Un terribile virus contagioso cancella la memoria, azzera i ricordi e resetta il cervello. E in poco tempo, l’intera civiltà occidentale collassa, tornando allo stadio primitivo, fra violenza, morte e caos. Tre anni fa, lo scrittore americano Glenn Cooper, ha deciso di prendersi una pausa dai thriller storici – ricordiamo la quadrilogia de “La biblioteca dei morti” – per scrivere in un romanzo apocalittico su una terribile pandemia. E oggi, con una coincidenza surreale, in piena emergenza Covid-19, giunge sugli scaffali “Clean. Tabula rasa” (Editrice Nord, pp.544 €20 tr. Barbara Ronca). Al centro del racconto c’è Jamie Abbott un neurologo implicato direttamente nello scoppio dell’epidemia che si metterà in viaggio per cercare la cura scongiurando la fine dell’umanità
Oggi Glenn Cooper avrebbe dovuto trovarsi in Italia per lanciare il suo nuovo romanzo ma il Covid-19 ha stravolto i piani e risponde alle nostre domande direttamente da casa sua, nel New Hampshire, invitandoci a non abbassare la guardia: «temo che questa non sarà l’ultima pandemia, per cui dobbiamo fare attenzione ai politici populisti come Trump, che agiscono con disprezzo, agitano slogan nazionalisti e scaricano sugli altri la propria incompetenza.».
Un libro su una pandemia mondiale, pubblicato durante una pandemia che ha bloccato il mondo intero. Surreale?
«Come minimo, surreale. Da diversi anni sono preoccupato per le pandemie e tre anni fa ho iniziato a scrivere questo romanzo, ma ovviamente non mi sarei mai aspettato che sarebbe stato pubblicato nel mezzo di una pandemia vera e propria».
A dirla tutta, nel suo libro la pandemia è solo l'inizio e rapidamente il libro affronta il tema del survivalismo. Un tema che l’affascina?
«Ho studiato a lungo le malattie infettive e i documenti relativi alle epidemie del passato, provando a ipotizzare cosa ci fosse in agguato. I candidati principali erano un virus influenzale mutato, l’aviaria o un’influenza suina. Ma un nuovo coronavirus rende le cose ancora più difficili perché nessuno ha l'immunità e creare un vaccino per un coronavirus è assai più difficile».
Quando ha capito che la situazione stava precipitando?
«A gennaio, quando sono trapelate le prime notizie sul Covid dalla Cina, mi sono innervosito e ho iniziato a prepararmi: ho comprato cibo, medicinali e detersivi, forniture mediche e mascherine per un anno intero. In questo momento sono con la mia famiglia nel New Hampshire e per fortuna, in questo Stato il virus è piuttosto silente. Il survivalismo mi ha sempre interessato e ammiro la buona narrativa capace di raccontare cosa accade oltre il limite della civiltà, come “La strada” di Cormac McCarthy e “Tutto ciò che abbiamo amato” di Jim Crace. Stavolta volevo raccontare la mia versione del mondo sotto attacco per la pandemia».
Nel suo romanzo, al collassare della società, la violenza e il fanatismo esondano. E abbiamo visto che allo scattare dell’emergenza reale, l’acquisto di armi da fuoco e carta igienica ha avuto un picco. Perché?
«Quando una crisi colpisce, la maggior parte delle persone si fa prendere dal panico ma è comprensibile. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gran parte del mondo ha sperimentato una pace e una prosperità senza precedenti e la maggior parte di noi non ha idea di cosa significhino la carestia e il razionamento dei beni, il blocco dei servizi pubblici e la carenza di energia. Ma il Covid-19 ha completamente sconvolto le nostre vite, causando morti e caos. Fortunatamente, siamo molto distanti dalla violenza che racconto nel mio romanzo e spero sinceramente che gli scenari estremi possano esistere solo nella finzione».
Jamie non è un supereroe ma nel libro crescerà e dovrà compiere scelte difficili. Come è nato il suo nuovo protagonista?
«I veri eroi sono persone comuni che trovano la forza di fare cose straordinarie nei momenti di crisi. Jamie è un normale medico, un padre single che fa del suo meglio per crescere una figlia adolescente riottosa. Jamie possiede la metà della cura per la pandemia. Il suo grande amore, Mandy, una virologa, ha l'altra metà e vive dall’altra parte degli Stati Uniti. E così, mentre la società si sfascia, Jamie deve intraprendere un pericoloso viaggio per raggiungere Mandy e trovare la cura. Lungo la strada, scoprirà i punti di forza che non sapeva di possedere. Crescendo, anche in modo doloroso. Questo è ciò che fanno gli eroi».
Il suo romanzo ha una accezione politica?
«Senza dubbio. Mi sono sentito obbligato a scrivere un libro che è, in sostanza, un'allegoria anti-Trump, anti-nazionalista. Nel mio libro, dopo l'infezione, le vittime abbassano le difese mentali, fanno tabula rasa, diventano vulnerabili alla manipolazione da parte di persone malvagie che vogliono ricostruire il mondo con il loro credo malvagio, violento e fanatista. Ma anche noi viviamo in una distopia oggi, dobbiamo rendercene conto».
A proposito, Trump ha scelto di far uscire gli Usa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Che ne pensa?
«Ogni singola azione compiuta da Trump in questa pandemia è un pericolo per il mondo intero. Che tipo di idiota crede che sia una buona idea ritirare fondi da un'organizzazione di lotta contro la pandemia, durante una pandemia? Trump ha smantellato l'unità di primo intervento contro le emergenze sanitarie istituita da Obama e ha scelto di chiamarlo il “virus cinese o influenza di Wuhan” per rigettare la colpa del suo fallimento, continuando a dire che va tutto bene mentre seppelliamo i morti in fosse comuni e l'America sta affogando nella miseria».
Al termine di questa pandemia, saremo migliori o ancora più disperatamente desiderosi di tornare alla società pre-covid?
«Ho davvero paura che quando avremo il vaccino e la pandemia sarà finita, molti dimenticheranno cos’è successo e commetteremo gli stessi errori. Credo che questa non sarà l’unica pandemia dei nostri anni e non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Sarà bello tornare alla normalità ma se faremo tabula rasa, cadremo ancora al tappeto».
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