Lockdown, spillover e droplet, sono alcuni esempi dei neologismi che sono piombati nel nostro linguaggio comune al tempo del Covid-19. Del resto, una lingua parlata dev’essere viva, cangiante. Sono proprio queste caratteristiche a renderla adatta a conformarsi al tempo, utile per leggere la contemporaneità e i nuovi costumi. In tal senso, ogni anno i dizionari compiono l’impresa di aprire le proprie pagine a nuovi termini talvolta mutuati dall’inglese, talvolta dal linguaggio comune, passando dal web allo slang. E gli esempi di questa vitalità sono sotto i nostri occhi, dagli status dei social sino alle pagine dei romanzi.
Ma “aprirsi” ai nuovi termini – il lettore rammenterà il caso “petaloso” – cosa significa? In occasione dell’edizione 2021 del dizionario Devoto-Oli (pp. 2560, euro 69), che si presenta con 250mila definizioni (che salgono a 300mila nella versione digitale), ne abbiamo discusso col professor Luca Serianni – linguista e filologo di chiara fama, membro dell’Accademia della Crusca e presidente della Società Dante Alighieri – che oggi guida il progetto editoriale col professor Maurizio Trifone.
Nella nuova edizione del dizionario troviamo diversi termini legati alla pandemia e non solo. Professor Serianni, come avete individuato i neologismi adatti?
«L'inserimento di nuove entrate in un dizionario è un'operazione artigianale: non può che dipendere dalla sensibilità dei redattori, attenti a cogliere il nuovo nella contemporaneità ma anche eventualmente a inserire lemmi già in uso da tempo e finora sfuggiti. Per fare due esempi: è certamente un neologismo del linguaggio giornalistico il misterioso “algocrazia”, che non è, per nostra fortuna, il “dominio del dolore”, ma il crescente controllo di ogni attività umana da parte di strumenti tecnologici fondati su algoritmi (di qui il primo elemento algo), attestato la prima volta nel 2018; il più trasparente “bioeconomia”, legato alla definizione di un'economia sostenibile, solidale con l'ambiente, ha invece almeno ventott'anni, essendo attestato già nel 1992».
La lingua italiana è viva?
«Nessun dubbio che lo sia: il lessico, destinato a rinnovarsi continuamente, è la prova di questo processo fisiologico e inarrestabile. Naturalmente non è affatto detto che le parole appena inserite resistano effettivamente nell'uso: alcune di esse non riusciranno ad affermarsi e ritorneranno nell'ombra. In un accurato dizionario di neologismi apparso nel 1987 e scritto da Claudio Quarantotto, il "Dizionario del nuovo italiano", accanto a molte parole che ci sono familiari come “malavitoso” e “malmostoso”, troviamo anche “astrocane”, cane lanciato nello spazio cosmico in un'astronave o “demitismo”, ideologia politica di Ciriaco De Mita che, per ragioni diverse, non si usano più (e forse non tutti capirebbero più)».
Il significato di 2000 parole di uso comune è stato aggiornato e riscritto. Un esempio?
«Si tratta della normale manutenzione presente in qualsiasi nuova edizione. Sono parole di base (come “macchia”, “sbaglio”, “ribasso”) che avevano bisogno d’essere riviste con l'aggiunta di significati nuovi e le cui definizioni dovevano essere riscritte in un linguaggio più attuale; pensiamo a “prossimità”, che ovviamente era già presente, e che ora comprende anche locuzioni di origine burocratica come “servizi di prossimità” o “enti di prossimità”».
E infine, tre rubriche di pronto soccorso linguistico. Di cosa si tratta?
«Rubriche che potrebbero essere lette in modo autonomo e sono state pensate per rispondere a dubbi frequenti. "Per dirlo in italiano" traccia una breve storia degli anglicismi più diffusi e più invasivi e propone una o più possibilità di dire la stessa cosa con parole italiane: “endorsement” / “appoggio” o “sostegno”. Con “Questioni di stile” si affrontano problemi lessicali e semantici: qual è la diversa sfumatura di “aspettare” e “attendere”? In quali casi la collocazione di un aggettivo cambia il significato del sostantivo (un “alto ufficiale” non è un “ufficiale alto”)? Come comportarsi con i femminili professionali (architetta, avvocata ecc.)? Infine le “Parole minate” trattano dei dubbi linguistici che possono cogliere anche una persona colta: si scrive “accelerare” o “accellerare”, “persuadére” o “persuàdere”, “qual è” o “qual’è” ? (ovviamente, la risposta giusta è la prima)».
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