Una vera e propria Bibbia di quel cinema impegnato che ha visto protagonisti gli artigiani dell’informazione e della comunicazione, non poteva mancare al Tao Fest, che ogni anno richiama giornalisti da ogni parte d’Italia e del mondo. E l’opera “Cinema#Giornalismo” di Ivan Scinardo, direttore della Sede Sicilia del Centro Sperimentale di Cinematografia, è proprio questo. Un testo che ha quasi del sacro per ciò che l’ha ispirato, colmando una sicura lacuna nell’informazione. Perché se il cinema ha una sua memoria lo deve a coloro che ogni giorno lavorano con devozione sulla notizia, consentendone la diffusione. Ieri nella Casa del Cinema di Taormina la presentazione del testo di Scinardo, con un gruppo di relatori doc, in linea con la complessità dei contenuti e nel rispetto del lungo lavoro euristico alla base. Hanno affiancato l’autore, i direttori artistici del festival Francesco Alò, Federico Pontiggia e Alessandra De Luca, Laura Delli Colli (Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani) e Flavio Natalia (Responsabile news spettacoli Sky Tg24). Un libro dai grandi numeri - pubblicato da 40due edizioni, con la prefazione di Pietrangelo Buttafuoco - frutto di oltre 3 anni di lavoro (tra ricerche, raccolta dati, osservazione, visioni di film e incontri con i giornalisti), con oltre 250 titoli cinematografici al suo interno, e il racconto di un secolo di storia, quella che ha visto protagonisti giornalisti, editori, comunicatori di ogni genere. Più di 800 infatti i nomi racchiusi nelle sue pagine, tra registi, attori, sceneggiatori e giornalisti. «Il libro nasce dai seminari sul tema realizzati con l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia – ha detto Scinardo – e vuole raccontare un secolo di storia attraverso schede che inducono a rivedere determinati film su questa professione, diventando una bussola per conoscere i giornalisti nel cinema». Titolo emblematico di questo binomio, per l’autore, “Il muro di gomma” (Marco Risi), nei frame della deposizione di Ivo Garrani e della dettatura dell’articolo sul processo al dimafono. Grande nostalgia di un lavoro artigianale, in un’epoca di scrittura su piattaforma.