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Quei "Protocolli dei Savi di Sion" che servono a diffondere odio

La copertina di una edizione dei protocolli

Lo stop arriva dal Colle. «Basta a riproposizioni di vecchi e screditati falsi documenti basati su ridicole teorie cospirazioniste», dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla celebrazione della Giornata della memoria. Una sottolineatura fatta con fermezza, richiamando al dovere di combattere ogni forma di razzismo e antisemitismo. L’allusione, al delirio social sui “Protocolli dei savi di Sion”, è evidente. E la preoccupazione, sul ritorno di certe suggestioni va oltre l’esternazione vaneggiante di Elio Lannutti, senatore M5stelle, ex Idv, ex paladino dei consumatori, che ha aperto il caso con un tweet, salvo poi scusarsi, come è consuetudine in tempi di cinica-fanta-tonta-politica.

Nel tweet con cui è stato veicolato il Lannutti-pensiero (?) c’era scritto: «Le famiglie che comandano il mondo, derivano dal Gruppo dei Savi di Sion». Inequivocabile il riferimento ai “protocolli sionisti”, falso storico riconosciuto e ben conosciuto. Una storia costruita in Russia, nei primi anni del secolo scorso, dalla polizia segreta zarista, con l’intento di accusare gli Ebrei di avere elaborato un piano di dominio mondiale, attraverso l’alta finanza.

Nel documento si faceva riferimento ad un presunto resoconto di alcune sedute segrete, tenute a Basilea al tempo del congresso sionista del 1897. In realtà l’opera, come dimostrato già nel 1921, era un raffazzonato riadattamento, in chiave antisemita, di un libello contro Napoleone III del 1864 (“Dialogo all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu” ). Nonostante la comprovata falsità, i Protocolli sono stati più volte ripubblicati, in diversi paesi europei, e continuano a costituire uno strumento odioso di propaganda antisemita. Nessuna sorpresa, dunque, se periodicamente, da qualche parte, spunta qualcuno, proteso (a sua insaputa?) alla ricerca di burattinai occulti, che tirerebbero le fila della storia, per sottomettere il mondo.

Il complotto ebraico, per il dominio attraverso la finanza, è il cavallo di battaglia dell’attività di propaganda antisemita. In un libro, pubblicato nel 1992 e riedito nel 2011, con il titolo “I Falsi Protocolli” (Longanesi editore) Sergio Romano, storico e diplomatico, ha ripercorso le vicende del falso, servito a costruire colossali mistificazioni, ma anche orrori, che i negazionisti non vedono, mentre gli indifferenti si girano dall’altra parte. Gli scopi dei fabbricatori del falso e dei sostenitori del “complotto ebraico“ Romano li spiega nel saggio, che in appendice pubblica integralmente “I Protocolli “.

Ci sono esempi delle colpe attribuite agli ebrei nel corso del Novecento, e del modo in cui alcuni regimi politici hanno usato le paure collettive contro un nemico considerato subdolo e onnipotente. L’esistenza del pregiudizio antiebraico, afferma Romano, è confermata anche “al contrario”, cioè dal modo in cui gli ebrei vengono corteggiati e adulati da chi crede nella loro influenza e cerca di conquistarne l’amicizia.

All’origine del diffuso sentimento antiebraico c’è dunque un piccolo libro, che iniziò una straordinaria carriera editoriale attraverso l’Europa prima e gli Stati Uniti dopo, fra il 1919 e il 1921, e che aveva un titolo che cambiava da un’edizione all’altra. Quello in italiano, in qualche modo li sintetizza tutti: “L’Internazionale ebraica. Protocolli dei Savi Anziani di Sion”. Come s’intuisce, il tema di quelle originarie pubblicazioni apparse in diverse lingue (inglese, tedesco, polacco, russo, francese) erano i “Protocolli”, documenti “ricostruiti” che descrivono la strategia messa in atto dagli ebrei per conquistare il mondo.

Rivelati dal mistico di origini russe Sergej Nilus, il cui nome figurava sul frontespizio delle edizioni europee ed americane, accanto al nome del traduttore e del curatore, i protocolli venivano attribuiti a un “grande vecchio ebreo”, che indirizzava le sue parole ad un’assemblea di anziani. In ventiquattro capitoli, in quel documento si tracciavano le linee essenziali di un piano strategico degli ebrei per ottenere il dominio del mondo.

Negli stessi anni in cui i “Protocolli “ si diffondevano rapidamente da Occidente a Oriente, con traduzioni anche in arabo, il “Times” riuscì a dimostrare che si trattava di un falso clamoroso. In realtà, si trattava del raffinatissimo plagio del pamphlet contro Napoleone III, e di altri testi messi insieme.

Screditato nelle democrazie occidentali, il mito dei “Protocolli” sopravvive in Medio Oriente, dove la sconfitta del falso documento è difficile: serve da propaganda, per combattere Israele. Ma anche in Europa vi sono nuclei irriducibili di antisemiti e antiebrei che, regolarmente, lo fanno rivivere.

La vicenda del tweet di Lannutti è la prova di un passato di propaganda antisemita che nonostante gli orrori della storia non passa. Malgrado sia comprovata la falsità, i “Protocolli” riaffiorano. Servono per incitare all’odio, nell’Europa di oggi smarrita, come ieri nella Germania di Hitler, nell’Italia di Mussolini, nella Russia di Stalin.

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