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Ehi, Vonnegut... è la vita! Tante riedizioni per il centenario della nascita dello scrittore

Il suo capolavoro, «Mattatoio n. 5», un inno contro l’orrore della guerra, che aveva vissuto, è diventato un graphic novel

Chissà cosa avrebbe detto Kurt Vonnegut, di questo tempo e di questi anni, fra fake-news e populismo, con i migranti respinti come merce difettosa e una guerra che infuria nel Vecchio Continente. Chissà cosa ne avrebbe pensato, lui che la guerra l’aveva combattuta ed era stato fatto prigioniero, sopravvivendo ad un bombardamento per puro caso. Proprio oggi cadono i cento anni dalla nascita dello scrittore americano, Kurt Vonnegut jr, partito volontario per il fronte contro le forze naziste e tornato in patria con l’intento di narrare l’orrore. Proprio come aveva fatto Primo Levi: scrivere perché fosse impossibile dimenticare, cancellando l’orrore con l’oblio.

Il tempo corre ma Vonnegut è un autore disperatamente attuale, con il suo messaggio di pacifismo che permea il bestseller scritto nel 1969, «Mattatoio n. 5 ovvero la crociata dei bambini» (Feltrinelli, traduzione di Luigi Brioschi) ed è bello che Bompiani ne stia ripubblicando l’opera omnia – tradotta da Vincenzo Mantovani – lanciando una versione graphic novel del suo capolavoro, (Bompiani, pagg. 192, euro 22), adattata da Ryan North e illustrata da Albert Monteys, un progetto bello e ambizioso.

Uomo libero, spaziò fra i generi e, del resto, rileggendo «Mattatoio n. 5» ci tuffiamo in un miscuglio di generi, seguendo Billy Pilgrim, un uomo qualunque rapito dagli alieni che compie salti temporali mentre rivive l’esperienza da prigioniero e la distruzione di Dresda, per poi tornare a casa, provando a ricominciare daccapo. E tutto questo viene narrato con profondità e incredibile leggerezza, aprendo e chiudendo la storia con il verso di un uccellino e quella massima fatalista, divenuta celebre, «That’s Life».

Vonnegut dormiva in un ex Mattatoio con gli altri prigionieri mentre la Germania era ormai allo stremo. I russi incombevano su Dresda – «la Firenze dell’Elba» – e contro ogni pronostico, tra il 13 e il 15 febbraio 1945, vennero sganciate tonnellate di bombe, facendo 250 mila vittime. I prigionieri si salvarono perché vennero rinchiusi sottoterra ma quando uscirono, «Dresda somigliava ormai alla Luna, era solo una massa di minerali. Le pietre erano calde. Tutti gli altri abitanti della zona erano morti. È la vita».

Ma c’è molto altro. Di origine tedesca e fiducioso nel sogno americano, Vonnegut era stato anche capace di sorridere e amare, creando una comunità di lettori ammaliata dalle sue parole. Bompiani ripubblica anche «Quando siete felici, fateci caso», nei quali sono raccolti i discorsi (alcuni inediti) che teneva in occasione della consegna dei diplomi del college, rifuggendo le banalità degli obiettivi da raggiungere e lanciando un messaggio universale sulla necessità di saper cogliere ogni aspetto della vita, pronti a gioire delle cose belle.

Vonnegut era amato dalle giovani generazioni, capace di parlare al loro cuore senza ammantarsi dell’aria da guru. E pensate, in «Galápagos» (1985), racconta di un manipolo di naufraghi che approdava su un’isola, fuggendo da un virus sconosciuto che aveva sterminato la civiltà, finendo per riscoprire il mito del buon selvaggio in chiave moderna, ovvero, falla semplice, vivi la tua vita. Se siete appassionati di tecnica di scrittura, vi consigliamo la raccolta «Baci da 100 dollari», meccanismi narrativi perfetti che lasciano il lettore senza scampo, giungendo sino al lato più intimo, la raccolta di lettere «Tieniti stretto il cappello. Potremmo arrivare molto lontano», in cui affiora il dolore del sopravvissuto e al contempo, la sua enorme fame di vita, la voglia di futuro. È la vita.

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