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La "Mafia dei pascoli" e una guerra in corso

La presentazione del libro

«La mafia questa partita l’ha persa. Non bisogna abbassare la guardia. In questo momento bisogna far capire che, quando si fa squadra insieme, creando degli strumenti normativi che mettono le mani in tasca alle mafie, come sempre, le mafie reagiscono». A dichiararlo è Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, durante la presentazione del libro “La Mafia dei pascoli", tenutasi ieri pomeriggio a Roma, nella suggestiva sala del Tempio di Adriano.

Il libro, scritto dal giornalista della Gazzetta del Sud Nuccio Anselmo insieme con Antoci, ripercorre i momenti terribili del tentato attentato del 18 maggio 2016 nei confronti di colui il quale, con il suo impegno alla direzione del Parco, aveva “scoperchiato” interesse e affari della mafia nebroidea.

«Questa terra non ha bisogno di simboli e di eroi, ma di normalità, che vuol dire fare il proprio dovere, a prescindere da dove ci si trovi», ha aggiunto l’ex presidente, che è anche il protagonista del cosiddetto “Protocollo Antoci“, che prevede la necessità di un certificato antimafia per coloro che volessero usufruire di affitti agevolati o fondi europei. E Nuccio Anselmo, cronista dei più importanti fatti giudiziari degli ultimi decenni a Messina e in provincia, ha sottolineato la pericolosità di quella “mafia dei pascoli” che ha intrecci criminali con le altre cosche mafiose siciliane.

Tra gli interventi, quello del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: «Stiamo tagliando ogni giorno di più la rete e le risorse che coprono Matteo Messina Denaro. Arriveremo quindi per forza a lui e credo anche che non passerà molto tempo», facendo riferimento alla possibile cattura del super latitante di Cosa Nostra. «Perché non è stato ancora preso? – ha aggiunto il procuratore – Semplicemente perchè gode di una copertura, ma grazie allo straordinario lavoro delle forze dell’ordine questa copertura si sta affievolendo sempre di più».

Forti le dichiarazioni del capo della Polizia Franco Gabrielli: «In questo Paese non ti devi solo difendere dalla mafia e dalla criminalità, ma anche da zelanti mascarioti prodighi di comunicazioni e pronti a inoculare sospetti in ogni occasione. Nel nostro Paese abbiamo la capacità di continuare a farci del male, come ha dimostrato il caso Antoci, con accuse di “fake” dopo l’attentato, come se fosse stata una messinscena». Faranno discutere soprattutto le affermazioni riguardanti il servizio scorte: «Basta automatismi – ha detto Gabrielli, respingendo ogni illazione sul fatto che si sarebbe piegato ai “diktat” del ministro Salvini – questo è un Paese che ha troppe scorte, dobbiamo dircelo. Sono troppe e siccome le risorse sono poche forse una riconsiderazione la dobbiamo fare. Per proteggere davvero chi è minacciato da mafie e criminali, è necessario che l’assegnazione dei servizi di tutela venga fatta non sulla base di automatismi, ma su una valutazione che prenda in considerazione non i «rischi possibili» ma i «rischi probabili» ai quali la persona da proteggere è esposta. La storia di Antoci è lì a dimostrarci la straordinaria necessità di salvaguardare le istituzioni. Io sogno un paese in cui i temi della sicurezza non siano argomenti solo da competizione elettorale».

Alla presentazione del libro, organizzata dalla Regione Lazio, hanno preso parte, oltre ai due autori, al capo della Polizia Franco Gabrielli e al procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, anche l’editore Florido Rubbettino, il presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, Gianpiero Cioffredi. e Tina e Giovanni Montinaro.

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