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Milo, la favola bella del gatto nero e speciale

Milo non la smette di andare su e giù, mentre parliamo io e la sua... (come definirla? Padrona? Ma nessuno di noi che amiamo i gatti lo direbbe: nessuno può essere “padrone” d’un gatto, semmai suo felice maggiordomo)... la sua “mamma” umana. Milo è piccolo, nero, caparbio, inarrestabile: pochi etti di volontà di ferro e vitalità che incantano, malgrado la sua condizione. Perché Milo è un gatto disabile: ha una ipoplasia cerebellare, cioè non governa bene i movimenti, e non sa fare proprio le cose tipiche dei gatti: saltare con precisione millimetrica, aggirarsi flessuoso su cornicioni e davanzali. Mi correggo: non sa fare alcune delle cose tipiche dei gatti, perché tutte le altre – amare con dedizione, essere affettuoso e curioso, rendere una casa preziosa con la sua bellezza – le fa tutte, eccome. Milo è il protagonista d’un delizioso piccolo libro che sta diventando un vero caso editoriale: “Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare” (Guanda, con illustrazioni di Giacomo Bagnara). Ma era già il personaggio principale della rubrica “Io e Milo” che l'autrice, la giornalista e scrittrice Costanza Rizzacasa d'Orsogna, tiene sul Corriere della Sera, e ovviamente è titolare di diversi profili social (@royalgattin su Twitter e royalgattin su Instagram).

«Speciale è una parola bellissima – dice “mamma” Costanza – perché vuol dire sia particolare, singolare, che straordinario, eccezionale. Mi vengono i mente i versi del filosofo siciliano Sgalambro, nella famosa canzone di Battiato: “perché sei un essere speciale e io avrò cura di te”. Nel libro sono tanti gli animali “speciali”: il gabbiano Virgilio, l'astice senza una chela, il riccio Giulia, lo scorpioncino Pierino, il gatto siriano migrante guercio. Ognuno testimonia una differenza preziosa».

Perché Costanza, e il suo alter ego nel libro («la ragazza», in cui non è difficile riconoscere proprio lei, che mantiene uno stupore incantato e quasi fanciullesco verso le creature e le cose), li attira, gli animali speciali. Gatti, cornacchie, gabbiani, pappagallini: i suoi “salvataggi” miracolosi sono famosi nel vicinato. Un altro aspetto del suo grande amore per gli animali, di quella necessaria empatia col vivente che è un forte tema culturale dei nostri tempi.

Milo, intanto, non si arrende: salta, cade e riprova, ricade e riprova. Forse solo la sua tenacia lo ha tenuto in vita, quando è rimasto solo, ultimo d’una cucciolata, e sotto un temporale ha chiesto aiuto a un passante in un modo che sarebbe stato impossibile ignorare. Il passante era il fratello di Costanza. E tutti gli animali del libro testimoniano un profondo amore per la vita: «La vita è più importante» dicono tutti a Milo, raccontando ciascuno la sua storia, che fatalmente s'intreccia con quella degli umani, con le storie delle nostre città inospitali («Le città non sono solo degli umani. Sono di tutti, e dobbiamo conviverci», dice il gabbiano Virgilio), del nostro egoismo: di storie dolorose, ma anche di storie a lieto fine, di questa “convivenza” parla spesso Costanza nella sua rubrica. E per quanti abbandoni e quanta malasorte abbiano patito gli animali che Milo incontra nel libro (che ha un gustoso epilogo tutto siciliano, nell’isola di Linosa, dove Milo è andato veramente: tra le tante cose “speciali” che fa, lui viaggia moltissimo), trovano sempre un modo per sopravvivere, per affezionarsi ancora a un altro essere, un altro compagno d'avventura.

«È una favola sull'integrazione, sulla speranza – dice Costanza (attorno a lei Milo si esercita nell’arte infinita della capriola e del volo avvitato) – . È una fortissima allegoria: Milo è nero, è diverso. Quindi è di fortissima attualità, nel nostro mondo. Il gatto nero è chiunque, nella società, sia percepito come diverso o si senta diverso». Parliamo di Lodi, di Riace, di tanti casi eclatanti di discriminazione e poi parliamo di riparazione, del prendersi cura: l’insegnamento profondo della storia di Milo. Che guarda tutti, che tenta di amare di tutti. Persino un piccolo scorpione, nero come lui, come lui detestato da tutti. «Il gatto – sorride Costanza – dovrebbe cacciare gli scorpioni, invece Milo e Pierino diventano amici: sovvertono ogni pregiudizio».

Lei sa tutto sulle persecuzioni dei gatti neri («ma solo nella nostra cultura: in altre addirittura sono animali portafortuna»). Una persecuzione che oggi prosegue in modi impensabili. «I gatti dopo il cibo sono il trend di Instagram. Eppure i gatti neri sono discriminati persino lì. Purtroppo per loro, non sono troppo... fotogenici. E oggi risultano i più abbandonati, anche per questo assurdo motivo. Noi abbiamo queste vite finte e instagrammabili, a cui sacrifichiamo ogni cosa. È una forma di superstizione dei nostri giorni». Il gatto Valentino, nel libro, è un “abbandonato di Instagram”. Ma anche per lui l’incontro con Milo sarà determinante. Non è forse questo il destino di tutti gli esseri “speciali”?

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