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"Un'avventura", Lucio Battisti rivive al cinema con Michele Riondino: personaggio immortale

Il 5 marzo Lucio Battisti avrebbe compiuto settantasei anni e nei giorni scorsi ne sono trascorsi cinquanta dal primo disco con Mogol. I suoi brani più amati, colonna sonora degli anni ’60 e ’70, sono stati ripercorsi in un film uscito nelle sale lo scorso febbraio che ha reso omaggio alla coppia di autori attraverso una storia ambientata nel periodo in cui il paroliere milanese e il compositore di Poggio Bustone scrivevano le musiche che sarebbero diventate pietre miliari nella storia della canzone italiana. In “Un’avventura” di Marco Danieli i loro capolavori accompagnano infatti vicende ed emozioni della storia d’amore tra Matteo (Michele Riondino) e Francesca (Laura Chiatti), due giovani degli anni Settanta che si ritrovano dopo anni di lontananza, rivivendo un sentimento che sembrava sopito. Lo stesso Mogol ha offerto la propria consulenza al film attraverso la struttura formativa CET (Centro Europeo di Toscolano), favorendo la presunta identificazione del protagonista con lo stesso Battisti. Lo abbiamo chiesto a Michele Riondino in un’intervista sul film.

Matteo, il protagonista, ha dei tratti caratteriali ispirati alla personalità di Battisti o è un ragazzo medio degli anni ‘70?

“La sua vicenda non è direttamente ispirata a quella di Battisti, anche se in molti lo hanno pensato, ma è uno dei personaggi che muove le storie scritte da Mogol per questo grande artista. Matteo è antropologicamente interessante, perché sia lui che Francesca rappresentano due aspetti di un unico personaggio che è l’italiano medio di allora: lei con la sua voglia di cambiare il mondo ed emanciparsi, lui legato alle proprie radici e ai ritmi della provincia. Per cui entrambi i personaggi fanno emergere aspetti del carattere nazionalpopolare del nostro Paese. A ciò si aggiunge il fatto che la figura di Lucio Battisti è parte del bagaglio culturale di quel periodo importantissimo per l’Italia, già toccata dal famoso boom economico. Il film ripercorre tutta quella storia, mostrando ciò che eravamo, e facendo intuire ciò che saremmo diventati”.

Fanno da contorno alla storia anche musiche e balli di quei decenni storici. Una bella fatica per voi attori cantare e ballare allo stesso tempo…

“Tutto il merito del risultato va ai grandi professionisti che ci hanno istruito e supportato Aldo e Pivio De Scalzi per gli arrangiamenti e Luca Tommassini per le coreografie. Cantare Battisti è impossibile; ma noi attori abbiamo la fortuna di usare la recitazione per interpretare le parole, i sentimenti e i personaggi. Per cui interpretare i brani e cantarli per il film è stato più facile che eseguirli a Sanremo per la presentazione. L’impegno sulle coreografie non è stato semplice, perché non siamo ballerini professionisti; ma la bravura del nostro maestro Luca ci ha consentito di acquisire una certa sicurezza su questo fronte”.

A 21 anni dalla scomparsa di Battisti, lui e Mogol rimango due capiscuola della nostra musica leggera. Quale è l’attualità della loro arte?

“La canzone italiana è famosa nel mondo perché ha nella sua struttura una complessità e allo stesso tempo una semplicità che solo i più grandi interpreti hanno saputo valorizzare, come lo stesso Battisti, Mina, Tenco e altri che ne hanno fatto un patrimonio comune. I grandi registi internazionali hanno da sempre utilizzato i brani della nostra cultura musicale; e questo la dice lunga su come la canzone possa essere narrativamente importante in un film. Quindi è un repertorio diventato inevitabilmente immortale, come i suoi interpreti e le opere che realizzano”.

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