«Voglio essere chiaro. Il fascismo è stato un regime inefficiente. Negli anni del Ventennio, la forbice del benessere con la Francia e l’Inghilterra è cresciuta. Senza il fascismo saremmo stati meglio». Parola di Francesco Filippi, storico della mentalità e formatore per l’Associazione di Promozione Sociale Deina, nonché autore di una serie di saggi di grande successo, a cominciare da «Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo», pubblicato nel 2019 e giunto alla 22esima edizione, con il merito di aver sfatato numerose fake news legate al regime, dall’aver dato l’assistenza previdenziale agli italiani al voto per le donne, la propaganda raccontava un Duce amato e benvoluto da tutti che, a ben vedere, «si è dimostrato un pessimo amministratore, un modestissimo stratega, un economista inetto e uno spietato dittatore». Un successo editoriale proseguito con «Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto» (2020) e «Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie» (2021). Da pochi giorni Filippi è tornato in libreria con «Guida semiseria per aspiranti storici social» (tutti i titoli citati sono editi da Bollati Boringhieri) mixando una ricerca storica profondamente documentata con un tono che sa essere anche sferzante, perfettamente declinabile nella nostra realtà social. Temi attualissimi, dai simboli di partito del nuovo governo appena insediatosi alle ricorrenze storiche e difatti, in occasione del centenario della marcia su Roma, Sky propone il documentario «Mussolini ha fatto anche cose buone? Propaganda di ieri e fake news di oggi», in esclusiva su Sky Documentaries, in streaming solo su NOW e disponibile on demand.
Filippi, sui social siamo esperti di tutto?
«Assolutamente. Inoltre, la storia si presta maggiormente perché tutti si sentono autorizzati ad avere una propria versione dei fatti».
Sui social network il concetto “uno vale uno” mette in dubbio le competenze reali?
«Il modo di confrontarsi sui social riflette come elemento principale la proiezione di sé in ciò che si dice. Ovvero, si combatte per la propria esistenza sui social network, attraverso le argomentazioni, finendo per strumentalizzare tutto, a proprio uso e consumo».
Una strumentalizzazione che riscontra anche nel conflitto in Ucraina?
«Proprio così. A partire dal 24 febbraio, quando Putin in diretta televisiva ha cercato di giustificare la guerra, annientando la legittimità dell’esistenza dell’Ucraina senza alcun fondamento reale. Come diceva Orwell, chi controlla il passato, controlla il presente e il futuro».
Lei condanna il benaltrismo. Cos’è?
«Il tipico atteggiamento di chi elude un problema sostenendo che ce ne sono altri, più gravi da affrontare. Si usa quando non si hanno altri argomenti. Un esempio? Quando parlo dei crimini di guerra degli italiani in Etiopia, mi si risponde, “e allora gli inglesi?”. La storia va affrontata».
Su Sky va in onda “Mussolini ha fatto anche cose buone? Propaganda di ieri e fake news di oggi”. Un tema attuale?
«Sono passati ottant’anni dalla fine del regime e non siamo ancora in grado di affrontare il fenomeno fascista con lucidità, non siamo ancora in grado di fare i conti con il nostro passato».
Cosa resta oggi dello storytelling fascista?
«Molto. I valori, anzi, i disvalori. E le parole d’ordine: Dio, patria, famiglia, la nazione. Uno dei problemi dell’Italia è proprio la continua ricorrenza ai concetti coniati da Benito Mussolini».
La scrittrice e sopravvissuta ai campi di concentramento Edith Bruck aveva chiesto alla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, di eliminare la fiamma dal simbolo del proprio partito. Non è stata ascoltata.
«Giorgia Meloni, durante il discorso in Parlamento, ha detto “non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso”. Non è esattamente una condanna. Non ha rinunciato alla fiamma tricolore e francamente, non credo affatto che sia un simbolo innocuo, innocente».
Invece?
«Sarebbe giusto eliminarla, una dimostrazione fattiva d’aver fatto i conti seriamente con la storia».
Senta, ma Mussolini ha fatto anche cose buone?
«Anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora giusta! Ogni regime stringe un patto capestro con i propri sudditi, si prende le libertà democratiche promettendo sicurezza, gloria e prosperità. Il fascismo è stato un regime inefficiente, la forbice del benessere con inglesi e francesi è cresciuta durante il ventennio. Questo è un dato di fatto».
Recentemente si è discusso sulla necessità di tenere la foto di Benito Mussolini al Mise. Che ne pensa?
«È lì da ottant’anni. C’è anche a Palazzo Chigi. Qui non si parla di storia ma di pura strumentalizzazione politica».
Lei cosa farebbe con l’obelisco romano con la scritta Dux?
«In Germania sarebbe impensabile trovare ancora oggi un monumento con la scritta Führer. Quell’obelisco non è un bene storico, rappresenta la vergogna di non aver saputo fare i conti con il passato. Andrebbe coperto con un velo».
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