Venerdì 22 Novembre 2024

"Sarti Antonio e l'amico americano", come eravamo negli anni '80 e come raccontavamo

Il nuovo-vecchio romanzo di Loriano Macchiavelli ci illumina, ci commuove, ci fa pensare. E soprattutto ci fa rispondere, alla domanda se a quasi 40 anni di distanza dalla prima edizione fosse necessario ripubblicarlo, con un netto e convinto sì. «Sarti Antonio e l’amico americano» Macchiavelli lo pubblicò nel 1983 e come spiega lui stesso (da autore non pentito) nella prefazione a questa ristampa (Einaudi Stile Libero): questo romanzo racconta «com’eravamo, cosa pensavamo e come avremmo voluto fosse il nostro futuro». E ribadendo ancora una volta, a proposito degli anni Ottanta, che «vale la pena rileggere quei giorni raccontati da chi li ha vissuti». Macchiavelli si autodefinisce come un testimone di quell’epoca «magari non attendibile, ma oculare. Soprattutto partecipe». Ecco, forse è proprio questo il punto, saper narrare in modo «partecipe». È il motivo per cui Macchiavelli è diventato uno dei «fondatori del noir italiano»: la sua mano di scrittore è in un certo senso “coinvolta” in ciò che scrive, a differenza dell’asettica narrativa di genere. Ecco perché il lettore di oggi quando avrà fra le mani questo romanzo non sentirà la mancanza di telefonini e di pc, di tablet e di smartphone, ma grazie a Macchiavelli farà un piacevolissimo viaggio all’indietro nel tempo – gli Anni Ottanta! – un tempo in cui era più importante soffermarsi sulle cose, sulla gente, sulle innocenti intuizioni del sergente Sarti Antonio, senza dimenticare le sue troppo frequenti «crisi colitiche che lo lasciano senza forza né volontà». La storia su cui indaga questa «bella tempra di questurino» ha come sfondo «l’insostituibile scenario» della città di Bologna. Uno studente americano cade dalla finestra di casa. Muore sul colpo. Ed è completamente nudo. Certo, la caduta da quel terzo piano di un «palazzo signorile con giardino» è destinata a incuriosire e non poco (prima ancora che insospettire) un investigatore sensibile come Sarti Antonio. E mentre tutti premono perché la morte del giovane venga archiviata come suicidio o tutt’al più come incidente, il nostro sergente non ci sta proprio a stendere un verbale voluto da altri e si trova costretto come sempre a dover lottare con i propri dubbi e i propri rimorsi. A questo punto, si sa, com’è prevedibile, il nostro protagonista va incontro al destino che aspetta ogni “detective-contro” che si rispetti: scoperchiare il pentolone del minestrone scandaloso cucinato dal potere, farsi tanti nemici ed essere costretto a non ignorarli, non riuscire a trovare un perché all’ennesimo complotto che coinvolge «personaggi molto in alto». Ora, l’anno dell’uscita di questo romanzo è il 1983, mica il 1893, quarant’anni insomma non sono un’eternità. Ma quello che colpisce di questo classico italiano è la sua attualità, la lingua che a velocità vertiginosa guida la storia verso la sua destinazione, il ritmo martellante e l’incalzare quasi naturale degli accadimenti, il tutto esaltato dalla scelta di mettere a dirigere l’orchestrazione narrativa lo scrittore stesso che, ogni tanto, non riesce a stare al suo posto ed entra in prima persona nell’impianto del romanzo e commenta, rivolge suggerimenti al lettore, oppure dialoga col protagonista.

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