Lunedì 23 Dicembre 2024

Noi, diversamente solitari. Kazuo Ishiguro ospite eccellente a Pordenonelegge

Kazuo Ishiguro

Sperare nella forza dell’amore è la lezione gentile impartita da un androide in “Klara e il Sole” (Einaudi, nella traduzione di Susanna Basso), il bel romanzo di Kazuo Ishiguro, Nobel per la letteratura nel 2017, nato a Nagasaki ma residente a Londra sin da bambino, ospite eccellente della ventiduesima edizione di Pordenonelegge – che si è chiusa ieri sera con un ottimo bilancio in termini di presenze (più di 25mila sui 30 posti disponibili) ma soprattutto di energie e vitalità – in collegamento da remoto con lo scrittore Marco Balzano e con il pubblico. Ishiguro, che si sente sempre un alleato di chi narra storie, in qualunque modo avvenga, ha riflettuto molto nel periodo della pandemia sul ruolo della letteratura, dell’arte. «Da una parte mi sono sentito incoraggiato nel mio lavoro, perché ho visto quanto fosse importante per le persone scambiarsi storie, poter leggere, vedere un film. D’altra parte, la mia impressione è che la voce di noi artisti rispetto a quella dei politici, degli scienziati, sia stata sentita molto meno, e questo ha scatenato in me dubbi sul ruolo stesso dell’arte e della letteratura in momenti come questi. E di riflessione sul fatto che essa, svolgendo un controllo emozionale dei lettori, debba evitare il pericolo di un’interpretazione soggettiva della realtà, causa questa di tante opinioni individuali che diventano “verità”, come, oggi, i presunti complotti legati alle elezioni americane, alla pandemia e ora ai vaccini. Mi sono chiesto se ciò che ho fatto con la mia arte abbia, seppur in minima parte, contribuito a rafforzare nelle persone l’idea che ciò in cui credono abbastanza fortemente abbia il diritto ad essere considerata come una verità. Dobbiamo trovare un modo onesto, più puro, di comunicare». Proprio come quello di Klara, la voce narrante del romanzo, una AA, un’Amica Artificiale, che funziona a energia solare, programmata per tenere compagnia agli adolescenti, troppo spesso soli in un mondo dove il sistema educativo avviene attraverso un “oblungo”, un sistema digitale di connessione a distanza con gli educatori. Klara ha l’aspetto di ragazzina, non molto alta, un caschetto di capelli neri e lisci (fa pensare alle bambole kokeshi tipiche dell’artigianato giapponese) e occhi vivaci con i quali dalla vetrina di un negozio di New York «stima» il mondo di fuori, i colori, i vestiti, le espressioni facciali, i comportamenti. Un giorno, scelta da Josie, una quattordicenne “potenziata” attraverso l’editing genico per essere indirizzata a studi di alto livello e al successo, Klara va a vivere nella casa della ragazza con la madre Chrissie e la domestica Melania. Veloce nell’apprendere, Klara trae lezioni utili da tutto: il suo è uno sguardo attento anche perché il fatto di frazionare persone e cose in riquadri e segmenti le consente di percepire le emozioni e i sentimenti degli esseri umani. Così, avverte la superficialità degli amici “potenziati” di Josie e delle loro madri, e intuisce la forza del sentimento tra Josie e Rick, suo coetaneo e vicino di casa, talentuoso e sensibile ma non “potenziato”, tanto da arrivare a chiedere in forma di purissima preghiera (Ishiguro non fa riferimento a nessuna religione ma le suggestioni shintoiste sono evidenti) al Sole, un ente buono cui ci si può rivolgere con speranza, di custodire quell’amore, nonostante la malattia di Klara (l’intervento di “potenziamento” non è esente da rischi) e gli inevitabili cambiamenti che la vita stessa comporta. Nato come un racconto breve illustrato che doveva essere rivolto all’infanzia (ma lo scrittore venne distolto da questo progetto dalla figlia Naomi, pure lei scrittrice, in quanto non adatto a bambini), è diventato una storia che sembra uscire dritta dai problemi di solitudine che per la pandemia hanno schiacciato soprattutto gli adolescenti. «Ma il romanzo era finito ancor prima di sentir parlare della pandemia – ha ricordato Ishiguro – c’è però una sorta di eco tra il mondo che io ho creato e il mondo che abbiamo vissuto. Per quanto riguarda la voce narrante, non avevo pensato assolutamente a personaggi come Hal di “2001: Odissea nello spazio” o come lo Schwarzenegger di Terminator, ma piuttosto a qualcosa come una bambolina, un animaletto di peluche. Mi interessano le intelligenze artificiali e l’editing genico, vado a conferenze, mi confronto con i massimi esperti in questo settore, perciò in questo periodo non vedo una grandissima differenza tra quello che ci circonda e quello che cerco di illustrare, forse in una versione un po’ distorta del nostro mondo di oggi ma non poi lontanissima. Mentre scrivevo, tuttavia, al contrario di “Non lasciarmi”, pubblicato 16 anni fa, avevo la consapevolezza di non scrivere qualcosa che andava nella direzione della fantascienza...». E, infatti, non ci sono aspetti magici nel racconto, né distopie (queste “distopie”, peraltro, ovvero la realizzazione di androidi e l’ “editing genico”, sono già tra noi), si sta in un mondo senza prima né poi, in un futuro incombente. E sulla solitudine, che ha definito il centro del romanzo, l’autore ha citato come «metafora perfetta» la... finale dell’Europeo tra Italia ed Inghilterra: «Per tutta la durata della partita non abbiamo visto degli individui, ma due squadre, ognuna supportata da milioni di tifosi. Ma quando è arrivato il momento dei calci di rigore, credo che chiunque abbia percepito la solitudine di ogni singolo giocatore di fronte al dischetto. E in un secondo quelle enormi collettività si sono sgretolate, tornando ad essere tante individualità...». «Scrivendo “Klara e il Sole” non volevo mettere in guardia dai pericoli che possono derivare da un mondo sempre più scientifico, come di solito avviene nella fantascienza: volevo vedere, invece, il nostro mondo con gli occhi dell’intelligenza artificiale e con questa prospettiva diversa porre le domande di sempre: cosa significa una famiglia, qual è lo scopo della nostra vita, cosa è veramente dire “ti amo” a qualcuno, cosa significa anima nel nostro mondo di oggi. Sono cose ancora possibili in un mondo in cui invece di sentirci e considerarci assolutamente unici e irripetibili come individui ci troviamo ad essere scomposti in algoritmi e in pattern comportamentali? Ci siamo persi qualcosa in questo tipo di sviluppo? È possibile continuare a dire, quando una persona cara viene a mancare, che con lei se ne è andata una parte fondamentale di noi, di non sostituibile? O subentra qualcosa che ha le stesse sembianze, gli stessi comportamenti e dovrebbe teoricamente sostituirla?». Una storia di limpido lirismo “Klara e il Sole”, che mentre invita alla speranza pone interrogativi etici, filosofici, esistenziali: e se Ishiguro afferma che il tema principale è la solitudine di fondo che ci riguarda come esseri umani e che pure ci rende meravigliosi, tanti sono i temi profondi sottesi nella scelta di narrare il “quotidiano”, tante le sfumature, con quel senso di inafferrabilità, di sospensione proprio della sua cifra narrativa.

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