La nostra disamina sui fenomeni tv in tempo di pandemia è dedicata oggi al must delle conferenze stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Un format che il popolo social ha sintetizzato nel meme “Il decreto”: un accostamento riduttivo alla telenovela “Il Segreto”. Le conferenze stampa di Conte diventeranno materia di studio anche per le loro caratteristiche seriali: l’attesa, la sorpresa e l’incompresa, stavano a metà fra Max Pezzali che canta «Notti intere ad aspettare, ad aspettare te», l’indimenticabile sketch della Smorfia «Annunciaziò annunciaziò» con Massimo Troisi e la scena di Totò e Peppino che in piazza Duomo a Milano chiedevano al pizzardone «Scusate, ma per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?», visto che nessuno capiva come, dove e quando uscire, ma sempre autocertificato. Miopi siamo stati il 23 febbraio, nel non comprendere che le 16 apparizioni tv di Conte erano il preludio della tragedia. Dovevamo capirlo perché l’unica trasmissione dalla quale era assente era quella del servizio meteorologico, reputata evidentemente inutile, visto che da lì a poco ci saremmo dovuti siliconare in casa. Voleva rassicurarci, ma il maglioncino in sostituzione della sua vezzosa pochette mandava un messaggio subliminale: scordatevi la cravatta e mettetevi comodi. Non abbiamo neppure intuito le analogie storiche fra la conferenza stampa dell’8 marzo 2020 e quella del 9 novembre 1989, durante la quale un incerto responsabile del Politburo al giornalista italiano che gli chiedeva quando sarebbe entrato in vigore il regolamento sui transiti tra le due Germanie, rispose «a quanto ne so io, subito, da ora» e da lì iniziò la caduta del muro di Berlino. Come non vedere, infatti, nell’incertezza sulla firma del DPCM madre, anzi, padre di tutti i lockdown, l’inizio della grande fuga verso casa di quelli che stavano al Sud ma vivevano al Nord? Certo, noi più modestamente, abbiamo avuto la caduta del Vallo della Lucania, insomma ognuno coi suoi mezzi. Il presidente Conte ha fatto conferenze stampe di tutti i tipi, in piedi, seduto, con la mascherina, con il casco, con assembramento multiplo e singolo (di Casalino, a distanza interpersonale di controllo), ma soprattutto, a un certo momento, passando dalle regole della comunicazione istituzionale a quelle di casa propria, comprensibilmente stanco e incomprensibilmente pettinatissimo, gli è partito l’embolo. In due diverse occasioni, ai giornalisti che lo incalzavano con le domande, ha risposto con varie frasi che sostanzialmente significavano… «e fallo tu se sei così esperto, che io alle spalle ne ho 450». Vogliamo mettere Leonida che ne aveva solo 300?