Il “Mondo Nuovo” e i Pulcinella di Giandomenico Tiepolo. Ora che si riaprono i musei, si potrà tornare ad ammirarli nel Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico, che vanta anche molte tra le più celebri e affascinanti opere a firma Canaletto, Guardi, Longhi, Piazzetta. Intanto, il podcast del Museo Nazionale di Radio Rai offre una puntata speciale in video. La si ascolta nel sito di RaiPlayRadio, con il commento di Valter Curzi, docente di Storia dell’Arte Moderna alla Sapienza. Nel 1757, Venezia è città cosmopolita mèta del Gran Tour. È la città scanzonata di Carlo Goldoni e di Giacomo Casanova. Ma c’è qualcosa di inafferrabile che si affaccia sul finire di questo oramai decadente Settecento: il Mondo Novo, appunto. Vi si affaccia anche Giandomenico, figlio del leggendario Giambattista. Ha trent’anni quando segue suo padre a Villa Valmarana ai Nani, a Vicenza. Nato a Venezia nel 1727 (e sua madre è Cecilia Guardi, sorella di Francesco, come dire che nel suo Dna c’è una gran predisposizione alla pittura) Giandomenico è entrato adolescente nella bottega del padre. È ormai un pittore affermato, con una personalità propria. A Vicenza, mentre Giambattista è impegnato a decorare i soffitti della Palazzina con aeree scene e miti del mondo classico, il talentuoso figlio incomincia per conto suo a decorare l’ala secondaria della Foresteria. E lo fa con un racconto condotto in modo insospettato, in un certo senso alla rovescia: con un grande affresco che invece di mostrare, nasconde. Ma nascondendo lascia la possibilità di tutto intendere, tutto prevedere, tutto sognare. E’ il taglio davvero nuovo di una folla di personaggi presi di schiena. Sono curiosi, trepidanti. Si accalcano gli uni sugli altri per poter vedere cosa succede là dove un ciarlatano, identificato in un uomo con una lunga bacchetta, indica il casotto della lanterna magica, allora chiamata appunto Mondo Novo. Il pubblico è invitato a scoprire, dentro alla lanterna, immagini di luoghi esotici e misteriosi. Sullo sfondo, placida e silente, si indovina la Laguna. A sorpresa nella folla compare anche un personaggio insolito per il contesto veneziano, la maschera della commedia dell’Arte che, insieme alla pizza, è l’anima di Napoli: Pulcinella. Negli anni, Pulcinella diventerà quasi una ossessione per Giandomenico, tanto da essere oggi riconosciuto come sua sigla ufficiale. Le aeree visioni di Giambattista sono lontane, qui è un nuovo modo di procedere, di illustrare cose e persone. Del divino Maestro rimane l’eredità della matrice dei colori trasparenti. Non più voluttuosi, però. Non c’è più il celebre “Rosa Tiepolo” (cui Roberto Calasso ha addirittura dedicato un esemplare libro). Con Giandomenico imperano il bianco, l’azzurro tenue, il grigio polvere e, soprattutto, l’ocra e tutti i colori della terra, dal giallo al ruggine al marrone. I colori del quotidiano, senza pretese trascendentali. Il lavoro a villa Valmarana si interrompe presto. Nel 1762 Giandomenico segue il padre a Madrid, chiamato dal re di Spagna Carlo III Borbone per dipingere nel Palazzo Reale. I due vi rimangono fino al 1770 quando improvvisamente, a 74 anni, Giambattista Tiepolo muore. Il figlio torna a Venezia e si stabilisce nella villa di Zianigo, acquistata dal celebre e ricco padre come “casa di campagna”. Qui dipinge per quasi quarant’anni, dal 1759 alla morte, nel 1797, fatidico anno della caduta della Repubblica di Venezia sotto Napoleone. Zianigo è la casa di famiglia, Giandomenico può dipingere quello che vuole, pur senza trascurare le molte committenze esterne. Qui, dopo aver illustrato una scena della Gerusalemme liberata ( Rinaldo che abbandona il giardino di Armida), tema legato ancora alle mitologie paterne, riprende i soggetti a lui cari esplorati in gioventù a villa Valmarana: Il Mondo Novo e i Pulcinella. Prima, quasi a stacco tra lo stile suo e quello paterno, compie – fa compiere – un volo aggressivo a un falchetto che piomba dal cielo su uno stormo di passeri in fuga. È tema di limpida e naturale semplicità che si svincola, per sempre, dalle auliche leggende. A Ca’ Rezzonico, accanto alla sala dove troneggia il Mondo Novo, ricostruito in spazi che ripropongono la collocazione originaria, c’è il “camerino” dei Pulcinella di Zianigo. Sono ritratti in tutte le fogge, con arguzia e cordialità, Anche ironia, dissacrazione. Maledizione e preghiera. Ballano, giocano, gozzovigliano, amoreggiano, incuranti delle loro gobbe davanti e didietro. Passeggiano scherzosi con fogge e atteggiamenti come presi a prestito. Sul soffitto si librano saltimbanchi nel famosissimo “ovale di Pulcinella sull’altalena”. Sembrano voler fare il verso ai protagonisti delle favole e delle mitologie descritte con arte sublime da Giambattista. Non è irrisione a quelle pitture, ma a quel mondo che si sfalda. Questo ciclo unico e travolgente è passato attraverso avventure che fanno trasalire. La villa di Zianigo essendo passata sotto diversi proprietari, nel 1906 gli affreschi furono strappati per essere venduti in Francia sul mercato antiquario. La Città di Venezia riuscì nel 1908 a bloccare l’orrido mercato e ad acquistare le opere, peraltro seriamente compromesse. Dopo un magistrale restauro durato quasi trent’anni sotto la supervisione di Ottorino Nonfarmale, furono trasferite a Cà Rezzonico. Accedervi ora, con la preparazione della video-conferenza, sarà un arricchimento e un ulteriore stimolo per andare ad apprezzarlo e goderlo dal vivo.