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Come scrivere un romanzo parlando dei libri degli altri

Un'immagine d'archivio del 1985 dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia. E' morta oggi a Palermo Elvira Giorgianni Sellerio. Comincio' a lavorare nell'editoria nel 1970, fondando la casa editrice Sellerio (dal nome del marito, il fotografo Enzo, dal quale si era separata) che ha avuto tra i suoi autori Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino. ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO

Il libro delle “bandelle” (i risvolti delle copertine dei libri che di solito riportano notizie sull’autore e giudizi sull’opera) di Leonardo Sciascia è più di un romanzo. L’ha pubblicato Sellerio, mettendo insieme centinaia di “istantanee critiche” dello scrittore di Regalbuto sui risvolti di libri selleriani ma anche di altri editori, con cui Sciascia ha collaborato. Le bandelle, normalmente , riportano notizie sull’autore e sull’opera, ma nel caso di Sciascia sono vere e proprie piccole cronache letterarie che, una dopo l’altra, danno forma ad un romanzo lungo, scritto per addizione, poliedrico.

In più testimoniano il rapporto di “parentela stretta” tra Sciascia e la casa editrice siciliana di libri con le inconfondibili copertine rugose, di un particolare colore blu. Un “matrimonio felice”, mai interrotto, quello vissuto in via Siracusa 50 (ora via Enzo ed Elvira Sellerio) fino all’ultimo giorno di vita dello scrittore.

Sciascia, per Sellerio, era una specie di editore “senza interessi”, se non esclusivamente letterari. Era di casa, nelle stanze Sellerio. Olivia, che con il fratello Antonio prosegue l’attività cominciata dal padre Enzo e dalla mamma Elvira, racconta, in un’intervista, che Leonardo le correggeva le brutte copie dei temi.

Le bandelle di Sciascia, confluite nel volume a cura di Salvatore Silvano Nigro , col titolo molto esplicativo “Leonardo Sciascia scrittore editore ovvero la felicità di far libri”, sono un lascito letterario di immenso interesse. Il documento letterario di una biografia dello scrittore che si estende al suo lavoro poco conosciuto di editore, verso il quale si sentiva particolarmente vocato.

Sceglieva lui, libri e titoli di libri che avrebbe accompagnato con i risvolti critici, che scivolavano oltre i limiti dei propri margini di servizio, scrive Salvatore Silvano Nigro nella prefazione.

Sciascia, ovviamente, scriveva pure le bandelle dei libri di cui era autore. Per “L’affaire Moro”, del 1978, dato che due grandi giornalisti, come Indro Montanelli ed Eugenio Scalfari, avevano scritto del libro ancor prima che uscisse, giurando ad occhi chiusi sul suo valore, scrisse un “autorisvolto reattivo”: «È possibile che i due illustri giornalisti si sbaglino, e cioè che il libro non affascini, non commuova, non abbia qualità letterarie; che sia soltanto una nuda e dura ricerca della nuda e dura verità». Per quel libro, scritto a caldo, dopo il rapimento e l’uccisione dello statista democristiano, si erano scatenati lo zelo precipitoso e la ressa delle anticipazioni giornalistiche, e dei giudizi senza che fosse stato letto, e Sciascia decise di non stare al gioco. Chiuse nel cassetto la scheda manoscritta e ne scrisse una nuova.

Per Sellerio, oltre che pubblicato tanti suoi libri, Sciascia progettò collane di successo. Fondamentalmente orientate al recupero di memorie letterarie, con l’ esortazione a «non dimenticare certi scrittori, certi testi, certi fatti».

Scrisse assiduamente, giorno dopo giorno, bandelle, segnalibri, introduzioni alle antologie. Della collana “Memoria” scrisse i risvolti di copertina fino al numero 71. Poi passò la mano, riservandosi la scrittura dei risvolti di quegli scrittori da lui particolarmente sostenuti o amati.

Il catalogo della bandelle di Sciascia è lungo. Va da Oscar Wilde (“Il delitto di lord Arturo Savile”) a Stendhal (“Racine e Shakespeare”), Anatole France (“Il procuratore della Giudea”), Fiodor Dostoevskij (“Il villaggio di StepànciKovo”), Denis Diderot (“L’uccello bianco”), Montesquieu (“Storia vera”). Tra gli italiani, protagonisti della letteratura del passato e contemporanea, citiamo alcuni nomi del folto gruppo dei privilegiati di Sciascia: Giovanni Verga, Benedetto Croce, Alberto Moravia, Mario Soldati, Corrado Alvaro, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino.

Di alcuni libri Sciascia dà giudizi pedagogici oltre che letterari, come per “La Mafia” di Eric G. Hobsbawam: «Questo saggio che consideriamo tra i più illuminanti che siano stati scritti sulla mafia, è forse il più illuminante». Un brevissimo illuminante capolavoro di letteratura mediterranea è la bandella del libro “La stanza dello scirocco” di Domenico Campana: «La stanza dello scirocco – quasi una leggenda, quasi una metafora - è una particolarità dell’architettura diciamo nobiliare della Sicilia: la stanza in cui trovare riparo e ricreazione nelle ore in cui il vento di sud-est dissecca, come dice l’antico poeta, la mente e le ginocchia. La si può anche immaginare al centro di un labirinto, con dentro un Minotauro nato da ogni capricciosa e ardua promiscuità».

La meticolosità di Sciascia si appuntava persino sui frontespizi. Era importante per lui pure la geometria della pagina , il suo disegno, il «giudizio dell’occhio». Lo inquietavano i refusi. Lo sapeva Gesualdo Bufalino, lettore attento che si incaricò di segnalare a Sciascia i refusi che gli venivano sott’occhio. Anche questo faceva parte della vita letteraria di uno scrittore che forse avrebbe voluto essere editore non foss’altro che per la “felicità di far libri”.

Poi ci sono gli autorisvolti, frequenti, scritti nonostante la pericolosità dell’esercizio, poiché come diceva Pontiggia «i risvolti sono la fossa che un autore si scava per essere seppellito da chi non leggerà altro». Questo non è accaduto a Sciascia.

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