Domenica 22 Dicembre 2024

Criaco l'anti-stereotipo, ecco le "anime belle" di Calabria

Gioacchino Criaco

«Dalle Anime nere sono passato alle anime belle». La strategia per ingannare il sistema, che chiedeva solo storie di ‘ndrangheta, Gioacchino Criaco l'ha scovata tra le pieghe di un mercato editoriale “dopato” dalla micidiale equazione “Calabria uguale criminalità”. Come? Propinando “pagine nobili” dietro storie di ignobili. «Vogliono solo cronaca nera? Diamogli allora il mondo criminale ma descriviamo anche la gente che l'ha combattuto duramente… a volte abbiamo raccontato un po' di frottole per poter dire la verità». Che non è solo “l'epopea dei vinti” ma il coraggio di donne e uomini contro la violenza, il sangue, il sopruso. Alla masterclass tenuta ieri a Catanzaro per il Magna Graecia Film Festival di Gianvito Casadonte, lo scrittore di Africo reso famoso dal romanzo “Anime nere” ha sferrato un attacco, severo e argomentato, agli stereotipi sulla Calabria duri a morire. Ma anche, e soprattutto, agli «intellettuali di regime a cui la politica ha garantito cattedre universitarie» e immeritato prestigio. A quell'intellighenzia paludata e diffusa che a suo tempo «non ha accolto bene il libro», corroborata perfino da «prefetti, questori e magistrati» che avrebbero dovuto invece contrastare con ogni mezzo il malaffare. Intervistato dalla giornalista Maria Rita Galati, lo scrittore ha parlato fuori dai denti di attacchi e agguati riservati alla sua opera di denuncia, fino a quando non ha incontrato il regista Francesco Munzi che ha trasformato “Anime nere” in un pluripremiato cult movie. Una collaborazione «che non si è mai interrotta» e che consegna al Magna Graecia Film Festival un esempio eclatante di come cinema e scrittura possano interagire diventando un unico potentissimo “influencer” e, di fatto, un impareggiabile strumento educativo per il quale «c'è anche uno spazio grande di mercato». Dissipando ogni possibile dubbio sul suo impegno etico, lo scrittore ha ricordato come a suo tempo insieme all'editore Rubbettino avesse deciso di bloccare la pubblicazione di “Anime nere” dopo la strage di Duisburg, nonostante il libro fosse stato scritto prima, tenendolo fermo un anno (è uscito nel 2008) per evitare equivoci o accuse di speculazione narrativa su una vicenda devastante. Poi è arrivato il romanzo “Zefira” e Criaco è andato oltre, raccontando il contesto delle anime dannate, i gruppi di potere “pupari” della criminalità mafiosa. E ancora, l'ultimo libro della trilogia, “American Taste”, dove si squarcia il velo sul crimine che viaggia a livello globale. Spazio e risalto anche alle donne che dicono no a chi deturpa la Calabria. Criaco cita l'esempio delle ragazze che hanno lottato senza tregua contro la centrale a carbone di Saline, protagoniste della «più grande battaglia ambientale del Sud Italia». Ma è il ruolo dell'intellettuale lo snodo cruciale su cui Criaco innesta la sua masterclass. La missione dell'artista contemporaneo che, erede della grande tradizione epica calabrese iniziata con la “canzone d'Aspromonte”, storico archetipo del poema cavalleresco, consiste nel portare luce negli angoli bui. Dissipare le tenebre. Perché se è vero che i calabresi «vogliono essere parlati», devono anche loro cominciare a parlare. A partire dagli scrittori. Il che vuol dire assumersi delle responsabilità, come sta facendo «tutta una nuova generazione di autori» che dopo un lungo, oscuro silenzio creativo, rendono finalmente onore ai padri nobili Corrado Alvaro e Saverio Strati. Perché, viene da dire chiosando lo stesso Criaco, se «passiamo una parte della vita a disperdere ogni cosa», dobbiamo tentare «nell'altra parte, di rimettere tutto a posto».

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