anche Simone de Beauvoir ha dedicato un pensiero alla città di Messina. E soprattutto la vivo, anche adesso che non ci abito più».