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Quando il mondo andò in pezzi. Il valore di una memoria da non perdere

Giovanni Guareschi illustra Giovanni Guareschi

Ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria, la ricorrenza internazionale dedicata al ricordo delle vittime dell’Olocausto, le case editrici pubblicano – o rilanciano – una sfilza di testi e romanzi tesi a tener viva l’attenzione su questo tema. La questione più spinosa riguarda proprio la necessità di riuscire a trattenere nelle nostre menti – quotidianamente bersagliate da migliaia di informazioni, news e immagini – il vivido ricordo della Seconda Guerra Mondiale e i milioni di morti causati dalla Shoah.

Un problema che si avverte soprattutto con la morte naturale degli ultimi sopravvissuti, cui si aggiungono quotidiani elementi d’allarme, dal furto delle pietre d’inciampo a Roma alle dichiarazioni antisemite del senatore M5S Lannutti che ha rivangato i Protocolli dei Savi di Sion, uno dei più celebri falsi storici. E a ciò si aggiunge lo spregio riservato ai migranti e le migliaia di morti in mare nel disinteresse delle classi politiche. Per opporci attivamente a questo clima, in occasione della Giornata della Memoria, partiamo con il libro-testimonianza della senatrice a vita Liliana Segre – superstite e testimone dei campi di concentramento nazisti – che, in Scolpitelo nei vostri cuori (pubblicato da Battello a vapore) rivolge le proprie parole direttamente ai più piccoli, in un testo che è un invito a non perdere mai la speranza e a «camminare nella vita, una gamba davanti all'altra, la marcia che vi aspetta sia la marcia della vita».

Le conseguenze dell’odio e dei piccoli gesti quotidiani sono al centro del romanzo di Giovanni Grasso Il caso Kaufmann (Rizzoli), che narra la relazione tra l'anziano Leo e la giovane Irene, unendo la trasgressione della differenza d'età con l'assurdità delle leggi razziali che vietano «la contaminazione del nostro sangue», come scrive Adolf Hitler. Una ricostruzione storica e i documenti che portarono alla persecuzione nazista sono le basi del libro di Grasso – giornalista parlamentare, saggista e ora consigliere del presidente della Repubblica – fotografando un'epoca dominata dalla follia e dalla totale perdita di umanità.

Ancora i sentimenti sono al centro di Stella (Feltrinelli, traduzione di Nicoletta Giacon), secondo romanzo del giornalista e scrittore tedesco Takis Würger, un romanzo d'amore ossessivo e di tradimento nella polverosa Berlino del 1942 fra l’agiato e benestante svizzero Fritz, che arriva in città negli anni Quaranta armato di ambizioni artistiche, e Kristin, una donna bellissima che una notte sparisce misteriosamente e ritorna da Fritz dopo aver subito evidenti torture, spalancando una finestra sul suo passato pieno di ombre. Ispirato ad una storia vera, racconta di una scelta terribile, sul sottile filo che corre fra la propria salvezza e quella di centinaia di ebrei nascosti dalla furia delle SS naziste.

Ci spostiamo verso una prosa ben diversa nelle pagine di un altro tedesco, lo scrittore (molto prolifico) Uwe Timm: Un mondo migliore (Sellerio, traduzione di Matteo Galli) è un romanzo fortemente politico, una riflessione sull’utopia che si rivela essere un documento sugli abissi del razzismo e dell’eugenetica. Timm, considerato una delle voci tedesche contemporanee più interessanti e già vincitore del Premio Schiller 2018, risale la corrente del tempo dalla Germania nel ’45 per raccontare il rapporto fra un giovane ufficiale americano, Michael Hansen, e il professore eugenista Alfred Ploetz, morto nel 1940, colui che coniò il termine «igiene razziale», considerato il vero e proprio pioniere e ispiratore del massacro nazista. Il merito di Timm è quello di mescolare con grazia prosa e finzione, nel racconto di una delle pagine più spaventose della storia europea.

Restando sui protagonisti del tempo, Bompiani (pp. 1728, euro 25) ha appena ripubblicato Hitler, l’opera monumentale di Ian Kershaw in due volumi pubblicata per la prima volta a cavallo del 2000, il «racconto spaventoso e affascinante di come un misero provinciale venuto da un angolo remoto dell’Austria asburgica sia riuscito a conquistare un potere senza precedenti», ovvero la parabola dell’uomo che trascinò il mondo «ben oltre l’orlo del baratro».

Restando in tema di ricostruzioni, Nessuno sa di lui. Carlo Pitti, il vero artefice del ghetto ebraico di Firenze (Le Lettere, pp. 158, euro 14,50) è un volume ricco di interesse storico in cui, portando indietro le lancette al 1567, l’autrice Ippolita Morgese svela i retroscena della questione ebraica, aprendo le carte dell’archivio Pitti per comporre un ritratto inedito di un personaggio chiave nel sistema di potere della Firenze al tempo dei Medici.

Infine, chiudiamo questo viaggio editoriale con Giovannino nei lager, un prezioso volume di Giovanni Guareschi, pubblicato da Rizzoli e curato dai suoi figli Alberto e Carlotta che hanno riunito, in una ideale trilogia della prigionia, tre racconti (ma con una messe di illustrazioni, schizzi, appunti) del padre – noto giornalista e umorista – legati al periodo del suo internamento nei lager tedeschi in Polonia e poi in Germania: “Favola di Natale”, “Diario clandestino” e “Ritorno alla base”.

Era l'8 settembre 1943 quando Guareschi, allora tenente di complemento, venne catturato dai nazisti ad Alessandria ed inviato nei lager. Ma proprio dal suo gran rifiuto di combattere germogliò la passione civile, scrivendo testi per conferenze e favole che leggeva ai compagni di sventura, solo per «tenerli aggrappati alla vita». Un altro esempio che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.

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