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Cara Mafalda, salutaci Quino

Vieni qui, Mafalda. Devo dirti una cosa. Ah, no, la sai già. Hai sempre saputo tutto, Mafalda cara, col tuo sguardo implacabile, le tue domande scomode, la tua ironia amara, il tuo cuore generoso. E sai, cara Mafalda, io volevo essere te. Io e tante altre ragazzine degli anni Sessanta ti abbiamo conosciuta sulle strisce di papà Quino, e sei diventata un modello assoluto, per noi. E oggi piangiamo papà Quino, ovvero Joaquín Salvador Lavado Tejón, fumettista argentino di origini andaluse. Ma dire “fumettista” è poco e niente: era un filosofo, uno scrittore, uno studioso del costume, e tu, adorata bambina così adulta senza perdere la capacità di sogno e di sorriso, ne sei la testimonianza più grande.

Quino se n’è andato a 88 anni: una settimana fa lo aveva colpito un ictus, non si è mai più ripreso. L’Argentina lo piange (pare che in una casa su due ci sia un suo libro), ma tutto il mondo è addolorato: era tradotto in 35 lingue e per tutta la sua lunghissima carriera aveva seminato un sacco di bellezza e di amore. Te compresa, Mafalda, che anzi sei il suo capolavoro. Sai che ha detto il tuo, il suo storico editore, Daniel Jorge Divinsky, dando al mondo l’orribile notizia della morte? «Quino è morto. Tutte le brave persone del paese e del mondo lo piangeranno». E, accidenti, è proprio vero.

Non dire niente, Mafalda, lo sappiamo che la sua vita non era stata facile: era rimasto orfano da piccolo, ma da più piccolo ancora aveva scoperto il fascino assoluto dei fumetti, dei disegni, e lo aveva perseguito come una missione, più che una carriera. Tu ancora non c’eri, cara Mafalda, ma in qualche modo eri presente nei suoi disegni fatti dappertutto, su ogni pezzo di carta, sui muri, sul tavolo della cucina. Nei disegni e nella fiducia che quei segni, quelle parole potessero addirittura cambiare il mondo. Ecco, lì c’eri tutta tu, bambina prodigio.

Era andato all’Accademia di belle arti della sua città natale Mendoza, Quino, e dagli anni Cinquanta aveva cominciato a collaborare con un gran numero di riviste e quotidiani. Perché per lui il disegno serviva a raccontare la realtà, quasi come fanno i giornalisti, ma con un di più di sogno, fantasia, ironia. Eri già pronta per venire al mondo, Mafalda. E il bello è che all’inizio eri stata creata per... una pubblicità. Di lavatrici. Ma al committente non eri piaciuta (come potevi piacere, bambina testona e irriducibile, capace di un sarcasmo raggelante?) e Quino ti aveva messa da parte per qualche tempo. Poi, sei nata davvero. Era giusto il 29 settembre del 1964, sulla rivista argentina Primera Plana (anche se poi sei finita su El Mundo). Eri tu, Mafalda adorata: la bambina con la domanda spiazzante, l'odio smisurato per il minestrone e la preoccupazione viva per i mali del pianeta, dalla disuguaglianza sociale all'inquinamento all'ingiustizia. Tutte cose che i giovani di tutto il mondo in quegli anni stavano scoprendo e contro cui urlavano per le strade.

C’eri tu, filosofa e politica finissima, a conversare col mappamondo e raggelare gli adulti con le tue domande a cui nessuno sapeva rispondere. Tu nella tua casa piccolo borghese col papà impiegato e la mamma casalinga, il fratellino Nando (l’originale era Guille) e tutti gli amichetti, dallo strampalato Felipe (caricatura di un amico di Quino, il poeta Jorge Timossi) alla borghesissima Susanita, all’esasperante minicapitalista Manolito. L’ultima arrivata era stata la piccolissima biondina Libertad, «perché la libertà in Argentina è sempre stata poca».

Mafalda cara, Quino – che eri tu – quando nel suo Paese ci fu il golpe se ne venne qui in Italia, dove restò molto a lungo. Amava il nostro Paese, che è un Sud come il tuo. E poi lo aveva detto chiaro, in un’intervista: «Se Mafalda fosse vissuta durante gli anni della dittatura militare sarebbe forse stata una desaparecida in più. Non sarebbe sopravvissuta per il semplice fatto che aveva un cervello critico. Molta gente è scomparsa solo per questo e tra di loro moltissimi sono stati i giornalisti».

Perché tu sei questo, bella Mafalda: la coscienza che non si può mettere a tacere. E ci hai insegnato un mucchio di cose. Tu così saggia, intelligente e adulta in un mondo così infantile, sciocco e rissoso.

Ciao Quino, ti saremo sempre grati per questo dono, per Mafalda tua, nostra.

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