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Dalla scuola alla scuola, il viaggio di Lucia Azzolina. Oggi la presentazione del libro a Messina

Una siciliana al ministero durante il primo, terribile anno di pandemia: un'esperienza difficile, cruciale, esaltante

"La scuola è il luogo in cui tutto può cambiare e ogni cosa diventa possibile". Lucia Azzolina
"La scuola è il luogo in cui tutto può cambiare e ogni cosa diventa possibile". Lucia Azzolina

Il rossetto rosso come un vessillo di libertà, da indossare nell’impegno della vita professionale, politica e sociale. E del suo impegno e del valore primario dato alla scuola, il suo «ascensore sociale», parla Lucia Azzolina, che sarà oggi a Messina per presentare il suo libro, appena uscito, “La vita insegna. Dalla Sicilia al ministero il viaggio di una donna che alla scuola deve tutto” (Baldini+Castoldi), un racconto-confessione con la preziosa prefazione di Liliana Segre.

«Mi sono accorta che parlare di scuola in realtà era parlare anche un po’ di me, perché scuola è prima di tutto il modo in cui ho scelto di vivere, un luogo magico, dove tutto si può cambiare e ogni cosa diventa possibile». Ci crede sin da bambina Lucia Azzolina – nata a Siracusa, cresciuta a Floridia, studentessa di filosofia a Catania – ecco perché tra le sue priorità ci sono primato della cultura, istruzione, merito e solidarietà, diritti civili, pari opportunità, inclusione, giovani. Mai “zitta e buona”, la studentessa (studi liceali e due lauree), la giovane insegnante e poi l’onorevole, pure quando nel suo anno da ministra dell’istruzione, campo assai delicato e minato, nel tempo più terribile della pandemia, ha anche sofferto la solitudine di fronte a scelte di grandissima responsabilità.

Onorevole Azzolina, storia personale e vicenda politica s’intrecciano nel suo libro. Perché lo ha scritto?
«Il libro nasce per raccontare il primo anno di pandemia, che ha messo a nudo le debolezze del nostro sistema scolastico e mostrato la follia dei tagli che per anni sono stati fatti. Fino a poco tempo fa la scuola era usata dalla politica come un bancomat. Sotto il mio mandato da ministra è finalmente tornata al centro del dibattito e soprattutto grazie alle famiglie e lì deve restare. C’è anche la parte biografica, perché parlare della mia infanzia è parlare di come la scuola possa essere un ascensore sociale. Una condizione umile di partenza non mi ha impedito di costruirmi un futuro».

In questo libro c’è parte del suo vissuto ma c’è anche un’idea di futuro. Quale?
«Ci sono tante cose da fare per avere scuole migliori di prima: più asili, più digitale in classe, formazione, selezione meritocratica dei docenti, potenziamento degli Its e poi edilizia. Con il PNRR che ho avuto l’onore di scrivere sarà sicuramente possibile una svolta. Ma la vera ricetta è soprattutto una: studenti al centro e la politica deve definitivamente convincersi che la scuola è la priorità per il Paese perché insegna la convivenza civile, l’inclusione, il rispetto delle regole».

Essere ministra di un ministero così importante cosa è stato per lei? E cosa si rimprovera, semmai?
«Nel libro racconto un aneddoto. L’ex ministro Berlinguer, uno dei più amati e competenti degli ultimi trent’anni, mi venne a trovare e mi disse “Vada avanti che sta facendo bene, non si curi delle critiche. In questo Paese non piacciono i ministri dell’istruzione, soprattutto quando sanno di scuola e quando sono in carica”. Diciamo poi che la pandemia ha travolto tutto e ha fatto perdere un po’ di equilibrio anche nei giudizi. Per me comunque è stato un grande onore poter dare il mio contributo. Sono abituata a guardare sempre avanti. Gli errori li ho fatti, continuerò a farli, sono però orgogliosa di aver lottato con tutte le mie forze nell’esclusivo interesse dei ragazzi e delle ragazze. E questo mi ha fatto perdere delle battaglie, forse mi ha fatto perdere consenso, ma mi permette oggi di guardarmi allo specchio. Tante altre battaglie comunque le abbiamo vinte insieme».

Donna, giovane e bella, lei è stata bersaglio di insulti sessisti, purtroppo veicolati dai social. Questo dimostra quanta strada c’è ancora da fare oggi, nel nostro Paese, per le donne e per tutti coloro che si trovano in una posizione di “minorità”...
«Ho subito attacchi sin dal principio solo per il colore del mio rossetto e da quel giorno ho deciso di non toglierlo più. C’è una proposta di legge a cui ho lavorato sull’educazione all’affettività nelle scuole, ma le leggi da sole non bastano, serve un rinnovamento culturale che parta proprio dalla scuola. E poi c’è solo una cosa da fare di fronte a un insulto e a un’aggressione: denunciare. Ricordo ancora quando tantissime docenti hanno fatto partire una campagna mettendo tutte il rossetto rosso per difendermi ed è stato sicuramente un bel segnale per il Paese».

Nel suo racconto “si toglie qualche sassolino dalla scarpa” e non risparmia accuse ora verso i politici stessi ora verso le fake news e i mass media.
«Parlo di un clima avvelenato nel Paese perché per un anno la scuola è stata usata da una certa parte politica come arma elettorale. Ho visto politici fare propaganda fregandosene delle conseguenze per i ragazzi. I media poi sono andati in tilt, si sono prestati all’allarmismo, sempre alla ricerca di un like in più. Un mix esplosivo che ha aumentato la sofferenza e l’ansia della gente. Per questo ho deciso di scriverne».

Ius culturae, lotta per l’inclusione, lotta al bullismo e al cyberbullismo, media education sono le priorità del suo nutrito programma.
«Nonostante l’agenda sia stata stravolta completamente a causa della pandemia sono riuscita a far inserire la media education tra i filoni dell’insegnamento dell’educazione civica. Un risultato importante: la consapevolezza nell’uso degli strumenti digitali è la vera arma contro il cyberbullismo, ma la strada è ancora lunga».

Però la scuola è l’istituzione che in questi due anni infernali ha retto di più.
«Mi fa piacere che lo dica. La scuola ha reagito, i dirigenti scolastici si sono presi enormi responsabilità, i docenti si sono reinventati, gli studenti hanno mostrato maturità, il personale Ata ha fatto tantissimo e le famiglie sono sempre state presenti. Spesso, però, il racconto è stato quello di una scuola chiusa, in difficoltà. Eppure, nell’anno scolastico 2021-2021, secondo i numeri dell’Unesco, l’Italia è riuscita a tenere aperte le scuole più della media europea, con un occhio di riguardo per i più piccolini e questo nonostante i tagli devastanti degli anni precedenti».

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