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Corto di Muccino, è tutto un coro: narrazione imbarazzante

Gioacchino Criaco

Stroncato dalle critiche. Il cortometraggio “Calabria terra mia” voluto dalla compianta governatrice Jole Santelli e realizzato dal regista Gabriele Muccino si è rivelato una grande delusione. Sei minuti di lavoro (8 se consideriamo anche i titoli di coda) che si sono dimostrati davvero poca cosa, soprattutto se rapportati al costo mostruoso dell'operazione: 1,7 milioni di euro. Presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, l'opera avrebbe dovuto valorizzare a tutto campo l'identità della regione, ridisegnandone l'immagine per rilanciarla sul mercato turistico. Invece una coppia innamorata, Raoul Bova e la compagna Rocío Muñoz Morales, è protagonista di una gita piena di banalità, stereotipi e luoghi comuni, nella quale il filo conduttore sono gli agrumi simbolo di questa terra e nulla più.

Il corto commissionato in estate dalla Regione e pubblicato sul suo profilo Facebook dall'assessore e consigliere forzista Gianluca Gallo, che a sorpresa ha anticipato l'eventuale presentazione ufficiale in Calabria facendo diventare il video “virale”, è stato travolto dai giudizi trancianti di intellettuali e politici e da una valanga di commenti negativi provenienti dal popolo dei social.

«Un lavoro artisticamente incommentabile», ha affermato lo scrittore Gioacchino Criaco. «Muccino può piacere oppure no, è certamente uno che di cinema ne capisce, ma il suo cortometraggio è di una pochezza assoluta che non ti aspetti. Questo contrometraggio è esattamente il contrario di quello che Jole Santelli voleva ottenere». Criaco interviene molto spesso sui problemi che affliggono la sua terra. «C'è un errore di fondo in cui la politica calabrese incorre continuamente: che il problema principale della regione sia l'immagine e che cambiando certi stereotipi tutto si risolva. In realtà occorre prima un lungo processo culturale, occorre cambiare la sostanza delle cose, poi cambierà la percezione che si ha della Calabria. Adesso ci rideranno tutti dietro».

Nunzio Belcaro è il libraio di Catanzaro che durante il lockdown salì alla ribalta per la sua iniziativa di consegnare i libri a domicilio ai suoi concittadini costretti a rimanere in casa: «L'errore è a monte. Ed è politico, di scelta. Affidare a Muccino, pagarlo in maniera spropositata sulla fiducia, unisce provincialismo e ignoranza artistica. Una committenza sbagliata la richiesta di fare raccontare in tutta fretta a un regista la Calabria in pochi minuti. Il risultato è imbarazzante».

Molto critico è anche Santo Gioffrè, autore di “Artemisia Sanchez”, romanzo da cui è stata tratta una fortunata serie televisiva: «È volgare perché trasmette l'idea di una colonia sottomessa alla madrepatria. Le atmosfere sono da Padrino, sembra ambientato negli anni Cinquanta. Ne risulta sminuito ogni senso comune. Di Muccino hanno comprato il nome e lui, da leghista ante litteram, ci ha trattati da coloni».

Interviene anche la Fondazione Magna Grecia che premierà chi saprà raccontare la Calabria «fuori dai clichè e dagli stereotipi di cui abbonda il corto di Muccino». Sarà, infatti, presentato nei prossimi giorni il bando «Con la Calabria nel cuore», diretto a filmaker capaci di cogliere e raccontare la vera identità della Calabria.

E la politica? Durissimo il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà: «Realtà goffamente artefatta e stereotipata». Gli fa eco Nicola Irto, vicepresidente del Consiglio regionale: «Non è quella la nostra realtà. Non lo è più: troppi stereotipi, le persone con la coppola, gli asini per strada... e poi le lacune narrative gravissime». Rincara la dose il deputato Paolo Parentela (M5S): «L'aspetto più grave è che di questo filmato, che è una brutta caricatura della Calabria e dei suoi abitanti, non ce ne facciamo alcunché, né si può pensare che valga a promuovere il turismo e le eccellenze della nostra agricoltura». Come dargli torto.

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