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Parla la scrittrice Gabriella Genisi: "La mia Lolita Lobosco, femmina e tostissima"

Un debito preciso nei confronti di Camilleri, un legame amoroso coi propri luoghi

"Lolita è nata per colmare una lacuna narrativa". Gabriella Genisi, barese, classe '65

Rossetto, tacco 12, bellezza prorompente e, soprattutto, un gran fiuto per le indagini. È Lolila Lobosco, la protagonista della nuova fiction in arrivo domenica 21 su Rai1. Liberamente tratta dai libri della scrittrice pugliese Gabriella Genisi (editi da Sonzogno e Marsilio) la prima stagione de “Le indagini di Lolita Lobosco” è composta da quattro puntate in prima serata, dirette da Luca Miniero (“Benvenuti al Sud”), interpretata da Luisa Ranieri (“Napoli velata”, “Luisa Spagnoli”) affiancata da Filippo Scicchitano, Paolo Briguglia e Lunetta Savino fra le vie di Bari, prodotta da Bibi Tv e Zocotoco.

Lolita Lobosco è protagonista di otto romanzi che si muovono sul filo fra commedia e giallo, ed «è nata per colmare una lacuna narrativa», afferma l’autrice (barese, classe ‘65) che è sbarcata in libreria nel 2010 proprio con “La circonferenza delle arance” (il primo episodio in onda domenica), dopo l’esordio con “Come quando fuori piove” e “Fino a quando le stelle” (entrambi del 2006, editi da Manni editore). «Ho consacrato la mia vita alla scrittura ma la passione per la cucina l’ho trasmessa anche a Lolita», dice, e difatti in ogni romanzo della serie ci sono le sue ricette.

Non possiamo sfuggire alla domanda di rito: cosa si prova a pochi giorni dalla messa in onda?
«Onestamente? Mi sento un po’ nel pallone. La prima volta che ho immaginato la mia Lolita correva l’anno 2006 e sognavo di vederla approdare in tv, proprio su Rai Uno. Sembrava un’utopia, invece…».

Com’è nata Lolita?
«Come un atto di libertà. Il successo del personaggio di Montalbano evidenziava l’assenza di personaggi femminili apicali in polizia. Le donne in divisa c’erano in pagina ma si fermavano al ruolo di ispettrici. Dal 2010 in poi, per fortuna, ne sono arrivate tante altre».

Domanda cruciale per i suoi lettori: la fiction si attiene alla pagina?
«Molto. Si discosta soltanto per un aspetto: nei miei libri il padre di Lolita è un carabiniere ucciso in servizio, invece sullo schermo sarà un contrabbandiere. Un cambiamento che aprirà nuovi scenari narrativi».

Lolita irrompe con il suo intuito e tutta la sua femminilità. Una scelta voluta?
«Non volevo un personaggio da film americano con i tacchi bassi e lo sguardo smunto. Volevo tratteggiare una donna forte e genuina del Sud che non fosse costretta a nascondere la sua femminilità».

Perché?
«Nel corso degli anni è passato il messaggio che una donna bella non potesse arrivare a ruoli di responsabilità senza cedere a compromessi. Lolita è nata con il preciso intento di ribaltare tutti i pregiudizi e credo d’esserci riuscita».

Cosa l’ha ispirata?
«La prima scintilla è stata la lettura del Commissario Montalbano. La seconda è una poliziotta in carne ed ossa, si chiama Letizia La Selva e oggi è un questore che dirige la polizia ferroviaria in Marche, Umbria e Abruzzo. Una donna tostissima che non rinuncia alla sua femminilità. Ecco, parafrasando, è diventata Lolita Lobosco».

Torniamo a Montalbano. Un omaggio?
«Assolutamente. Non leggevo gialli italiani, ho cominciato proprio con Camilleri ed è stato subito un colpo di fulmine, mescolando l’indagine, la commedia, i temi sociali e il territorio. Sono certa che se non avessi letto Montalbano, Lolita non sarebbe mai nata, del resto credo che i personaggi letterari, una volta giunti in pagina, appartengano ai lettori e bisogna averne cura».

Il turismo letterario è sempre più importante. Quant’è significativo questo legame per lei?
«Fondamentale. Le storie di Lolita nascono sul territorio e la medesima cosa vale anche per l’altra serie con protagonista Chicca Lopez (il 2 marzo uscirà il secondo libro, “La regola di Santa Croce”, Rizzoli) ambientata nel Salento. C’è una geografia del giallo, ricca di personaggi e interpreti che affascinano i lettori e ci invitano a riscoprire l’Italia e gli esempi sono moltissimi. Il territorio ha una sua impronta e racconta la provincia nelle sue inimitabili peculiarità».

Quando la serie arriva in tv, cosa cambia per uno scrittore?
«Non guardo la tv dal 2004, non ho mai visto una serie. Ma una cosa è certa, Luisa Ranieri ha una resa perfetta, si è calata alla perfezione nel ruolo e lo ha fatto suo. Sono stata più volte sul set, ne abbiamo parlato con lei e gli sceneggiatori, è stata un’esperienza davvero emozionante».

D’accordo, ma domenica accenderà la tv?
«Certamente! Non vedo l’ora».

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