Per capire perché, nonostante tutte le problematiche che impongono la registrazione di programmi tv con stringenti regole anti contagio, Masterchef 2020 si profili di alto livello, bisogna andare a vedere il prequel che racconta di un pranzo cotto e mangiato dai tre giudici. Ciò che mostra “Aspettando Masterchef”, infatti, è più di un video di presentazione del talent culinario, ma rappresenta la prova che Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli e Bruno Barbieri sono non solo affiatati e complici, ma anche i primi a divertirsi e a sfottersi sulle loro innegabili qualità culinarie che li hanno portato ai vertici della ristorazione. Di più, hanno tre caratteristiche diverse che, messe insieme, danno un giusto equilibrio al programma. Nei ruoli di scena Cannavacciuolo è il più paterno e il meno affettato, Locatelli quello più stiloso e attento alle novità, Barbieri il custode della tradizione, forse il più severo e temuto, forte della sua presenza per tutte le dieci edizioni consecutive. Ma tutti assieme, pur mantenendo la diversità di opinioni, rappresentano un ottimo mix. Un’armonia che si è subito rivelata già nella prima puntata della nuova stagione, quando sono effettivamente iniziate le selezioni della masterclass, che quest’anno si è svolta parzialmente da remoto e ha rivelato nuove potenzialità. L’impossibilità di valutare i concorrenti dal vivo per una prima scrematura ha reso la selezione in studio molto più interessante, posto che gli aspiranti chef non possono portare gli alimenti da casa ma devono scegliere in pochi minuti gli ingredienti della loro ricetta nella vasta dispensa del programma. Una difficoltà in più, nella quale i concorrenti sono aiutati (?) dai loro accompagnatori, ma che sin da subito fa alzare l’asticella della qualità, perché fare una buona spesa è di per sé uno degli ingredienti principali per la riuscita di un buon piatto. Lo svolgimento della selezione è fluido e, nonostante la variante spesa ben montata, il pregio è che le difficoltà create dall’emergenza sanitaria non sono visibili e, a parte il riferimento inevitabile che aveva caratterizzato gli spot promozionali, non vi è alcuna menzione pandemica. Certo l’attenzione al “caso umano” c’è sempre, anche se, per fortuna, non è più predominante come in qualche stagione passata, ma è il pretesto per comprendere quanto il concorrente sappia trasferire di suo nella pietanza che cucina per l’ammissione. Peccato che a noi a casa manchi, come al solito, la possibilità di assaggiare.