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“SanPa”, la nuova docuserie di Netlfix: cosa era San Patrignano e chi era Muccioli - TRAILER

La critica ha apprezzato la produzione, ma non sono mancate le polemiche e i pareri contrastanti. Il figlio di Villaggio: “Raccontata solo una parte della storia”

Una delle immagini simbolo di SanPa

“SanPa” sta certamente facendo discutere. La docuserie incentrata sulla complessa storia della comunità di San Patrignano, prodotta da Netflix, sta attirando l’attenzione di migliaia di spettatori. Una calamita che ha riportato alla mente ciò che accadeva nella comunità di San Patrignano, per chi ha vissuto l’epoca degli anni ’90, e accesso i riflettori su una nuova storia, per i millennials. Un prodotto ben confezionato, basato su fatti realmente accaduti, ma non certo scevro da polemiche e contraddizioni. Ma non poteva essere diversamente, perché il capitolo di “San Patrignano” e del suo fondatore Vincenzo Muccioli è uno dei più controversi della… controversa storia italiana dell’epoca.

Cosa era San Patrignano e chi era Vincenzo Muccioli

San Patrignano, originariamente, era la via d’accesso a un piccolo podere nel territorio di Coriano, in provincia di Rimini, di proprietà della moglie di un imprenditore romagnolo, Vincenzo Muccioli. A metà degli anni ’70, l’impresario si trasferisce nella struttura con l’obiettivo di sfruttarla per dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento di pregiate razze canine. Col tempo, Muccioli si dedica alla parapsicologia e allo spiritismo, formando una sorta di “cenacolo” in cui ricopre i panni di medium.

Il contesto storico

L’Italia, in quel periodo, sta frenando la propria ascesa economica, avviluppata dai tentacoli dello stragismo e preda degli Anni di piombo. Mentre il sogno del boom economico si avvia alla conclusione (per poi rivedere la luce negli anni ’90), tra i giovani si diffonde a macchia d’olio un brutto vizio: il consumo di eroina. Il concetto di tossicodipendenza inizia a diventare sempre più familiare e anche negli spot televisivi si sprecano le campagne contro l’assunzione di stupefacenti. In questo contesto, il podere gestito dal medium Muccioli si trasforma presto in un ricovero per giovani disagiati, stretti nella morsa della droga. Il 30 ottobre del 1979 nasce la cooperativa San Patrignano che si pone come obiettivo quello di fornire assistenza gratuita a tossicodipendenti ed emarginati.

I finanziamenti

La voce corre, il podere si riempie di giovani in difficoltà e piovono anche finanziamenti. Come quelli elargiti dalla famiglia Moratti: Gianmarco e Letizia, infatti, contribuiscono alla crescita della comunità con quasi 300 milioni. Il vecchio podere arriva ad accogliere centinaia di ospiti e, nel 1986, la cooperativa diviene a tutti gli effetti ente di formazione professionale dell’Emilia Romagna. Appena 8 anni dopo, San Patrignano accoglie 1400 tossicodipendenti e l’ente prosegue sulla strada della specializzazione, tanto da ospitare un centro medico per frenare l’epidemia da AIDS.

Le ombre e i processi

L’Italia “adotta” la comunità, la erge a punto di riferimento, ne va fiera e la individua come il segno che, sì, rialzarsi è possibile anche dopo essere caduti. Un po’ come accade a chi si è perso nel labirinto della tossicodipendenza. Dal canto proprio, Muccioli sbandiera i principi della propria “creatura”: il rispetto della vita e della dignità dell’uomo. Parole che cozzano con le testimonianze di alcuni detrattori del fondatore della comunità che denunciano i metodi e le pratiche poco ortodosse di San Patrignano, come la violenza, le spedizioni punitive e le umiliazioni pubbliche subite dagli ospiti. Modi di fare che, in alcuni casi, avrebbero addirittura spinto al suicidio. Negli anni ’80, Muccioli si trova ad affrontare anche problemi di natura giudiziaria e due processi. Il 16 febbraio del 1986 viene condannato per sequestro di persona e maltrattamenti, prima dell’assoluzione in secondo grado (confermata dalla Cassazione). Muccioli, viene anche rinviato a giudizio per omicidio colposo (successivamente arriva l’assoluzione) in relazione alla morte di Roberto Maranzano (1989), e condannato a otto mesi per favoreggiamento.

Chi gestisce ora San Patrignano

Nel 2018 la comunità di San Patrignano ha festeggiato i quarant’anni dalla sua fondazione. Perché dopo il ciclone che ha travolto Vincenzo Muccioli, la struttura è stata affidata prima al figlio Andrea e poi a un comitato di garanti (su tutti proprio Gian Marco e Letizia Moratti). “SanPa” si sostiene con le donazioni e ospita 1542 ragazzi.

La serie

La serie “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano” è disponibile su Netflix già dal 30 dicembre ed è stata ideata da Gianluca Neri. Cinque episodi (“Nascita”, “Crescita”, “Fama”, “Declino” e “Caduta”) per un totale di 301’ che contengono le tappe di una storia che continua ancora oggi a fare discutere. La critica ha promosso l’“operazione mediatica”, ma non sono mancate le reazioni.

Polemiche e accuse

Secondo chi non ha gradito la docuserie, il racconto basato sulla storia della comunità di “San Patrignano” non è riuscito a rispettare il “paletto” che si era imposto: sospendere il giudizio morale e limitarsi a raccontare la storia. Tra i commenti  c’è stato quello di Piero Villaggio, figlio di Paolo nonché ospite per qualche tempo della comunità gestita da Muccioli. Secondo il figlio del compianto attore ligure, la produzione ha scelto di raccontare in particolar modo la cupezza di quel luogo perché il pubblico preferirebbe la violenza alle storie belle. Lo stesso Piero Villaggio ha anche descritto Muccioli come un uomo dotato di grande carisma e sensibilità, svelando allo stesso tempo che le violenze e le ingiustizie c’erano, ma non solo quelle. La verità, stando alle testimonianze, sta nel mezzo. Proprio come la storia di San Patrignano sta nel mezzo di un’epoca di transizione dell’Italia post boom economico.

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