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Quel “Leonardo mai visto” che incanta

Leonardo da Vinci

Lo strabordante programma di “Leonardo 500” - a Milano e non solo - con cui si celebrano i 500 anni dalla morte del genio vinciano, è stato inaugurato ieri al Castello sforzesco con “Leonardo mai visto”, un complesso progetto che riunisce la riapertura momentanea della Sala delle Asse; una scenografica installazione multimediale che ne amplia il complessivo disegno, basato sui gelsi, voluto da Leonardo in onore di Ludovico il Moro; una piccola ma preziosissima mostra di disegni, che si connette direttamente (anche nello spazio fisico: Sala dei Ducali accanto alla Sala delle Asse) all'ideale naturalistico; il percorso multimediale “Leonardo a Milano”, allestito nella Sala delle Armi, in cui l'ologramma dell'artista dialoga con quello del suo allievo Cesare da Sesto, e altro ancora.

La Sala delle Asse è uno scrigno che sta rivelando a poco a poco i suoi segreti. Adesso, dopo sei anni di studi e restauri, è stata riaperta al pubblico svelando le nuove tracce leonardesche (il Leonardo mai visto del titolo) sulle pareti. In quella che al tempo degli Sforza era un grande spazio di rappresentanza e di discussione, le successive occupazioni, tutte di tipo bellico, avevano fatto sparire la decorazione progettata da Leonardo, coperta da diversi strati di calce. «Ma la certezza documentale - come ha spiegato Claudio Salsi, direttore dell'Area Soprintendenza del Castello Sforzesco e curatore del progetto - che Leonardo avesse lavorato in quella sala nel 1498 su incarico di Ludovico il Moro, poco dopo aver terminato il Cenacolo, fece sì che durante la ricostruzione del Castello, terminata nei primissimi anni del Novecento, si scoprisse una straordinaria radice (detta “Il Monocromo” perché disegnata a carboncino) alla base di un grande, illusionistico pergolato di diciotto alberi di gelso, legati con corde annodate, che si intrecciano sulla volta della Sala sorreggendo uno stemma e le targhe sforzesche». Definito anche un gigantesco “trompe l'oeil” perché occupa ogni centimetro della sala (15 x 15 metri, per oltre 10 di altezza).

Adesso, fino al prossimo gennaio i lavori di riscoperta e restauro si sono fermati per consentire questa manifestazione, poi riprenderanno per scoprire i tanti altri ex segreti della sala. Ex perché il laser ha già rivelato in buona parte cosa è ancora nascosto dalla calce, e proprio su questo si basa l'installazione multimediale “Sotto l'ombra del Moro”, che ricrea l'insieme di quella che si rivela sempre di più un'opera imponente. Inoltre, dal 2020 la parte già ben nota del soffitto sarà sottoposta a un ulteriore restauro che dovrà rimediare ai danni provocati da quelli dello scorso secolo.

Il pubblico in questi otto mesi avrà anche la possibilità di vedere molto da vicino “Il Monocromo”, grazie a una tribunetta che porta i visitatori all'altezza del disegno. «Il gelso - ha spiegato ancora Salsi - è stato scelto da Leonardo sia perché riproduceva il paesaggio tipico di buona parte del territorio dominato dagli Sforza, dove l'industria serica era la più importante del Ducato e gli alberi di gelso erano necessari all'alimentazione del baco da seta; sia perché il nome scientifico del gelso è morus (dal latino) e la decorazione della Sala era stata commissionata da Ludovico il Moro. Camera dei Moroni, infatti, è il nome attribuito alla Sala dopo l'intervento di Leonardo, come si è scoperto recentemente nei documenti. Mentre, prima dell'intervento di Leonardo, e sempre in base ai documenti d'archivio, la Sala era ricoperta da “asse”, da cui il nome attribuito dopo la sua riscoperta a fine Ottocento».

La mostra di disegni, intitolata “Leonardo tra Natura, Arte e Scienza” (aperta solo fino ad agosto, a causa della delicatezza della carta), con prestiti da ogni parte del mondo, conferma l'interesse dell'artista per la natura, in particolare con due opere: “Tempesta su paesaggio collinare” e “Due salici”, provenienti dalla collezione reale di Elisabetta d'Inghilterra. C'è anche un disegno di Albrecht Dürer. È impossibile dar conto di tutte le cose ammirabili con un unico biglietto e nel perimetro del Castello, tuttavia, dopo un attento sguardo a “Madonna Lia”, dipinto di Francesco Galli detto Napoletano, si deve citare un'altra installazione multimediale, dal titolo “Leonardo a Milano”: luci, suoni e ologrammi umani proiettati su una ricostruzione architettonica con prospettiva raccontano e in un certo senso rappresentano la Milano coeva di Leonardo, e alcuni avvenimenti del suo periodo nel capoluogo lombardo, alla fine del Quattrocento. In particolare la sua predilezione per il Borgo delle Grazie, dove si recava a dipingere “Il Cenacolo”, l'appezzamento di terreno ottenuto da Ludovico proprio in quel quartiere, la voglia di costruirvi una dimora definitiva.

Ma, come sappiamo, non fu così. La prima caduta degli Sforza lo portò a girare varie città (ci fu anche il grande ritorno a Firenze), compreso un secondo soggiorno a Milano. Quindi il trasferimento in Francia al seguito di Francesco I, dove morì ad Amboise il 2 maggio 1519, 500 anni fa.

 

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