«Mi piace pensare che ciascuno dei ragazzi che partecipa ai laboratori di mandala abbia riversato dentro quel cerchio i sogni e i desideri, oltre alle emozioni provate durante il disegno e la colorazione dei mandala stessi e che i sogni e i desideri siano stati il sostegno principale al percorso di conoscenza e di crescita che ciascuno di essi affronta ogni giorno». Così scrive Gaspare Urso, giornalista siracusano, in “Il mandala nell’universo bambino” (Hermes) scritto assieme a Daniela Respini, psicologa e psicoterapeuta, anche lei siracusana. Nella prima parte del volume la Respini spiega la bellezza del mandala, a cominciare dalla potenza dei simboli. Il termine stesso simbolo, che ha la sua etimologia nel greco sym ballein, rimanda a qualcosa che si lancia oltre per mettere insieme, insomma un ponte che unisce mettendo in relazione mondi diversi. Naturalmente è solo l’essere umano che ha sentito da sempre la necessità di dare vita a un sistema simbolico che la sua capacità interpretativa ha reso, nelle culture di tutti i tempi, costantemente più complesso. La Respini, che nella sua esperienza professionale ha utilizzato la tecnica del mandala per uso terapeutico in ambito clinico, con persone affette da malattia oncologica, e da più di vent’anni conduce laboratori psicoeducazionali sull’intelligenza emotiva rivolti a bambini, adolescenti e adulti, inizia dal cerchio nell’universo, la forma ancestrale legata a tante declinazioni. I mandala, propri della meditazione nelle culture d’Oriente, sono «disegni concentrici simmetricamente perfetti, rappresentano diversi aspetti della vita materiale e spirituale. Il cerchio, segno universale, presente da sempre in tutte le culture, è un simbolo che costituisce il punto di partenza della crescita spirituale dell’uomo; è una forma ricorrente anche nella natura: nel sole, nella luna, negli alberi, nei frutti, nei fiori, nello spazio». E il termine “mandala”, dall’antico sanscrito, significa proprio “cerchio” e dunque rimanda all’essenza dell’esistenza da cogliere, appunto, in un movimento circolare. Ma la novità del volume e il nuovo viaggio intorno ai mandala consistono nel fatto che questa volta i protagonisti sono i bambini. Ed è lo scambio relazionale alla base dell’esperienza laboratoriale nell’ambito del gruppo di bambini per i quali l’attività ripetitiva della colorazione dei mandala come atto meditativo (si sperimenta il silenzio come momento creativo) funziona come un potente stimolatore di energie, favorendo il potenziamento di processi cognitivi quali l’attenzione, la memoria, l’ascolto, il ragionamento, la creatività, l’immaginazione, l’orientamento spazio-temporale. Obiettivo primario nella tecnica della colorazione del mandala è poi aiutare il bambino a entrare in contatto con le proprie emozioni, aiutandolo a gestire l’ansia e l’angoscia generate da situazioni di crisi e guidandolo a sviluppare e potenziare la propria resilienza. Così come mostrano le interviste, in calce al volume, di Gaspare Urso a ragazzi che attraverso i mandala del laboratorio di Daniela Respini hanno affrontato situazioni di crisi, tra le quali l’abbandono, la poca stima di sé, il bullismo. Basta poco per allestire un laboratorio: tutto ciò che occorre è un album da disegno, un compasso, una matita, una gomma e una scatola di colori a matita. Ma possono essere anche utili mandala precostituiti a tema, come quelli da colorare che, assieme ad altre immagini, arricchiscono il volume. E da lì si parte, destinazione universo.