L’America ha perso la sua "fidanzata": Doris Day, icona del cinema a stelle e strisce e immagine di donna americana degli anni '50 e '60, è morta a 97 anni dopo un attacco di polmonite. La protagonista platinata di una quarantina di film tra cui «Calamity Jane» aveva cominciato come cantante: suo l’indimenticabile «Sentimental Journal» del 1945 e il romanticissimo «Que sera sera». Nata a Evanston nell’Ohio, in una famiglia di profughi dalla Germania, Doris Mary Anne Kappelhoff, era arrivata al successo dopo un’infanzia travagliata: prima la morte del fratello maggiore, poi la separazione dei genitori. Dopo un incidente d’auto che le precluse il sogno di diventare ballerina, Doris scelse di seguire la passione del padre, la musica, e si fece strada nelle big bands (con Bob Crosby e Les Brown) guadagnandosi presto paragoni coi grandi «crooner» alla Frank Sinatra. Reginetta della radio nello show con Bob Hope, a 24 anni era la cantante più pagata del mondo anche se le nevrosi (paura di volare), la dipendenza dal fumo che le rendeva roca la voce e i drammi sentimentali (il primo marito sposato a soli 17 anni la picchiava, il secondo non sopportò il suo successo e il terzo le rubò la sua fortuna) contrastavano drammaticamente con il personaggio che nel frattempo si stava costruendo. A cambiarle la vita fu l’incontro casuale con Michael Curtiz, il regista di «Casablanca» che le procurò un contratto di sette anni con la Warner Bros e film come «Amore sotto coperta», «Tè per due», «Non sparare, baciami», seguiti da ruoli più impervi come, con Alfred Hitchcock, che la volle in «L'uomo che sapeva troppo» e la convinse per il set a volare anche in Marocco. Una breve parentesi. Doris tornò presto alla commedia romantica con «Pillow Talk» che le valse la nomination agli Oscar, seguito da «Amami o lasciami», «Il visone sulla pelle», «Non mangiate le margherite», «Amore ritorna!» in cui la Day cementò il personaggio della donna moderna che protegge la sua castità dalle mire di playboy dalla voce suadente come Rock Hudson, Clark Gable, Cary Grant. Doris Day è stata anche la protagonista di occasioni mancate: disse no a «La signora in Giallo» che consolidò la fama di Angela Landsbury, e a «Tutti Insieme Appassionatamente" per la parte che andò a Julie Andrews. Nel 1967 rifiutò anche il «Laureato» spiegando che il ruolo di Mrs. Robinson «offendeva i suoi valori». Segno dei tempi: il personaggio della «fidanzata d’America» non era sopravvissuto all’avvento della controcultura. Sensibile al fatto che stava arrivando per lei il viale del tramonto, Doris si era ritirata in un ranch a Carmel tra cani e altri animali ("Li preferisco agli esseri umani") che erano diventati la sua ragione di vita. A piangerla oggi anche George Clooney: «Mi dispiace, Doris era una vera star».