La mattina del 31 luglio 1944, Antoine de Saint-Exupéry decolla dalla Corsica in missione militare di ricognizione. Nessuno lo rivedrà mai più. Un mistero che dura sessant’anni finché vengono ripescati dei rottami nel Mediterraneo, compatibili col suo bimotore Lockheed P-38 Lightning. Fu abbattuto? Ebbe il tempo di lanciarsi in mare? La carcassa arrugginita e nessun corpo hanno aperto la via a complotti e ricostruzioni fantasiose, ma per la prima volta lo scrittore Michel Bussi – bestsellerista, amatissimo in Francia sin da «Ninfee nere» – annoda il mistero dello scrittore con quello de «Il piccolo principe», pubblicato nell’aprile del 1943, il libro più tradotto e venduto al mondo dopo la Bibbia, creando un inedito e suggestivo parallelismo che è il fuoco del suo nuovo romanzo «Codice 612. Chi ha ucciso il piccolo principe?», appena uscito con E/o (traduzione di Alberto Bracci Testasecca). Nella prefazione capiamo che non si tratta semplicemente d’un libro anniversario ma di una vera e propria ossessione durata vent’anni che tracima fra le pagine: «Tutti i riferimenti al manoscritto originale, alle esitazioni dell’autore, alle sue scelte, cancellature, disegni scartati o mantenuti prima che il racconto fosse pubblicato, nonché alla mappa di Piri Reis, sono rigorosamente esatti... Le prove del mistero sono a vostra disposizione. Anche voi potete giocare ai detective e proporre la vostra soluzione». Nella storia un miliardario camerunense, Oko Dòlo, arruola Neven, ex aviatore e meccanico di aeroclub, e una detective privata per indagare sul mistero della morte di Saint-Exupéry, utilizzando il suo patrimonio per risolvere l’enigma lo ossessiona sin dall’infanzia. Verranno a conoscenza del fantomatico Club 612, un ristrettissimo gruppo di appassionati. Non si tratta di un saggio ma di un vero e proprio giallo letterario intarsiato di elementi reali e stralci delle opere di Saint-Exupéry, con brevi capitoli e colpi di scena in perfetto stile Bussi. Anziché gli asteroidi del testo originario, Neven e la detective – che ricorda tanto la Volpe del «Principe» – si sposteranno per le varie isole a caccia di prove. E intanto Bussi richiama la bellezza simbolica del Piccolo Principe, seminando elementi sulla vita misteriosa dell’autore che non lasciò alcun testamento, aprendo una guerra fra gli eredi per un patrimonio ricchissimo. Bussi ci spinge a riflettere su un testo letto in tutto il mondo in cui, a ben vedere, si parla di assenza e abbandono (del resto, il piccolo principe abbandona tutti: la volpe, la rosa e il pilota) tanto che la celebre massima «L’essenziale è invisibile agli occhi» potrebbe persino essere un indizio a non lasciarsi affascinare dalle verità scontate e fin troppo comode.