Gli aveva fatto impressione raggiungere i 60 anni. Invece vive il suo settantesimo compleanno con l’aria da saggio, come succede a chi ha raggiunto tutti i suoi traguardi. Domani spegnerà le candeline due volte, a pranzo sul set del film “Genitori contro influencer” di Michele Andreozzi e la sera a casa, assieme alla moglie e alla figlia di lei. E domenica farà il tris in tv, nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio. Nino Frassica, nato a Messina 70 anni fa, non si scompone, anche se tutti lo cercano. «Sì, mi stanno festeggiando alla grande, mi chiedono continuamente interviste. I vecchi vengono premiati, si pensa che non facciano più danni, non sono più invidiati, diventano monumenti. Ma io ho tanti programmi». L’occasione del compleanno è buona per una lunga chiacchierata fra vecchi (nel vero senso della parola) amici, tra presente, passato e futuro e tra libri, fiction, comicità surreale e storie vere. Anche perché, dice, «tengo più alla Gazzetta del Sud che al Corriere della Sera. È il giornale della mia città, va fra la gente che mi conosce da sempre e questo mi fa piacere». Un libro e “I fratelli Caputo” Del nuovo libro – il decimo – non può parlare («Mi hanno imposto di non dire nulla, ci sarà un’esclusiva»), si sa che uscirà all’inizio del 2021, avrà per titolo “Vipp” e sarà pubblicato da Einaudi. Adesso l’attenzione di Frassica è puntata su una fiction in 4 puntate, su Canale 5 dal 23 dicembre («Ma con Mediaset non si sa mai, cambiano continuamente programmazione»). Con lui recita Cesare Bocci (noto come il commissario Augello, vice di Montalbano). Si racconta di due fratelli, stesso padre (ex sindaco) e madri diverse. «Io non mi sono mai mosso dalla Sicilia, lui è nato e vissuto a Milano, dove fa il commercialista e nostro padre si era fatto un’altra famiglia. Voglio capire come funziona perché mi sono costruito io il personaggio, mammone e mancato cantante neomelodico. Sono un organizzatore di spettacoli, di feste di piazza, un po’ cialtrone ma buono. Faccio ridere spingendo un po’ sulle mie caratteristiche, ma rimanendo sempre nei limiti di una fiction». I guai cominciano quando il fratello milanese si presenta con tutta la famiglia in Sicilia, da dove vuole avviare una carriera politica sfruttando il nome del padre, e scopre che quella che dovrebbe essere la sua casa è occupata dal fratello siciliano e da sua madre, che odia la seconda donna del marito. Non fate correre Cecchini... Da aprile Frassica, Covid permettendo («I produttori sono molto preoccupati») sarà impegnato nella nuova serie di “Don Matteo”, e anche qui bisogna stare nelle regole. «Io non seguo mai il copione, ma in più c’è il fatto che porto una divisa e non la posso tradire, anche se nelle ultime due serie ho spinto un po’, non entro nel surreale, ma mi avvicino». E, dato che lui non è un tipo che si rassegna, ha lanciato un’idea agli sceneggiatori: «Mandate il maresciallo Cecchini in un’operazione sotto copertura, così si trova a dover fare un altro mestiere di cui non è capace: allora sì che si potrebbe spingere, come è accaduto quando Cecchini si è dovuto fingere medico». L’importante è che non lo facciano correre; alla sua età non se la sente, anche se ammette di non essere mai stato uno sportivo. «Se scrivono “il maresciallo insegue”, io faccio modificare in “il maresciallo ordina al brigadiere di inseguire”». Anche perché una volta con Tornatore ha corso tanto da star male. È accaduto sul set di “Baarìa” (2009). In una scena doveva inseguire per 300 metri un bambino, senza riuscire ad acchiapparlo. «Il guaio è che Tornatore è un perfezionista, una ripresa dall’alto, una dal basso, una davanti, una dietro, il piede non è venuto bene… Mi ha fatto correre per trenta ciak. Io dicevo al bambino di andare piano, ma quello correva di più. Un incubo». E non ha avuto il coraggio di chiedere uno stop: «Sono stato timido, ero appena arrivato sul set, non avevo confidenza con il regista e non volevo fermare tutti. Non so come abbia fatto a resistere, ma appena abbiamo finito sono stato malissimo». C’era un microfono… Tutto è cominciato dal Golden Gate, una discoteca di Galati, quando Nino aveva tra i 16 e i 18 anni. «Eravamo in quattro soci ad aiutare il proprietario Diego Micari. E c’era un microfono. Con la scusa di fare annunci, mi ero inventato anche il Carnevale d’estate, ho scoperto che potevo essere spiritoso e la gente mi stava a sentire, ho imparato a vedere le reazioni. Da lì ho cominciato a frequentare le feste di piazza, i festival dell’Unità, in coppia con Nino Montalto». Quando un giorno Ciccio Previti, che organizzava spettacoli per bambini alla Villa Mazzini, gli chiese se avevano qualcosa per i più piccoli, lui rispose di sì, anche se non era vero. «Abbiamo messo insieme uno spettacolo scombinato e, dato che Montalto era bravo con i movimenti del corpo, ho pensato che potevamo fare i clown (da decenni Montalto vive a Parigi, dove fa il clown, nda). Ricordo che mia sorella mi preparò un vestito con una tenda». Andò bene e lo spettacolo fu perfezionato e portato anche in Calabria. Con loro spesso c’era il compianto Gerard Foucax («lui aveva un repertorio, era strutturato»). «Ho sostituito Anna Galiena» Nel frattempo Frassica aveva avviato un’impensabile carriera da attore impegnato alla corte di Rocco Familiari e del Teatro Struttura, nei primi anni 70 molto attivo a Messina. Si trovò a fare l’aiuto regista di Giuscla Rizzo per “Aspettando Godot”. In scena Miko Magistro, Walter Manfrè, Franco Tripodo e una giovanissima Anna Galiena, fidanzata del regista, nel ruolo di Lucky. «A un certo punto la Galiena (che ho poi incontrato sul set della fiction “Casa e bottega” con Renato Pozzetto) si diede malata per un problema alla gamba. Non so quanto fosse vero, ma proposi di sostituirla e fui accontentato. Era un ambiente un po’ snob e io stavo mettendo a fuoco una mia forma dissacratoria, mi piaceva il demenziale». Così cominciò a fare cabaret, ispirandosi al Derby di Milano, ma a Messina non era un genere apprezzato. Nino ebbe un’alzata d’ingegno. Allora era di moda “El Toulà”, un locale sotto l’Apollo. «C’era un direttore che parlava un italiano tutto suo, una fonte d’ispirazione. Con una certa cadenza, gli mandai amici miei che uno alla volta gli chiedevano: “Fate cabaret?” e lui rispondeva: “No, non lo facciamo”. Dopo quattro visite di amici mi presentai io, proponendo il mio cabaret. E lui accettò subito: “Sì, me lo hanno chiesto in tanti”». L’Accademia Bar Suaria Ma dove ha imparato a recitare? In due luoghi. Il primo il cinema, l’Orfeo e il Diana, due film al giorno, cambiati ogni due giorni. «Ho perso due anni di scuola, non perché non studiavo, ma proprio perché non ci andavo. Ero sempre al cinema, in una settimana vedevo 12 film e ho imparato tanto». L’altro era il bar di Galati. «Si stava lì a non far niente, ero diplomato ma non facevo concorsi per paura di vincerne uno ed essere rovinato. Si parlava di calcio e di moto, argomenti che non mi interessavano. La noia fa inventare qualcosa, è stimolante, sprona a sperimentare, mi portava a far ridere la gente al bar, rompere la monotonia. Io ero “altogradimentista”, a casa avevo una radio a forma di pallone e ascoltavo sempre Arbore e Boncompagni. E mi piaceva tantissimo Mario Marenco. Mai avrei pensato che un giorno sarei stato in radio con loro oppure che sarei stato io a scritturare Marenco nel mio “Programmone”. Si è avverato il sogno più grande che potessi avere. Anzi sono andato oltre i miei desideri di allora». Mi vaccino subito E come vive Frassica questa brutta era del covid? «A me piace stare a casa, esco solo per lavorare. Il momento è terribile per i teatranti. A noi la Rai ha ridotto i compensi del 15%, ma loro sono bloccati. A Roma e Milano molti attori si sono riciclati nel doppiaggio ma altrove si può solo sperare che tutto finisca presto». Lui è pronto per il vaccino: «Appena arriva lo faccio e spero che si vedano subito i risultati così non sentiamo più negazionisti e no vax».