Un caleidoscopio di musiche, parole e sentimenti, e la contaminazione come cifra stilistica ne “Il treno dell’anima”, ultima fatica di Enzo Avitabile, disponibile sulle piattaforme digitali con la produzione di Black Tarantella e la distribuzione di Believe. Un nuovo tassello del composito mosaico d’incontri e unioni musicali tipico dell’artista napoletano, che nell’album diventa alternanza di suoni diversi, tra soul, jazz, world music ed echi di tammurriata in undici tracce, composte da inediti e riletture di brani di repertorio, interpretate con nomi di spicco della canzone italiana. Nel disco si passa dai profondi significati dei singoli di lancio “Salvami”, in duetto con Ligabue, e “Fatti miei” con Biagio Antonacci - che parlano rispettivamente di condivisioni di sogni e libero arbitrio - fino alla ricerca dell’autenticità nelle persone di “Uno di noi” (con Edoardo Bennato), ai sentimenti di “Per sempre noi” (con Giuliano Sangiorgi) e al sociale di “Simm’ tutt’uno” (con Jovanotti). Il disco si presenta come una rassegna musicale di suoni e suggestioni diverse, e la condivisione artistica a fare da fil rouge. Come nasce il progetto? «”Il treno dell’anima” nasce dai rapporti che ho avuto con altri artisti prevalentemente durante il periodo della pandemia, quando ci siamo sentiti e scambiati confidenze personali. Da lì è nato un contatto tra anime, diverse ma accomunate dal vivere uguali miserie, aspirazioni e desideri; così come le stesse incertezze e paure. Questo album è una terra comune, dove la loro musica diventa la mia e viceversa. Ed è bello perché restituisce ai dischi il vero significato: il piacere di fare musica». Nell’album duetti sia con nomi di consolidata esperienza (Bennato, Antonacci, Ligabue, Jovanotti) sia con giovani leve della musica italiana (Rocco Hunt e i Boomdabash, Sangiorgi, Gué Pequeno e Speranza). Cosa ha portato ciascuno di loro? «Credo che la cosa più bella sia stata lasciare fuori dalla porta di questo treno il vestito che ciascuno si portava addosso, entrando semplicemente con il desiderio di indossare un suono o una parola che vibrava in quel momento. Come è accaduto a esempio con Edoardo, di cui sono stato sassofonista negli anni ’70. Tra noi è scattato qualcosa che ha portato a scoprire una parte di me e di lui nuova, diversa nel modo di porgere il canto e di scrivere. Tutto così spontaneamente, senza alcuna pretesa. Poi i linguaggi si evolvono naturalmente, senza forzature». Da oltre 40 anni mostri un profondo amore per le contaminazioni musicali e “Il treno dell’anima” è del tutto coerente col tuo percorso artistico. Quanto è importante l’incontro tra culture diverse e la condivisione, soprattutto in questo periodo storico difficile? «Il karma dell’incontro ha sempre contraddistinto la mia vita. Se penso che tutti quelli che ascoltavo nel juke-box li ho conosciuti personalmente; da James Brown ad Afrika Bambaataa, Richie Havens e Tina Turner, che mi avvicinò al buddismo chàn, fino alla seconda fase della mia carriera, di “disamericanizzazione”, che comprende anche le collaborazioni con Pippo Delbono in teatro e con Edoardo De Angelis al cinema. Quindi l’incontro è fondamentale per arricchirti come musicista e come persona, andando oltre i soliti recinti».