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"La salita dei saponari", intervista alla catanese Cassar Scalia: parlo di una Sicilia che rifiuta la “cartolina”

In questo tempo sospeso, nel cuore della sua Sicilia, la scrittrice Cristina Cassar Scalia festeggia l’uscita del suo nuovo romanzo, “La salita dei saponari” (Einaudi Stile Libero) che approda oggi in libreria.

La terza avventura della sua protagonista – Giovanna Guarrasi, detta Vanina – è un giallo dalle dinamiche classiche, con ambientazioni siciliane e tanta attenzione e cura nello sviluppo dei personaggi secondari. L’azione si apre con il ritrovamento del corpo di Esteban Torres all’aeroporto internazionale di Catania, freddato con un colpo di pistola.

Dopo la svolta nella narrativa di genere e il successo ottenuto da “Sabbia nera” (2018) e “La logica della lampara” (2019), Vanina si trova dinanzi al richiamo pressante del proprio passato e della città di Palermo, cui è legata da un punto di vista sentimentale oltreché dagli spettri e dai rimpianti del tempo che fu. Intanto, un altro corpo viene trovato a Taormina e il caso diventa sempre più rognoso, condizione necessaria perché Vanina, capo della sezione Reati contro la persona alla squadra Mobile di Catania, vi si butti a capofitto.

Le classifiche editoriali, complice l’avvicinarsi dell’estate, raccontano l’esplosione dei titoli noir, e l’autrice nata a Noto – divisa fra la sua professione medica e la scrittura – conferma: «Il noir piace perché i lettori hanno bisogno di evasione, soprattutto al tempo del lockdown». Ma non è tutto: a luglio, sempre con Einaudi, arriverà “Tre passi per un delitto”, un nuovo libro scritto a sei mani con Maurizio De Giovanni e Giancarlo De Cataldo.

“La salita dei saponari” si apre con una Sicilia da temperature polari. Una ribellione contro il luogo comune da cartolina made in Sicily?

«Una dolce provocazione contro un manipolo di mie care amiche del Nord d’Italia, convinte che in Sicilia batta sempre il sole e sia estate 365 giorni l’anno. La storia si apre con il termometro a Fontanarossa fisso sui 4°, capita raramente, d’accordo, ma capita!».

Giunta alla terza avventura, che rapporto si è instaurato con la sua Vanina?

«Lei procede per conto proprio. Avevo previsto con meticolosità le sue mosse nel primo libro, dopodiché il resto è venuto fuori in modo naturale».

Vanina è giunta ad un crocevia?

«Sì. C’è una forte componente del suo passato, non solo sentimentale ma privato e personale, che la insidia e ne influenza le scelte. L’abbiamo incontrata in pagina come un personaggio che aveva voglia di ricominciare da zero, lontano da tutto e tutti, sfuggendo a certi tranelli psicologici. Vedremo come se la caverà, Vanina».

Restiamo su questo punto. Dal passato non si scappa?

«Vanina era convinta che lasciando Palermo e la persona cui era legata sentimentalmente, il sostituto procuratore Paolo Malfitano, avrebbe potuto scappare via. Nelle primissime pagina è al fianco degli uomini della sezione Catturandi della Mobile di Palermo, impegnata in una caccia al latitante che apre una finestra sul passato, prima di rientrare a Catania per avviare l’indagine. A ben vedere, tutti cercano di tirarla in gioco e lei, Vanina, afferma a gran voce di volerne restare fuori ma il richiamo del passato è una grande tentazione».

Il cadavere all’aeroporto è molto cinematografico. Un caso che spalanca piste internazionali…

«Era un’idea che mi frullava in testa da un po’ e con Esteban Torres e i suoi giri loschi, di cui non accenniamo nulla per non rovinare la suspense, posso mettere in pagina elementi di indagine inediti per i miei lettori, introducendo anche un nuovo personaggio, Carlo Alberto Colombo, ex collega di Vanina alla Mobile di Milano e da un anno in forza al Servizio per la cooperazione internazionale della polizia».

Ogni libro nuovo è una sfida?

«Sempre. Spero sia un passo in avanti rispetto al precedente. Punto sempre a migliorarmi, a far innamorare il lettore delle mie storie raccontando la società contemporanea mentre rispolvero anche qualcosa del nostro passato».

Perché il noir e il giallo piacciono tanto?

«Penso che in parte sia anche per una sana voglia di evasione e leggerezza, soprattutto in questi tempi di lockdown, un frangente storico che nessuno di noi potrà dimenticare. Aggiungo che nei miei libri solitamente il cattivo viene scoperto, catturato e assicurato nelle mani della giustizia e, in fin dei conti, credo che questo rinfranchi e soddisfi i lettori».

A luglio uscirà “Tre passi per un delitto”, scritto con Maurizio De Giovanni e Giancarlo De Cataldo. Cosa può dirci?

«È la storia di un delitto raccontato da tre punti di vista diversi. Un progetto bellissimo che nasce da un’idea di Giancarlo e Maurizio che hanno voluto coinvolgermi. Scrivere a sei mani è stata una grande esperienza, sia professionale che umana».

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