Medusa come logo, i suoi significati come simbolo di uno stile iconico, che esalta la donna per bellezza, sensualità e dominio. Quella Medusa, impressa sulle creazioni firmate Gianni Versace, tra le perle del Made in Italy, si trasforma in breve tempo in oggetto di desiderio, sinonimo di uno stile che incarna seduzione e potere, soprattutto contiene l’indiscutibile fascino che rappresenta un forte, incontrollabile richiamo per il suo Perseo. A venticinque anni di distanza dai fatti, il delitto Versace diventa un libro che svela già nel sottotitolo il suo obiettivo, realizzato dalla criminologa Roberta Bruzzone per Rai Libri. “Versace. Autopsia di un delitto impossibile” ha infatti tutti gli elementi dello scritto verità, quello che non teme giudizio o smentita, perché segue l’obiettivo maestro di offrire ipotesi il più possibile aderenti ai fatti. Una descrizione dell’accaduto, in cui l’aspetto legale, quello freddo e scarno dei faldoni giudiziari, cede il passo a un’analisi lucida, puntuale e competente della psicologia dei protagonisti e della loro vita, facendo emergere le conseguenze distruttive di due poteri di uguale forza e impatto, ma di segno opposto. Due storie parallele, quelle di Versace e del suo assassino, che l’autrice snoda attraverso gli avvincenti capitoli dello scritto e che vanno a confluire al loro capolinea, in quella mattinata del 15 luglio 1997, in cui si consuma il loro estremo confronto. Così come tanti anni prima era accaduto a John Lennon, Versace morirà per essere diventato la segreta ossessione di un serial killer, Andrew Cunanan, ricco e promettete rampollo di una famiglia alto borghese, noto per la sua spietatezza e per il criminal profile dai tratti contraddittori. Un “narcisista patologico”, secondo la Bruzzone, che per la peculiarità del suo agire, sfugge tuttavia a una descrizione nosologica precisa. Ma una serie di indizi seminati sulla scena del crimine consentono di descriverlo in preda a forti sentimenti di rabbia e invidia, che disorganizzano il suo Io al punto da richiedere una sedazione attraverso la vendetta e la distruzione di ciò che ne è causa. «Medusa era la perfetta nemesi di Cunanan – scrive la Bruzzone – E Gianni, la sua incarnazione terrena, era tutto ciò che lui avrebbe voluto essere e rappresentare». Cunanan uccide quindi per impossessarsi di quel successo e di quella attenzione, perché, come le altre quattro vittime che lo hanno preceduto, la fama di Versace disturbava il suo sconfinato narcisismo, al punto da rendere necessario annientare il potere della Medusa e adottarne la fama, attraverso un gesto straordinario. E così è stato, un “delitto impossibile”, anche per le tante le piste messe sul tappeto dall’istruttoria (quella dello stalker ossessivo, del delitto mafioso, dell’interesse privato), ma nessuna orientata, in prima battuta, a considerare gli indizi che avrebbero dovuto portare all’identikit dell’aggressore in tempi brevi, al ricercato numero uno dell’Fbi, narciso al punto da sfidare gli stessi investigatori, sempre a un passo dalla sua cattura: un passo indietro però. La Bruzzone così delinea una verità sempre dietro l’angolo, che non è stata colta al momento giusto. E forse il delitto Versace si sarebbe potuto evitare. La mente patologica ha vinto, mettendo a segno il clamoroso delitto che avrebbe reso immortale il suo autore, al pari della vittima. Tre colpi di Taurus.40, quindi, l’ultimo dei quali al viso dello stilista, per impadronirsi della sua identità; ma un altro in canna, per portare con sé il trofeo nel viaggio verso l’eternità.