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Vanina Guarrasi torna a indagare. Il racconto di Cristina Cassar Scalia INTERVISTA

La sua Giovanna, “Vanina” Guarrasi, Cristina Cassar Scalia l’ha inventata e cresciuta con amore e dedizione materni. Sin da quando è nata dalla sua mente, già adulta, come Atena dalla testa di Zeus, e «in armi» – è il caso di dirlo – perché Vanina è la poliziotta che porta sempre con sé la pistola e sin da “Sabbia nera”, il primo giallo della serie ideata dalla scrittrice netina, è una presenza determinante, amatissima dai lettori.

Oggi la serie di romanzi è giunta a quota sei con “La carrozza della Santa” (Einaudi), ambientato nella Catania dei giorni di sant’Agata. Con un cadavere presentato senza indugio sin dalle prime pagine del libro, un omicidio che anche stavolta avviene in un luogo insolito. Addirittura nella carrozza del Senato che a Catania, dove la scrittrice e medico oftalmologo vive, «esce in rare occasioni e l’unica costante è proprio l’avvio della processione della Santa, una carrozza che non ha nulla di sacro né di religioso».
Ma il titolo gioca con l’effetto straniante e spettacolare del fatto criminoso, assicurando l’avvio nonché il successo delle indagini di Vanina. Che è attenta ai dettagli, intelligente, brava, pragmatica e con altre ottime doti, come ci dice l’autrice che, reduce dalla prima edizione del Festival del Giallo Napoli, ideato da Ciro Sabatino e il cui presidente è Maurizio de Giovanni, oggi pomeriggio presenterà il romanzo nell’ambito di Taobuk, dialogando con la scrittrice Costanza DiQuattro.

Cristina, Vanina piace moltissimo ai suoi lettori. Per cosa, in particolare?

«Non saprei ma posso azzardare. Innanzi tutto spero che piaccia perché piace a me o come sarebbe piaciuto a me leggere di un personaggio così. Ritengo che se un personaggio non piace a chi lo scrive non può sicuramente piacere a chi lo legge. Poi credo che piaccia anche perché non è una supereroina, e nonostante abbia la sua carriera di tutto rispetto, a lei l’etichetta di sbirra senza macchia e senza paura non sta bene. Piace il suo lato umano, è una donna con le sue debolezze e le sue fragilità più private che professionali, piace pure che in ambito professionale abbia rinunciato a tutta una carriera per amore della sua serenità personale».

Iniziamo da come e quando è nata...

«È nata nella mia immaginazione, con tutti i tasselli che volevo, costruita come sarebbe piaciuto a me leggerla come poliziotta di carta. Dopo i primi due libri, “La seconda estate” e “La stanza dello scirocco”, due libri già diversi tra loro e diversi dalla serie, avevo inventato una storia che doveva essere per forza un giallo. “Sabbia nera” infatti è il primo libro della serie di Vanina, con un cadavere trovato in un montacarichi. Quindi era necessario che ci fosse un investigatore, ma mi piaceva fosse un’investigatrice. Sono appassionata lettrice di gialli, classici per lo più, sin da ragazzina, ma non avevo un modello, tra l’altro io ne ho scritto per la prima volta nel 2016, tutti i romanzi di Vanina sono ambientati nel 2016 (ora siamo arrivati al 2017). E allora non c’erano tantissime poliziotte letterarie».

Vanina mantiene la freddezza necessaria di fronte alle situazioni, adora le sue Gauloises, gira con la pistola, ama i prodotti di rosticceria ma non cucina, è appassionata di vecchi film. Qualche altra caratteristica, magari fisica?

«Io Vanina non l’ho mai descritta fisicamente, apposta, perché mi piace che il lettore, la lettrice la immaginino come vogliono».

E come pensi che l’attesa del lettore possa immaginarla?

«Non ne ho idea, è una donna normale, sicuramente qualcuno la immaginerà con il cliché della siciliana, bruna, riccia, occhi scuri, benché ma in Sicilia c’è anche il tipo normanno. Sicuramente per come si racconta anche lei non resiste alle leccornie, ma non è sovrappeso e neppure magrissima, soprattutto rispetto all’ispettrice Marta Bonazzoli vegana e lei sì magrissima».

Da “Sabbia nera” a oggi com’è diventata o come è rimasta Vanina Guarrasi?

«Lei in realtà è una che ha un carattere ben definito, è sicuramente dal lato professionale è molto più ferma e sicura rispetto alla sua sfera privata, ma negli ultimi tre libri ha avuto un’evoluzione, che l’ha portata a rivedere alcune sue convinzioni anche se in modo ancora lento e non ben definito. I problemi di Vanina nascono sempre e tutti dalla morte di suo padre, ucciso dalla mafia, che incide su tutto il resto. Sta avendo un’evoluzione vediamo dove arriva».

In ogni suo libro c’è il ritrovamento di un cadavere in un posto insolito… spesso irriverente o in contrasto con la ”sacralità” della morte…

«La carrozza in realtà non ha niente di sacro, non si chiama la carrozza della Santa che con sant’Agata non c’entra nulla. E’ la carrozza del Senato, è una carrozza del comune di Catania che esce solo in determinate occasioni veramente rare, l’unica occasione costante è quando esce all’inizio della festa di Sant’Agata, ma non ha niente di sacro, di religioso. L’idea prima che mi viene in mente quando scrivo un romanzo è il luogo dove viene ritrovato il cadavere, e mi piace che venga ritrovato in posti insoliti, questo è veramente molto insolito, però è abbastanza spettacolare questo ritrovamento, e per questo mi piaceva perché a Vanina capitano sempre fatti strani o che partono strani, è la cifra del personaggio e del giallo».

Qual è la Sicilia di Vanina? Mi chiedo se da scrittrice ha, per così dire, giocato con qualche stereotipo…

«Io ho cercato di smontare gli stereotipi nel mio libro. Infatti, se riflettiamo, Vanina ama mangiare ma non sa cucinare, e fra i suoi amici nella sua sfera di amicizie chi sa cucinare è un uomo, non è una donna, mentre la pilota più brava della squadra sia di auto che di moto è la Bonazzoli, una donna. Diciamo che in alcune cose ho giocato a smontarli gli stereotipi, anche il fatto stesso che Vanina sia una poliziotta con una sua carriera riuscita, in una posizione apicale, senza indugiare sul fatto che possa avere avuto difficoltà in quanto donna. Io ho conosciuto tante poliziotte con gradi importanti nella polizia ma numericamente ancora di meno, però non ho percepito una loro grande difficoltà. In effetti io non ho voluto raccontare le difficoltà che Vanina può avere incontrato per fare la sua carriera così importante. Diciamo che ho voluto smontare certi cliché».

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