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Lodo Guenzi dalla musica al cinema: debutto nel film "Dittatura Last Minute"

Lodo Guenzi

Sono tante le prime volte che negli ultimi anni ha vissuto Lodo Guenzi: le interpretazioni a teatro, il suo primo amore ("mi sono diplomato nel 2008 alla Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe, la musica è arrivata dopo", spiega); due libri, opere collettive del gruppo di cui è frontman, Lo Stato Sociale ('Il movimento è fermo' del 2016 e 'Sesso, droga e lavorare' uscito da poche settimane); il debutto e secondo posto della band a Sanremo nel 2018; una stagione da giudice a X Factor e due anni da conduttore del Primo maggio.

Ora debutta anche come attore al cinema, come protagonista, con Jacopo Costantini e Matteo Gatta, di "Dittatura Last Minute", opera seconda di Antonio Pisu (Nobili bugie) prodotta da Genoma Films, in uscita nel 2020. E’ un road-movie ambientato nel 1989 in Romania alla vigilia della caduta del muro, e della fine del regime di Ceausescu. «Credo il film indaghi sull'unica cosa di cui ha senso parlare anche nelle canzoni, il tema della libertà in tutte e sue le vesti - dice Guenzi, classe 1986, al telefono da Brasov, in Romania dove sono in corso le riprese -. Si racconta un passaggio tra epoche, che ha come centro quell'anno fatidico, il 1989. Il tutto dalla prospettiva di tre 25enni cesenati che partono con la voglia di fare vacanze avventurose e si ritrovano a scoprire cose del mondo che mai avrebbero pensato di conoscere».

Guenzi ama da sempre mettersi alla prova, «non sapendo se sarò in grado di farcela. E’ stato così pure per la musica e la tv». Ha iniziato a pensare anche alla settima arte, grazie a Max Croci, regista scomparso prematuramente a novembre 2018: «Dopo la mia prima comparsata ai provini di X Factor mi aveva offerto un ruolo in un bel progetto. Poi lui è venuto a mancare ma mi è restata la curiosità di esplorare anche questa strada». La tv comunque «mi piace sempre moltissimo. La sfida del film di Pisu era talmente particolare e rischiosa che è andata un pò a sovrapporsi alla possibilità di continuare a X factor - dice -. Mi divertirei anche a rifarlo, ma considerando che ormai ogni anno escono almeno una decina di autori nuovi, capaci di fare subito i sold out e arrivare ai primi posti in classifica, una trasmissione di cover ha qualcosa di leggermente anacronistico. E’ nei miei progetti tornare a fare tv, ma con un gioco più proprio».

L’ultimo album di inediti dello Stato Sociale è del 2017, e al momento non ci sono scadenze per il nuovo: «Scriviamo di continuo, tutti e cinque (gli altri componenti della band sono Alberto Cazzola, Francesco Draicchio, Alberto Guidetti e Enrico Roberto), ma ci rendiamo conto sempre un pò all’ultimo di quando le idee cominciano ad avere la forma di un disco». Dopo il secondo posto nel 2018 con Una vita in vacanza, potrebbe anche esserci un ritorno a Sanremo? «E' un posto che ci piace perché permette di parlare a più persone possibili. Non so dire se lo rifaremo, ma non sarà mai come la prima volta. Arrivarci da band indie, sconosciuta per anziani e bambini e portare quella festa lì rimane uno dei momenti più belli della nostra vita». Rispetto alla maggiore popolarità personale degli ultimi anni, Guenzi non sa «se sono fisiologicamente costruito per vivere da famoso. Comunque si può smettere, più facilmente che con il fumo» scherza. Lui ama il contatto con le persone reali mentre il mondo dei social «ha più a che fare con pulsioni egotiche dell’istante che molto spesso, non hanno neanche la dignità di chiamarsi opinioni. Tenere separati i due piani, a volte non è così facile, ma si impara».

Il musicista utilizza i social anche per commentare la più stretta attualità, come gli attacchi a Liliana Segre, o creare una versione più rock del remix nato dal discorso di Giorgia Meloni a Piazza San Giovanni: "Vedere minacciare una sopravvissuta ai campi di sterminio o riconoscere una legittimità solo a un certo tipo di amore e di famiglia, ci fa capire quanto certi istinti siano orrendi, strumentali e fuori dal tempo.» In ogni modo, nel caso del remix delle parole della Meloni, «trovo sia straordinario che un’invettiva sulla famiglia naturale diventi in meno di una settimana un inno da ballare alle feste gay».

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