Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Lombardi Satriani: antropologia, anzi letteratura

L’attenzione al folklore e ai saperi popolari come a una cultura di contestazione, l’impegno condiviso, lo sguardo appassionato e partecipe sul Meridione

Avevo quasi vent'anni, camminavo lungo i corridoi della Facoltà di Filosofia della “Sapienza” di Roma cercando nelle bacheche un programma d'esame che facesse al caso di uno studente sognatore e distratto. Nella bacheca di “Storia delle tradizioni popolari” vidi, tra i libri proposti, «Contenuti ambivalenti nel folklore calabrese: ribellione e accettazione nella realtà subalterna» (Peloritana, 1968) di Luigi Maria Lombardi Satriani. Arrivavo dalla Calabria dei paesi, avevo scelto gli studi di filosofia anche per fuggire da una terra che mi sembrava arretrata, e quel titolo funzionò come una sorta di richiamo. La lettura del libro fu folgorante, decisiva per le mie scelte future, per l'accostamento all'antropologia, per un ritorno al Sud. In quelle pagine Lombardi Satriani faceva dialogare la demo-antropologia italiana ed europea, rileggeva Gramsci e de Martino, si confrontava con gli antropologi americani che studiavano le comunità del Sud, elaborava una teoria del folklore che avrebbe fatto scuola.

Lo conobbi, assieme all'inseparabile Mariano Meligrana, nel luglio 1971 nei corridoi dell'Istituto Magistrale di Vibo Valentia dove ci incontrammo per caso. Fu l'inizio di un rapporto intellettuale, culturale, amicale che avrebbe segnato la mia vita. Nel 1974 mi ritrovai nella sua casa a Roma a rileggere - mentre il piccolo Alfonso si aggrappava al collo del padre - le ultime bozze di «Antropologia culturale e analisi delle culture subalterne», libro nel quale lo studioso di San Costantino rifletteva sul carattere sociale e storico delle culture locali, iniziando, da Sud, una riflessione e una produzione scientifica la cui portata sarebbe poi risultata europea.

In quel libro Luigi parlava di folklore, proponendo una sua posizione originale all'interno di un dibattito di altissimo livello. Della cultura folklorica analizzava i limiti e le contraddizioni, gli aspetti contestativi, la dignità culturale, in un periodo in cui l'attenzione era rivolta, anche da parte degli intellettuali di sinistra, essenzialmente alla classe operaia e quindi al Nord. Il Sud di cui si dibatteva al tempo era soprattutto una “questione” economica; Lombardi Satriani partecipava a questo dibattito ma lo ampliava, affrontando specificamente le dinamiche peculiari della cultura meridionale.

Di certo fu nuovo il suo modo di guardare al folklore come a una cultura di contestazione, ai saperi del popolo che per il solo fatto di esistere potevano essere letti come contestazione dei valori delle “classi egemoni”. Al contempo, e non contraddittoriamente, Lombardi Satriani rifletteva sulla potenziale funzione narcotizzante del folklore che, in determinate condizioni, sembrava favorire l'accettazione dei saperi dominanti. In anticipo sui tempi, lo studioso avvertiva il rischio che il folklore, mitizzato, non affrontato criticamente, divenisse terreno di incursione per neoromantici (coniò l'espressione «folkmarket») e oggetto di uno sterile rimpianto per un buon tempo antico mai esistito. Il dibattito attuale conferma la sua capacità di anticipare i tempi.

Il suo volume «Diritto egemone e diritto popolare» (1975), scritto assieme a Mariano Meligrana, che resta ancora un classico, ribadiva la necessità che il Sud venisse letto anche da Sud. Forse il suo libro più noto, anche questo scritto insieme a Mariano Meligrana, è «Il Ponte di San Giacomo», una lunga etnografia che in una vasta area del Meridione d'Italia ricostruisce e analizza i complessi cerimoniali legati alla morte, legge i riti del lutto, evidenziandone l'efficacia simbolica all'interno di un complesso sistema tradizionale di gestione del dolore. In queste pagine le ritualità e i saperi del folklore non appaiono più come mera superstizione, ma si mostrano invece nella loro forma di filosofia di vita, strumento culturale necessario per rimanere ancorati nel mondo quando un dolore rischia di sradicarci. La notizia che quel libro aveva vinto il Premio Viareggio, nel 1983, arrivò mentre ci aggiravamo smarriti e senza parole per la prematura morte di Mariano Meligrana.

Eterodosso di natura, sperimentò in seguito molti altri campi di ricerca come l'antropologia urbana, l'antropologia medica, ma ciclicamente tornava ai suoi temi consueti che gli consentivano di ripensare ancora, in un contesto culturale totalmente cambiato, il mondo folklorico. I suoi scritti e le sue lezioni magistrali sulla figura di Natuzza Evolo restano un esempio per chiunque si occupi di queste materie.

Non si nascondeva dietro ai suoi scritti e si metteva sempre in gioco: sosteneva, nell'ultima parte della sua vita, che l'antropologia è autobiografia, ma è anche letteratura, ed è poesia. Le sue opere restano tra le narrazioni più alte della letteratura meridionale, sia per la puntualità della ricerca sul campo, sia per la sua scrittura raffinata e poetica. Fu senatore della Repubblica nel 1996, ma probabilmente né lui, sempre libero ed eretico, né io comprendemmo la mutazione degli epigoni del Pci.

Luigi era sempre conviviale e aveva un eloquio elegante che affascinava gli ascoltatori, sia nei consessi pubblici, sia nelle riunioni private. La sua intelligenza brillante colpiva immediatamente, ma nel tempo se ne ammirava l'umorismo, l'ironia, il suo modo amichevole e inclusivo d'essere “aristocratico”, la gentilezza e il garbo, l'attenzione per gli altri, la dedizione all'amicizia.

L'ultima volta che l'ho visto pianificava il suo ritorno a San Costantino, luogo da cui non si è mai davvero allontanato. Per una di quelle coincidenze che hanno sempre un senso, la scomparsa di Luigi avviene in un periodo di crisi, di grande insicurezza collettiva, di pandemia, di guerra; avviene in un periodo in cui si presentifica la fine di quei nostri paesi amati, cercati, narrati. Non sarei fedele agli insegnamenti del maestro e all'amico se finissi questo ricordo con un tono pessimistico e non ricordassi invece le parole che lui riprendeva dall'universo contadino e dal cattolicesimo degli ultimi (era credente): speranza e amore.

Anche questo è stato ed è Lombardi Satriani. Anche per questo continua a restare vivo nella mia memoria, nelle mie riflessioni, nelle ricerche, nelle nostalgie e nei sentimenti dei giorni che verranno.

Caricamento commenti

Commenta la notizia