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Peter Stein sulle tracce di Goethe nella Sicilia in cui riscoprì se stesso

«L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nello spirito. Soltanto qui c’è l’origine di tutto». A dire così è stato Johann Wolfgang von Goethe nel 1787 nel suo viaggio in Sicilia come ricorda il docufilm Sulle tracce di Goethe in Sicilia di Peter Stein passato al Torino Film Festival nella sezione Doc/Paesaggio. Il 2 aprile 1787 il poeta tedesco approda a Palermo, prima tappa nel suo viaggio in Sicilia dove si ferma per quaranta giorni. Cosa cerca Goethe? Cerca nella Sicilia quella Grecia sognata per purificarsi da ogni romanticismo, ma è anche alla ricerca di se stesso e, infine, vuole mettersi come alla prova.

Viaggia infatti in incognito insieme a Christoph Heinrich Kniep, che disegnava insieme a lui paesaggi e luoghi da loro visitati, in quella Sicilia che allora non faceva parte del Gran Tour perché considerata troppo pericolosa. Ma lui ci va lo stesso e si adatta a dormire anche in luoghi di fortuna, stalle o povere locande. A Palermo subito nota con meraviglia come porte della città siano aperte in alto per far passare il carro di Santa Rosalia e anche il fatto che se si esce dalla strade principali la città diventa un labirinto in cui lo straniero si smarrisce.

Per l’autore de “I dolori del giovane Werther” è vera estasi e rapimento anche passionale davanti alla statua di Santa Rosalia che si trova nel Santuario: «non riuscivo ad andar via» dice Goethe. E poi c’è la visita all’orto botanico sempre con l’ossessione di trovare la pianta origine di tutte le piante (die urpflanze).

In questo docufilm prodotto da Zivago in collaborazione con Rai Cinema, Peter Stein ripercorre passo dopo passo, dopo 230 anni, le tracce di Goethe da Agrigento a Taormina, dalle campagne dell’entroterra siciliano a Palermo, attraversando luoghi e paesaggi che incantarono l’autore del Faust, e incontrando studiosi tra cui il germanista Michele Cometa, il geografo Vincenzo Guarrasi e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Anche per confrontare, per quanto possibile, com’è cambiata e in cosa è uguale la Sicilia.

«Tutto mi ricordava l’isola beata dei Feaci» a volte esclama un Goethe così in fuga dall’estetica romantica da non accorgersi dei mostri di Villa Palagonia a Bagheria vicini parenti di quelli della mitologia nordica. E poi per lui il tempio di Segesta, quello di Concordia, la città di Caltanisetta, Castrogiovanni (l’attuale Enna) detta dai romani l’Urbs Inexpugnabilis. Arriva poi a Catania il 2 maggio dove visita il fastoso e barocco Palazzo Biscari e poi il teatro greco-romano prima di inoltrarsi verso la “montagna”: l’Etna.

«Fra Goethe e i siciliani c’è sicuramente un rapporto profondo - dice Peter Stein -. Alle strade e alle piazze in Sicilia viene dato spesso il nome di Goethe e targhe commemorano luoghi, palazzi e stanze in cui ha soggiornato anche solo per una notte. Goethe ha come trovato il fulcro della bellezza e della verità in Sicilia. I siciliani che hanno approfondito l’argomento - continua - sanno anche che Goethe in un certo senso ha inventato una sua personale Sicilia o comunque ne ha rappresentato una versione molto particolare tralasciando una buona parte di influenze storiche come se non avesse voluto vederle o notarle. La sua ricerca - conclude Stein è direttamente connessa un’altra: durante il suo viaggio in Italia Goethe cercò se stesso e si ritrovo come artista non tanto nei disegni in cui si sperimentò, ma come scrittore. E quando fu rinato rientrò in Germania».

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