Il 29 marzo è dietro l'angolo, la Brexit è sempre più vicina. Ma non è ancora detta l'ultima parola. Il governo britannico guidato da Theresa May non riesce a trovare un accordo con Bruxelles che soddisfi il proprio parlamento e il processo che porrà fine all'adesione del Regno Unito all'Unione europea si fa sempre più arzigogolato. Che fine farà il Made in Italy che impazza sulle tavole dei ristoranti stellati - a partire da quello di Giorgio Locatelli - a Londra? Che ne sarà dei 700 mila italiani andati in cerca di fortuna oltre la Manica? Temi scottanti che, non a caso, hanno fatto fiorire un sottogenere letterario - la BrexLit - con un proliferare di romanzi che raccontano questa realtà da diversi punti di vista, spaziando dal tema della violenza alla comicità, dallo spaesamento nella City alla perduta innocenza del mondo rurale.
Iniziamo questo viaggio letterario con “Gli Adulteranti” di Joe Dunthorne (Einaudi, tr. G. Boringhieri), una commedia disillusa e caustica sul tema della fiducia e del tradimento, centrata su Ray, ovvero un millennial, giornalista tecnologico freelance che con la moglie, Garthene, sogna di possedere una casa a Londra. Dunthorne ha un passo lieve, un humour che spiazza, capace di raccontare la generazione che è stata scavalcata dalla vita e si trova a sognare «una schifosa villetta a schiera» che non può nemmeno permettersi, lanciandosi in mutui fine pena mai. Così, quando, improvvisamente, la violenza esplode per le strade della City nell'agosto del 2011, fra auto di lusso in fiamme e poliziotti, Ray prende parte inconsapevolmente, reagendo d'istinto. Un vero e proprio rito catartico per rivendicare ciò che la sua generazione può solo agognare mentre anche il suo matrimonio cola a picco.
I cambi di scenario improvvisi e la violenza che serpeggia, improvvisa, sulla pagina, sono protagonisti anche di Benevolenza cosmica, il romanzo d'esordio di Fabio Bacà (Adelphi). Passo ilare e una scrittura iperbolica per raccontare - anche qui - Londra e le epopee di Kurt O'Reilly, il suo protagonista mezzo irlandese e mezzo italiano che guida una divisione dell'Ufficio nazionale di statistica. Pagina dopo pagina, in un rapido susseguirsi, i colpi di fortuna si moltiplicano: gli offrono una promozione, tutte le sue azioni in borsa sono in rialzo continuo e sfugge ad una malattia mortale. Mentre Londra è sotto attacco per l'esacerbarsi della tensione internazionale, Kurt si ostina «a non perdere fiducia nel genere umano», ma prende atto che lui stesso si trova in una enorme - ingiustificata - anomalia statistica. Bacà racconta Londra e le sue zone residenziali tenendo sotto controllo il ritmo ed infilando freddure british; ma se «da tre mesi non c'è una sola che cosa che non vada come dovrebbe andare», anziché gioirne, Kurt si sente «vittima di una pazzesca congiura interplanetaria per eliminare ogni seccatura dalla sua vita». E intanto, anche qui, Londra brucia fra atti di sabotaggio di “New Global o jihadisti”, attaccando la stessa produttività capitalistica alla base degli imperi.
Un tono lieve, caustico e brillante, è protagonista anche de La mia Brexit (Bompiani) di Francesco De Carlo. Con l'occhio del comico - e della webstar - il narratore osserva i londinesi a caccia di spunti satirici, confezionando un azzeccatissimo “Diario di un comico nel posto giusto al momento sbagliato”. Un italiano - fautore del Remain - che racconta il caos della capitale multietnica europea per eccellenza, risvegliatasi confusa e spiazzata dopo il referendum: «Sembrava di stare a Saigon alla fine della guerra del Vietnam». Ma proprio da questo marasma di contraddizioni, De Carlo, giunto a Londra per far fortuna, trae il materiale vivo per un racconto decisamente personale (e scorretto) al tempo della Brexit, fra Tinder, stand up comedy nei locali e la pizza con l'ananas che diventa metafora del ritrovarsi in una nazione in cui molte cose sono del tutto diverse dall'Italia.
Restando sulla scia di Dunthorne e Bacà, si ride ma soprattutto ci si interroga su ciò che sarà. Ancora Londra - sempre lei - è al centro del romanzo di Amanda Craig Le circostanze (Astoria, traduzione di V. Ricci), ma stavolta il tono è ben diverso. Il romanzo, che ha furoreggiato in Inghilterra, coglie la rabbia della provincia. Lo spunto è una crisi di coppia vecchio stile: due giovani incapaci di sostenere i costi esorbitanti della City non hanno nemmeno i soldi per divorziare. Ecco, in una commedia hollywoodiana, questa moderna coppia, con tre figli, si sarebbe ritrovata in un paradiso a misura d'uomo, fra apple pie, anatre starnazzanti e i colori della campagna; la Craig, invece, crea un mix esplosivo e li scaraventa nel Devon, in una campagna povera, piena di immigrati pagati una miseria, a tu per tu con la fredda diffidenza degli agricoltori che hanno votato per la Brexit.
Infine, tocca a Marco Varvello - corrispondente del TG1 Rai da Londra - cogliere tutte le atmosfere che danzano su questo tema con Brexit Blues (Mondadori). Un libro fatto di più anime, un memoir-distopico, in cui Varvello condensa le preoccupazioni delle famiglie italiane costruendo un grottesco scenario fitto di contraddizioni, l'ambiente ideale per far attecchire micro-drammi che cambiano la narrazione, con tanto di un intreccio d'affari, una guerra tra condomini che li spingerà a votare “Leave” e il ko del servizio sanitario inglese, travolto dalla Brexit, mentre tutto è pervaso da una atmosfera apocalittica, malinconica come un vecchio blues.
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