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Ospitò Enea in fuga da Troia, torna alla luce città sepolta nel Salento

Fu edificata a Castro, nel Salento, 2400 anni fa per essere dedicata al culto di Minerva, la dea delle virtù eroiche e della saggezza, e, secondo una tesi ormai ampiamente accreditata nella comunità scientifica, fu il punto di approdo di Enea in fuga da Troia in fiamme. Ora, lentamente, sta tornado alla luce grazie al lavoro degli archeologi. L’ultimo ritrovamento, in ordine di tempo, è il muro megalitico di difesa dell’antico insediamento messapico risalente al IV secolo avanti Cristo. Una possente cintura, fatta con grossi blocchi squadrati di calcarenite, cingeva l’intera città sorta su un crinale roccioso che digrada sul mare, quindi, esposta alle minacce di scorribande.

«Il viaggio mitologico dell’eroe troiano narrato da Virgilio nel Libro Terzo dell’Eneide si concluse su queste rive» spiega all’AGI l’archeologo Francesco D’Andria, professore emerito dell’Università del Salento e socio dell’Accademia dei Lincei, che ha diretto gli scavi fino alla chiusura forzata del cantiere.

Gli studiosi hanno dovuto smobilitare perchè sono finiti i fondi messi a disposizione da Francesco De Sio Lazzari, figlio del celebre geologo e umanista Antonio Lazzari, originario del luogo. Finora sono mancati i finanziamenti pubblici attraverso i quali si sarebbe potuto svelare il cuore pulsante della città sacra, il tempio di Minerva che gli archeologi ritengono di avere individuato attraverso le indagini geofisiche. Eppure, per dare la giusta rilevanza alle scoperte, il progetto «Rotta di Enea», promosso dall’omonima associazione, era stato inserito nel programma degli itinerari culturali lanciato dal Consiglio d’Europa nel 1987.

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