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Che lettori, i bambini! Guida breve alle scritture più emozionanti: quelle per "i piccoli"

"Provviste per l'inverno" di Franco Matticchio

Gli scrittori scrivono romanzi, e a volte scrivono altri libri che ti aiutano a capire meglio i loro romanzi, ti fanno entrare meglio nel loro mondo, ti fanno dare persino una sbirciatina alla cassetta degli attrezzi. Perché ci sono scrittori “totali”, che, qualunque cosa scrivano – romanzi, racconti, graphic novel, articoli, saggi – stanno perseguendo quella speciale libertà piena d’emozione che è trasfigurare il mondo con le proprie parole, ma anche comprenderlo meglio, scrutandolo nelle più intime fibre.

Perché scrivere è come leggere: esercizio di libertà e di bellezza. Questa cosa è particolarmente chiara al lettore devoto, per esempio, quando incontra l’ultimo lavoro di Nadia Terranova, la scrittrice messinese autrice di libri belli e importanti come “Addio fantasmi” (Einaudi, nell’ultima cinquina dello Strega), “Gli anni al contrario” (Einaudi), il recentissimo “Omero è stato qui” (Bompiani, selezionato per la quinta edizione del Premio Strega ragazze e ragazzi, che sarà assegnato alla Fiera di Bologna, 30 marzo-2 aprile 2020), il primissimo “Bruno. Il bambino che imparò a volare” (Orecchio Acerbo, 2012). L’ultimo arrivato è un piccolo libro delizioso, “Un’idea di infanzia. Libri, bambini e altra letteratura” (Italo Svevo editore), dedicato a uno degli amori più antichi e durevoli di Nadia: la letteratura per ragazzi. Quella in cui ha esordito, di cui si occupa da sempre, che non smette di frequentare. Anzi, ha anticipato ai nostri lettori che nel 2020 uscirà un albo illustrato scritto da lei: «Tornerò a un genere che amo moltissimo».

E questo è evidente da ogni pagina di “Un’idea di infanzia” (che è peraltro un libro “vecchio stile”, dalle pagine di carta preziosa che il lettore stesso deve tagliare: una specie di metafora della motivazione e dell’entusiasmo della lettura, che “fende” la pagina, la conquista passo passo e se ne appropria, liberandola nel mondo d’altre immaginazioni).

Dopo una lunga intervista introduttiva con Giovanni Nucci, l’ideatore e curatore della collana “Piccola biblioteca di letteratura inutile” (deliziosi libri sui libri, o libri indiscutibilmente letterari ma non narrativi), il volumetto raccoglie una serie di “riflessioni, recensioni, ritratti” e “interviste” (del tutto fuori dai canoni dell’intervista, e piuttosto partecipi del ritratto letterario, del bozzetto, del microsaggio ad alto contenuto emozionale) di grandi autori o di opere di letteratura per ragazzi, usciti per “Repubblica”, “Il Foglio”, “Gli Asini” e “La Rivista del cinematografo”, ma senza l’indicazione della data di pubblicazione: piuttosto, rielaborati in modo che conservino l’idea di fondo, «tenere uno sguardo vigile sulla rappresentazione che diamo e che registriamo dell’infanza», come «osservatorio privilegiato» - ma, aggiungerei, anche di micidiale responsabilità – sul «mondo nella sua complessità».

Qualunque cosa sia, la letteratura per ragazzi: a volte viene da pensare, specialmente leggendo i ritratti e le riflessioni di Nadia Terranova, che sia solo una definizione di comodo, buona più per bibliotecari e librai che per lettori. Visto che ciò che accomuna tanti degli autori citati – da Carlo Collodi a Bruno Schulz, da Maurice Sendak a Jimmy Liao, da Ada Gobetti (sì, la moglie di Piero) a Marie-Aude Murail, da Alki Zei a Jeff Kinney (il papà della Schiappa, la serie per ragazzi più venduta al mondo) – è un’estrema libertà di racconto, non un’espunzione della complessità (come sembra talora che quest’epoca chieda alla letteratura tutta, e non solo a quella “per ragazzi”) ma la sensibilità per indicare una strada che attraversi le contraddizioni, il male, la paura, facendo della parola, dell’immagine, della narrazione una bussola e un punto di riferimento. Una letteratura che tesaurizzi la cosa più preziosa dei piccoli, la curiosità, e la volga in conoscenza, in consapevolezza, in forza: i mostri non si combattono negandoli ma insegnando che si possono affrontare. È il più antico mestiere delle favole e delle fiabe, e duole che oggi qualcuno si sia persino intestato crociate per “depurare” fiabe antiche e a tinte forti, come quelle dei Grimm, inseguendo un’assurda e controproducente “protezione”.

«Credo che in questo momento storico più che in altri i bambini vadano raccontati con parole e immagini complesse» dice Nadia, e le sue scelte, i suoi suggerimenti sono preziosi, sia per gli adulti che vogliano consigli sui libri da dare ai piccoli, sia agli adulti – mi ci metto volentieri anch’io – che non intendano rinunciare, mai, a quella letteratura che per loro è stata fondativa, che continua a parlare alle loro anime.

Poi, per lettori dalla vista particolarmente acuta, sarà bello anche scorgere qui e lì, in una frase, un aggettivo, qualche eco dei romanzi di Nadia: il tema dei sopravvissuti (a cui è dedicato “Addio fantasmi”), che riguarda tutti noi sopravvissuti all’infanzia e a noi stessi; certi adulti inadeguati che, invece di dispensarla, chiedono cura ai loro bambini; un certo modo di scappare «prima dall’amore che si manifesta con la rabbia e poi dalla rabbia che si manifesta con l’amore»; il mondo dei fantasmi e dei mostri, che non sempre sono spaventosi, non più dell’assenza di chi è vivo; «l’amore che passa attraverso il corpo come una forma di conoscenza». Ci pare di sentire alcune delle fonti a cui forse s’è alimentato il mondo di narrazioni della scrittrice Terranova, e le siamo grati, per questa possibilità.

Con Nadia chiacchieriamo di idee, di bellezza, di forza narrativa, di finali «non edulcorati», come quello, incredibile a dirsi, della prima versione dello stesso Pinocchio, che Nadia cita nel suo libro e che è stato appena pubblicato dalla casa editrice siciliana Il Palindromo. Parliamo di amore che fagocita e di paura di morire, parliamo della supereroina Nancy Drew, puro intrattenimento, ma all’epoca rivoluzionario. Parliamo dell’altra, diversissima, supereroina di tutte noi, Jo March, quella che tutte volevamo essere tra le “Piccole donne” di Louisa May Alcott, altro libro fondativo per generazioni. Parliamo di Mary Poppins, la sovvertitrice di qualunque luogo comune. E concludiamo che sì, ogni libro dev’essere una piccola rivoluzione, e da ragazzi ancora di più.

Ma come è possibile che lo zoccolo duro di lettori adolescenti si dissolva, e si passi da lettori forti e lettori inesistenti, a guardare le statistiche?

Nadia non ha dubbi: è sempre responsabiltà degli adulti. «Ipotizzo – dice – : credo che ci sia una grande difficoltà da parte degli adulti di pensare romanzi adatti agli over 14. Quando sei ancora costretto dentro la fascia d’età “scuole medie” trovi libri adatti a te: ecco il grandissimo successo, per esempio, della serie della “Schiappa”. Nel momento in cui diventi un “giovane adulto” trovi gli “young adult”, che non vengono codificati a scuola, anche perché si occupano di cose difficilmente affrontate con serenità dagli adulti (la sessualità, le prime esperienze, il corpo). Ma è anche l’età del “libera tutti”, in cui cominci l’esplorazione tua, solo tua, e cominci a leggere di tutto, da Shakespeare a Pirandello, e gli adulti non sono più pronti a questo livello di complessità, per cui l’adolescente rimane senza una guida, senza il suo “settore”, per quanto commerciale, e gli adulti non sono in grado di dirgli: leggi “Delitto e castigo”».

Quindi che libro mettere in mano a un quindicenne, oltre a tutti quelli che troviamo in “Un’idea di infanzia”?

Nadia sovverte altri luoghi comuni: «Basterebbe guardare nella nostra tradizione, e prendere “Caro Michele” di Natalia Ginzburg, e “Dietro la porta”, di Giorgio Bassani, che racconta l’età del liceo, e capire quanto possa essere utile a un adolescente. Ma noi facciamo leggere solo “Il giardino dei Finzi Contini”...bellissimo, ma distante da un ragazzo. Non ce la facciamo proprio a compiere quel passo...».

Sì, è un lavoro da adulti (o da grandi scrittori), sapere cosa dire ai ragazzi.

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