Molta Sicilia nella terza giornata di “Stati generali mondo lavoro Cultura”, che si concluderanno oggi nella sede di Palazzo Bonaparte a Roma: prima con la Fondazione Istituto Dramma antico di Siracusa, poi con la Fondazione Valsecchi di Palazzo Butera a Palermo, infine con Taormina Arte. L’argomento di base del pomeriggio era il nuovo mecenatismo e, com’è giusto, non tutti gli interventi erano perfettamente correlati.
Nel caso dell’Inda, rappresentato dal consigliere delegato Marina Valensise, si tratta soprattutto di donazioni con la normativa dell’art bonus, che consente il recupero fiscale del 65 per cento della somma devoluta. È anche vero che la Valensise, già responsabile dell’Istituto italiano di Cultura a Parigi, porta con sé una serie di rapporti importanti con imprese italiane, non grandi ma innovative (dalle cucine ai pianoforti). A Siracusa, però, il vero mecenate è il pubblico che garantisce il 60 per cento dei ricavi, per un’azienda snella nel personale, ma che dà lavoro stagionale a 450 tra operai e tecnici.
Un esempio di mecenatismo puro è quello dei coniugi milanesi Massimo e Francesca Valsecchi, che nel 2016 hanno abbandonato il capoluogo lombardo e hanno acquistato a Palermo (città crocevia) il settecentesco Palazzo Butera, lo hanno restaurato e ne hanno fatto la loro casa, per abitarvi, ma soprattutto per ospitare la loro collezione e offrirla al pubblico. Claudio Gulli, storico dell’arte della loro Fondazione, ha spiegato come sia importante il mecenatismo attraverso investimenti per contenuti e non per contributi. La fondazione ospita arte contemporanea e anche più antica e punta sull’integrazione tra committenti e artisti. Non solo, i Valsecchi hanno acquistato anche l’adiacente Palazzo Piraino, che sarà restaurato e adibito a centro studi per preparare le persone che lavorano nell’arte (per esempio, proprio i restauratori).
Ester Bonafede, sovrintendente della Fondazione Taormina Arte, ha proposto un più attento controllo dello Stato sul mecenatismo pubblico e ha annunciato che Taormina Arte tornerà a produrre, anzi a coprodurre in maniera da contenere i costi, e farà molte masterclass, specie in campo musicale. Altri mecenati contemporanei presenti ieri sono stati la famiglia toscana Frescobaldi, che è partita dal rapporto che gli avi ebbero con Brunelleschi e Donatello, e il gruppo Kiton, azienda di abiti sartoriali per uomo con sedi a Milano e New York e stabilimento a Napoli. Qui, come ha spiegato il direttore generale Simone Cavallo, «i dipendenti lavorano in mezzo a opere d’arte, perché il fatto a mano ha bisogno di un ambiente adatto».
Un mecenatismo che riguarda la vita dei lavoratori, senza alcune divisione tra anima e business è stato presentato dalla giornalista Safiria Leccese, autrice del libro “La ricchezza del bene”. Partendo dall’esempio di Michele Ferrero, racconta molte aziende con un’impostazione simile, fra cui la siciliana (di Vittoria) La Mediterranea, specializzata nella coltivazione di crisantemi a ciclo continuo.
In mattinata si era parlato dei nuovi artisti con presenze opinabili (inevitabile) ma interessanti come Max Papeschi, diventato improvvisamente famoso nel 2010 con “NazySexyMouse”, proposta su una facciata a Poznan, e adesso una star del digitale.
La reggina Tina Sgrò, protagonista l’anno scorso di una personale al Mart, ha rivendicato il suo essere “artista di bottega”. «La pittura – ha detto - non può essere superata da nessuna tipologia diversa. È vero, chi non si allinea sembra che non possa andare avanti, ma i social ci consentono di avere una galleria personale. Non è la soluzione, ma è una vetrina utile».
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