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Il Piccolo Principe a teatro, l'attrice messinese Adele Tirante è "la Rosa"

«Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi». Un insegnamento difficile da ricordare quando, abbandonata l’infanzia, l’età adulta, con le sue esigenze di pragmatismo, impedisce all’individuo di aver presente ciò che più conta nella vita. Eppure, Antoine de Saint-Exupéry nel 1943 ha basato su questo semplice principio una favola moderna, «Il Piccolo Principe», diventato il libro più letto al mondo, non solo dai bambini.
A metà strada tra avventura e sano realismo, poeticissimo e e pieno di personaggi e di trovate, il testo del celebre scrittore e aviatore francese parla di un bambino venuto dallo spazio, da un luogo immaginario in cui possiede solo tre vulcani e una rosa rara. Il piccolo, desideroso di conoscere la vita sulla Terra, plana sul deserto africano ove incontra un pilota di aereo cui pone alcune domande fondamentali.

Il testo, variamente declinato in forma di fumetto, film, commedia teatrale, ha abbracciato negli anni diversi linguaggi artistici. Oggi, attraverso un’originale formula di spettacolo dal vivo, viene riproposto dal regista Stefano Genovese in una produzione di Razmataz Live, che, partita nel febbraio scorso dal Teatro Sistina di Roma, sta toccando diverse città italiane prima di approdare all’estero (sarà a Parigi per fine anno).

Lo spettacolo rende giustizia ad uno scritto strutturato su vari livelli percettivi: né musical, né prosa, ma qualcosa di più moderno e variegato, come ci ha svelato Adele Tirante. Ex allieva del messinese Maurizio Marchetti e di Donato “Pupetto” Castellaneta, l’attrice originaria di Nizza di Sicilia interpreta in scena la Rosa del Piccolo Principe (Alessandro Stefanelli e Gabriele Tonti): «Non è il classico musical, ma un’opera recitata in cui irrompono canzoni famose, delle vere chicche, in un testo ridotto drammaturgicamente per il teatro. C’è l’“Habanera” della “Carmen” di Bizet, ci sono “Space Oddity” e “Starman” di David Bowie, perché il bambino viene dallo spazio; “Breathe” dei Pink Floyd, ma anche “La cura” di Battiato nella scena in cui il Piccolo Principe incontra la Volpe, scoprendo il valore dell’amicizia. È inoltre uno spettacolo circense di arte varia, con veri acrobati ,in cui tutti gli attori cantano».

Un allestimento capace di far sognare bambini e adulti quindi…
«È un sogno in cui tutto diventa surreale. La grande spettacolarità affascina molto l’immaginazione di un bambino, così come i personaggi da fiaba ed i costumi sfarzosi. Viene rappresentato in grossi teatri perché la formula è quella del Cirque du Soleil, unione di tante arti performative».

Il tuo personaggio è significativo e duplice, rappresentando, nell’intento dell’autore, l’amore materno ma anche amore verso la propria donna. La tua Rosa quale dei due privilegia?
«È più simbolo dell’amore come quintessenza della femminilità, con lati positivi e contraddizioni. Infatti la scelta del regista è caduta su di me perché, avendo lavorato con lui anni fa in un varietà a Torino, conosceva le mie qualità espressive, e voleva una Rosa che fosse un po’ sciantosa. L’ho interpretata in una versione rock dell’”Habanera” della “Carmen” che rappresenta l’amore che fugge se lo desideri, come un uccello ribelle. È un personaggio abbastanza complesso: io arrivo volando con un’imbracatura, canto questa canzone difficile sospesa in aria, narrando anche nel recitato i tanti lati della donna: è l’iperfemminile puro».

Il Piccolo Principe rappresentato sembra piuttosto diverso dai bambini di oggi, alquanto disincantati…
«È così. Oggi i bambini perdono precocemente il loro stupore, forse perché i mezzi di comunicazione sottraggono loro un po’ d’immaginazione. Nel testo il bambino alimenta la sua immaginazione attraverso il viaggio di scoperta dell’universo; soprattutto viene a contatto con l’assurdità di alcuni ragionamenti degli adulti. Questo passaggio mette in luce la differenza tra il suo sguardo e quello dell’adulto sul mondo. Il testo potrebbe insegnare ad orientare diversamente lo sguardo, tanto dei bambini quanto degli adulti,per guardare a ciò che più conta nella vita».

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