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Magna Graecia Film Festival: Marco Risi e quel padre “ingombrante” ma amato

Masterclass a lui dedicata dal Magna Graecia Film Festival di Catanzaro. Il regista stuzzicato dal moderatore Fabrizio Corallo si racconta saltabeccando da un episodio all’altro, intrecciando riferimenti ai suoi film con citazioni di quelli paterni

Tutto nasce dal conflitto con il padre che, non potendolo uccidere, uno cerca di superare…». Ironico, sornione, problematico, il regista Marco Risi mette in scena, nella masterclass a lui dedicata dal Magna Graecia Film Festival di Catanzaro, la condizione non facile del figlio che, scelta per passione la stessa “strada” del padre famoso, sfida se stesso a superarne la bravura, con tutte le ansie che il confronto, inevitabile, comporta. Al punto da esorcizzare tensioni e ossessioni in un libro, dal titolo “Forte respiro rapido. La mia vita con Dino Risi”, edito da Mondadori, che testimonia orgoglio, ricerca d’identità, omaggio filiale. “L’unico giudizio che mi interessava era quello di mio padre”, confessa il Maestro, ricordando come dopo il suo memorabile film “Mery per sempre” del 1989, la stima del padre nei suoi confronti fosse notevolmente cresciuta.

Sceneggiatore e produttore oltre che regista, Marco Risi stuzzicato dal moderatore Fabrizio Corallo si racconta saltabeccando da un episodio all’altro, intrecciando riferimenti ai suoi film con citazioni di quelli paterni. Entrambi hanno rappresentato i “difetti del Paese”, il suo degrado etico e culturale: il padre portando ai massimi livelli le potenzialità della commedia all’italiana, il figlio affondando le mani nella drammaticità della cronaca con opere di denuncia come “Il muro di gomma” sulla strage di Ustica e il più recente “Fortapàsc” sul giornalista Giancarlo Siani ucciso dalla camorra. Due grandi esempi di cinema d’inchiesta, il primo realizzato attraverso un lavoro investigativo che inchioda vertici e gruppi di potere; il secondo, interpretato dell'attore Libero De Rienzo recentemente scomparso, incentrato sulla breve esistenza e tragica fine di un coraggioso cronista che osa far luce su boss camorristi e politici collusi. Un film, rivela Risi, che inizialmente ha avuto difficoltà ad imporsi per la quasi contemporaneità con “Gomorra”.

Il regista non si risparmia nel raccontare aneddoti, come l’incontro con Maradona a cui ha dedicato il film “La mano de Dios”, mai uscito in Argentina. O il ricorso a una maga per capire per quale sortilegio non avesse successo “L’ultimo Capodanno” del 1998, tratto da un racconto di Niccolò Ammaniti. Poi un ritratto inedito di Vittorio Gassman, di cui disvela fragilità e timidezze. E una vena di “neo realistica” amarezza, quando al giovane aspirante sceneggiatore che dal pubblico gli chiede come possa riuscire a farsi leggere da un grande regista, Risi risponde: «Devi essere più sfacciato».

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