Dove stiamo andando? In un mondo museale popolato da ceo (Chief Executive Officer, guai a chiamarli banalmente amministratori delegati!), padroni o almeno esploratori in proprio del metaverso, la nuova realtà virtuale dove – ci dicono – potremmo trasferirci armi e bagagli, a cominciare dalle criptovalute? Un territorio cioè dove tutto è fittizio, anche quando è basato sulla realtà. La seconda giornata degli Stati generali mondo lavoro Cultura, in corso nel Palazzo Bonaparte di Roma, esprime convinzioni che, come era già capitato martedì, sembrano concrete e, nello stesso tempo stravolgono il mondo dell’arte così come lo conosciamo, dove è Tik Tok il nuovo media per coinvolgere i giovani in un mondo che altrimenti non sembra appartenere loro.
Insomma, non basta più Chiara Ferragni agli Uffizi di Firenze per rilanciare fra i giovani le opere d’arte più note. Ci raccontano di modelli di produzione che sono modelli economici. Come ci hanno raccontato Marco Mancuso, critico e direttore di Digicult, Rossano Tiezzi, che propone una piattaforma gigantesca sul metaverso, non si prevede più l’aspetto fisico: opere con poco concept, ma efficaci a stimolare emozioni. Anche il Ministero della Cultura entra in questo settore col Museo d’Arte digitale, al quale si sta lavorando a Milano, recuperando i bagni pubblici di fronte a Porta Venezia, abbandonati da decenni. «Non nasce in un grande cubo nero digitale – ha spiegato la direttrice Ilaria Bonacossa, raccontando di una sorta di mediazione rispetto al metaverso – perché ci saranno spazio vero e spazio digitale, esempio della storia dell’arte del futuro. E ci sarà una collezione per Tik Tok».
Ma, al di là del museo ministeriale, si è parlato soprattutto di economia. L’argomento del mattino, del resto, era “Il fintech come supporto allo sviluppo dell’arte”. Se si parla di tecnofinanza, è inevitabile che il denaro tenda a prevalere sull’arte, almeno finché tutto questo, a base di broker assicurativi e di investimenti chiavi in mano, o meglio digitale in mano, manterrà questo passo. Con occasioni interessanti per i territori, come ha detto Massimo Maggio, ceo di Artmore che ha criticato le difficoltà di fruizione, per esempio, di capolavori assoluti come i Bronzi ai Riace, a causa anche degli assurdi orari degli aerei per e da Reggio Calabria. Niente paura, non ha proposto visite digitali al Museo della Magna Grecia, ma la creazione di visite, per così dire, «complesse», che prevedano i Bronzi, l’Aspromonte, il vino, il bergamotto, le eccellenze agroalimentari eccetera, visite appunto acquistabili online.
Nel pomeriggio, invece, con un capovolgimento di fronte si è tornati ad aver in primo piano i musei in carne ossa, o meglio in tele e colori (titolo: «I musei come asset del settore turistico culturale in Italia»), dal Museo Etrusco di Roma al Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento. Il direttore di quest’ultimo, Roberto Sciarratta, ha sottolineato come l’autonomia, finanziaria e organizzativa, lasciata ai parchi siciliani, consente la gestione di tantissime attività in 40 siti diversi all’interno del parco e la collaborazione con 30 università italiane e straniere e, attraverso manifestazioni d’interesse, l’inserimento lavorativo di giovani nelle coltivazioni di miele, vino e zafferano: un modo diversificato di creare lavoro, accanto all’archeologia.
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