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Al via a Reggio Calabria la mostra "Ade e Persefone signori dell'aldilà"

Un bigliettino da visita per ricordarci da dove veniamo. Questa in sintesi l'idea che sta dietro la mostra temporanea "Ade e Persefone, Signori dell'Aldilà" allestita nella piazza Paolo Orsi del Museo Archeologico di Reggio Calabria.

L'allestimento di 50 reperti, molti dei quali freschi di restauro, è stato curato dal direttore Carmelo Malacrino e dall'archeologa Ivana Vacirca per dare un piccolo segno di benvenuto al visitatore che arriva al MAaRc e si accinge a compiere un viaggio indietro nel tempo e avanti nel gusto.

Perché se tutti gli oggetti custoditi a palazzo Piacentini sono affascinanti - pensiamo ai Bronzi - quelli esposti all'ingresso del museo, che giungono da Locri, Rosarno e Vibo Valentia, datati fra il settimo e il quinto secolo a.C. esprimono in modo particolare un livello di eleganza che sarebbe apprezzato delle più quotate e attuali fashion blogger di tendenza. I colori vividi e accesi dei balsamari e quelli più caldi dei vasi e delle statuette provenienti da quell'autentica miniera che era il Santuario di località Mannella (Locri) catturano lo sguardo del visitatore; lo stesso vale per i reperti di bronzo o le statuette femminili del santuario di Calderazzo (Rosarno) e gli altri reperti rinvenuti negli scavi di Vibo Valentia in via Scrimbia.

Ma ancor di più l'attenzione di chi si sofferma di fronte alle teche è attratta dai volti enigmatici delle immagini scolpite nei pinakes in cui Ade e Persefone sono protagonisti assoluti. «Autentiche fotografie tridimensionali di 2500 anni fa», scherza il direttore evidenziando il livello di dettaglio che caratterizza le tavolette.

Ma entriamo nel contenuto della mostra con la quale si vuole accompagnare il visitatore alla scoperta delle caratteristiche delle due divinità il cui culto era celebrato in tutto il Meridione d'Italia. «Nel Pantheon greco - spiega Malacrino - Ade rappresenta il dio del mondo sotterraneo e degli inferi. Figlio di Crono e Rea, come riporta Esiodo nella Teogonia, appartiene alla prima generazione di divinità, insieme ai fratelli Zeus, Era, Poseidone, Demetria ed Estia. Il suo innamoramento per Kore-Persefone costituisce uno degli episodi più suggestivi della mitologia greca».

La mostra ha l'intento di valorizzare, attraverso un apposito percorso dedicato, uno degli aspetti più caratterizzanti della cultura magnogreca, quello che lega l'uomo al mutare delle stagioni e che scandisce il trascorrere del tempo. Secondo il mito, Kore-Persefone, figlia di Demetra, dea del grano e delle stagioni lette nella loro ciclicità, venne rapita da Ade mentre si trovava, secondo alcuni, in un campo alle pendici dell'Etna.

«Si aprì la terra dalle ampie strade nella pianura di Nisa - è scritto in un inno omerico a Demetra - e ne sorse il dio che molti uomini accoglie, il figlio di Crono, che ha molti nomi, con le cavalle immortali. E afferrata la dea, sul suo carro d'oro, riluttante, in lacrime la trascinava via…». La madre la cercò disperatamente per nove giorni, fin quando venne a sapere del rapimentoda parte del dio degli inferi. La disperazione e la rabbia della dea generarono una terribile carestia che colpì non solo gli uomini ma anche le divinità a cui i mortali non potevano più offrire sacrifici. Dovette intervenire Zeus che inviò Ermes dal fratello ordinandogli di restituire alla madre Persefone a patto che ella non avesse mangiato il cibo dei morti. Ade disubbidì e diede con un inganno una melagrana alla giovane che ne mangiò alcuni grani. Per questo fu condannata a restare per sempre nel regno dei morti. Questo scatenò nuovamente la furia della madre e costrinse Zeus ad intervenire nuovamente. Siccome Persefone aveva solo assaggiato il frutto Zeus propose che ella restasse negli inferi per un numero di mesi pari ai grani mangiati e per il resto del tempo potesse tornare da sua madre. Sei mesi sulla terra (primavera ed estate) e sei mesi sotto terra (autunno e inverno) con Ade. Questo il mito tramandato dalle voci dei poeti e dalle dita dei vasai. L'iconografia degli dei è spiegata dalla ricercatrice Vacirca: «Kore come figlia di Demetra e sposa di Ade re dell'oltretomba è partecipe di due nature e di due esistenze: bella e amabile dea fanciulla, compagna di giochi delle Ninfe da un lato; regina degli inferi per una parte dell'anno dall'altro. Una dea complessa, dalle molteplici sfumature che di conseguenza ha portato alla formazione di differenti iconografie».

Non si tratta solo del passaggio delle stagioni, ma Kore rappresenta simbolicamente «il cambiamento da uno stato sociale all'altro», con particolare allusione al passaggio dallo stato puberale a quello di giovane pronta per il matrimonio. Tutto questo ci parla dei noi, del nostro rapporto ancestrale con la natura e con i suoi meccanismi di nascita, vita e morte.

C'è un elemento che unisce i volti delle statue provenienti dai tre siti archeologici: un sorriso misterioso, quasi di sfida. L'espressione di chi si pone di fronte alla morte con un atteggiamento di forza e di dignità e non di paura. Ma è una sensazione soggettiva. Il bigliettino da visita dei signori dell'Aldilà è a disposizione dei visitatori del MAaRc fino al 16 giugno.

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