La Giornata della Memoria, oltre che riacutizzare sdegno e dolore per l’orrore dell’Olocausto è un’occasione per riflettere su vecchi e nuovi antisemitismi. Vogliamo farlo con lo studioso siciliano Massimo Longo Adorno, che non è ebreo né di religione ebraica, ma è uno storico di studi politici e militari che ha svolto attività di ricerca presso la cattedra di Storia contemporanea della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Messina, che attualmente insegna all’università tedesca di Kiel e che, nell’ambito dei suoi studi di storia europea del Novecento, si è occupato in particolare, di ebraismo. Il suo interesse scientifico ed etico è anche dettato da ragioni familiari, il nonno infatti, Tommaso Longo Adorno, ha sostenuto il movimento sionista revisionista, nella fazione di destra di V. Jabotinsky, che accompagnò la nascita dello Stato di Israele del ’48, dopo un lungo processo identitario nato alla fine dell’800 che precede la Shoah, ma che questa ha subito sicuramente un’accelerazione. L’antisemitismo ha avuto nel tempo facce e visioni ideologiche diverse, ma tutte convergenti verso l’eliminazione fisica, culturale e spirituale degli ebrei. Nel libro dedicato a M. Longo Adorno, firmato dal professore Luciano Armeli Iapichino, “L’uomo delle tartarughe”, si rimarca quanto lo Stato ebraico negli anni Trenta avesse due nemici: i nazisti tedeschi e i comunisti russi. I primi intenti a distruggere la fisicità degli ebrei, gli altri la spiritualità. Stalin sebben riconobbe lo stato di Israele , lo studioso ricorda, fu il primo dopo Hitler, a riprendere la persecuzioni degli ebrei nel ‘49. Professore, ci racconti meglio la genesi del suo interesse per il mondo ebraico... «Mio nonno, che era un ufficiale della milizia volontaria della sicurezza a Patti, sposò la causa di Israele, attraverso il movimento revisionista di Jabotinsky che si era formato intellettualmente in Italia, a questo venne concessa da Mussolini una base navale a Civitavecchia gestita da un ebreo amico di mio nonno. Dopo la morte del fondatore, a diventare leader del movimento fu Menachem Begin, futuro primo ministro d’Israele, stato in cui mio nonno si recò spesso e io almeno dieci volte; un Paese che sembra lontano e, che invece, è solo a tre ore di viaggio da Roma. Lì ho capito cosa significava stare in una terra in stato di assedio permanente e quanto gli ebrei avesse subito la tragedia della shoah: non si trovava una famiglia che non avesse avuto un parente morto!» Parliamo dell’Olocausto, del suo processo storico... «L’annientamento degli ebrei d’Europa nasce da un progetto che ha delle tappe precise. Nel Mein Kampf, Hitler dice che non vuole annientare gli ebrei ma che vuole una Germania libera da loro. Nel ’35 inizia una politica di discriminazione razziale e persecuzione, poi le incarcerazioni di massa, dunque le fucilazioni anomale perché non si trattava rappresaglie, in due giorni potevano persino essere fucilate 40 mila persone e anche i soldati più duri non potevano reggere psicologicamente, di fronte a scatole craniche che rimbalzavano sulla divisa o a bambini sepolti vivi che gridavano e che venivano coperti con sabbia e benzina. Si passò alla decisione di sterminare i soggetti fragili con handicap mentali e sottoporli a gas, la Action T4. La Chiesa si oppose e, allorquando, il cardinale di Munster pronunciò un’omelia di fuoco contro queste voci, la gente si sollevò e l’idea di sterminio si orientò verso luoghi più decentrati, dove, in modo indisturbato, potere gasare non già disabili, che pur sempre erano di razza “ariana”, ma ebrei. Furono costruiti campi nell’Est europeo in insediamenti boschivi, e siccome la Russia era territorio di operazione, allora si pensò alla Polonia. Fu impiegato lo stesso personale del T4, per lo sterminio degli ebrei polacchi, con l’operazione Reinhard dal nome dello spietato comandante Heydrich ucciso dai Boemi, operazione che porterà allo sterminio di 3 milioni di ebrei polacchi, in quattro campi, in uno dei quali utilizzavano i camion invece delle camere a gas. Venivano caricate 100 persone e uccise nel tragitto con il gas dei motori di sommergibili, arrivati nella foresta i corpi venivano bruciati su grandi pire». Lo sterminio fu totale? «Nei campi concepiti per lo sterminio sì, non si salvava nessuno, se non gli ebrei che servivano per compiti come lo scarico dei morti o le attività da barbiere, perché prima della camera a gas venivano tagliati i capelli e barba dei prigionieri, per fare scarpe imbottite per i soldati sul fronte russo e quelli dei sommergibili. Quando serviva più spazio per altri ebrei occidentali, si convertì il campo di Auschwitz che era campo degli oppositori politici, in lager; si creò Auschwitz due cioè Birkenau. Qua la sentenza di morte era inevitabile, al massimo rinviata di qualche mese». Il fenomeno dell’antisemitismo, mai sopito, quali nuovi rigurgiti presenta? «L’antisemitismo è oggi fomentato dal fondamentalismo e terrorismo di matrice islamica. Nell’Europa del secondo dopoguerra esistevano sacche di antisemitismo a destra come a sinistra, ma marginali, lo scoppio del conflitto arabo-israeliano con la sua componente musulmana diventata sempre più forte, dapprima ha dato energia all’antisemitismo di sinistra che esisteva già da Stalin e che, con la scelta pro arabi dell’Urss, divenne un mantra. Oggi con le migrazioni di grandi masse di musulmani in Europa, si è trasferito il pregiudizio da un posto ad un altro. Il nazismo è stato popolare in Asia e in Africa, i grandi rivali del nazismo erano gli imperi coloniali britannico e francese e, per il principio, “il nemico del mio nemico è il mio amico”, i movimenti arabi del mondo islamico furono attratti dai nazisti, non solo quello arabo-palestinese, ma altri complottarono con i tedeschi, come il Mufti di Gerusalemme (capo spirituale dei musulmani palestinesi) che diede a Hitler due divisioni di Waffen SS composte da musulmani bosniaci e insospettabili come Sadat, primo ministro egiziano, che era agente del servizio militare della Marina tedesca o Bourghiba, il presidente tunisino. Hitler stesso ha scritto che la più grande disgrazia dell’Europa fu la vittoria di Carlo Martello a Poitiers, perché, disse testualmente, “Se i musulmani avessero vinto, in Europa avremmo avuto una religione forte, guerriera come l’Islam e non questo fiacco figlio dell’ebraismo che è il cristianesimo”. D’altronde nella lista più popolare dei libri letti nei paesi arabi al primo posto c’è il Mein Kampf...».