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Perché Van Gogh non finisce proprio mai: la mostra a Roma a Palazzo Bonaparte

Ben cinquanta capolavori che ne ricostruiscono tutta la vicenda umana e artistica

Vincent van Gogh, Covone sotto un cielo nuvoloso

Alla vigilia dei 170 anni dalla nascita (30 marzo 1853) Roma (Palazzo Bonaparte, piazza Venezia 5), ospita la più grande mostra dell’anno dedicata al genio di Van Gogh: 50 opere provenienti dal Museo Kröller Müller di Otterlo e testimonianze biografiche, che ricostruiscono la vicenda umana e artistica dell’Artista. Ultimamente tutta l’Italia si è interessata alla figura di van Gogh, da Napoli a Cagliari, Padova, Pordenone, Firenze, per non dimenticare la mostra di Milano tuttora in corso a Palazzo Reale, e la commedia musicale «Van Gogh Café», andata in scena al Teatro degli Arcimboldi. La manifestazione romana, attiva fino al 26 marzo, prodotta da Arthemisia, è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti che firmano anche il catalogo di Skira. È consigliata da Sky Arte.

Del celeberrimo pittore olandese (Groot Zundert 1853 - Auverse sur Oise 1890) è facile credere di sapere tutto, per i noti punti salienti: «I girasoli» (la più alta quotazione mai raggiunta da un quadro all’asta. Più della Gioconda? Beh, Monna Lisa non è mai stata battuta in un’asta…), «Gli iris» (valore attuale 101 milioni di dollari), «Il campo di grano» sovrastato dal volo dei corvi neri. I colori violenti. È nota la sua tormentata vita contrastata dal padre, pastore protestante, lo stretto rapporto con il fratello Theo, l’amicizia con Gauguin, l’orecchio tagliato, il manicomio, il suicidio (ma fu suicidio?) a Auverse, con un colpo di pistola sparato all’addome, il 29 luglio 1890. Ma Vincent van Gogh ha così tanto altro da raccontare.

Alla pittura arrivò tardi: 27 anni. Inconsueti i suoi anni precedenti: la crisi mistica che lo portò a vivere come missionario presso gli emarginati delle miniere belghe. La sua opera caritatevole fu di tale abnegazione da suscitare principi di reazioni sociali per cui venne allontanato come «troppo zelante nel seguire gli insegnamenti del Vangelo». Fu predicatore laico. Iscritto alla facoltà di teologia, tradusse la Bibbia in francese, inglese, tedesco. Conosceva anche il latino e il greco. Ovviamente sfortunata la sua vita sentimentale, naufragata nel tentativo di lui di redimere una prostituta.

Iniziò a disegnare miseri contadini. Non c’è ancora nulla dei colori che poi diverranno la sua bandiera. Sono disegni e acquerelli bui. Dallo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità – il Seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno; atteggiamenti di goffa dolcezza, espressività dei volti, la fatica intesa come ineluttabile destino. Sono espressione della grandezza e dell’intenso rapporto con la verità del mondo di Van Gogh.

Poi Vincent va a Parigi, incontra gli Impressionisti, con i quali non ha affinità, ma da loro scopre il colore, alla cui ricerca si dedica ora accuratamente. C’è una nuova libertà nella scelta dei soggetti, con la conquista di un linguaggio più immediato e cromaticamente vibrante. Si rafforza l’interesse per la fisionomia umana, con la realizzazione di una numerosa serie di autoritratti (ben 37) nella volontà di lasciare una traccia di sé e la convinzione di aver acquisito nell’esperienza tecnica una fecondità ben maggiore rispetto al passato. Spesso però l’autoritratto nasce dall’impossibilità di procurarsi dei modelli per mancanza di soldi. È di questo periodo il celeberrimo «Autoritratto a fondo azzurro con tocchi verdi» del 1887. Lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore mostra un’insolita fierezza, non sempre evidente nelle complesse corde dell’arte di Van Gogh.

I rapidi colpi di pennello, i tratti di colore stesi l’uno accanto all’altro danno notizia della capacità di penetrare attraverso l’immagine un’idea di sé di sgomenta complessità. L’immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1887, genera aperture ancora maggiori verso eccessi cromatici e la forza del tratto si riflette nella resa della natura. Da citare «Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy» (1889), che assume l’aspetto di un intricato tumulto, mentre lo scoscendimento di un «Burrone» (1889) sembra inghiottire ogni speranza.

Van Gogh dipinge una serie sconvolgente di capolavori (900 quadri, più di 1000 disegni e schizzi) accompagnandoli da scritti sublimi (le famose “Lettere” al fratello Theo), inventando uno stile unico che lo ha reso il pittore/scrittore più celebre della storia dell’arte.
Il percorso espositivo dal filo conduttore cronologico fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove si spense a 37 anni.

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