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Quella luce non identificata. Il collettivo Wu Ming e l’ultimo libro, «UFO 78»

Quanto è liberatorio cercare in cielo l’ignoto, sfuggendo a un mondo che non fa che chiederci di definirci, dichiararci

Wu Ming, il collettivo più letto d’Italia, è tornato con un libro “esplosivo”, «Ufo 78» (Einaudi), che è stato presentato alla Feltrinelli Point di Messina. A dialogare con Roberto Bui, alias Wu Ming 1, il messinese Guglielmo Pispisa, anch’egli membro di un collettivo di scrittori, i “Kai Zen” (nati grazie a un’iniziativa letteraria lanciata online da Wu Ming per la composizione di un romanzo corale). Tra le molte persone accorse all’incontro, alcune erano lì per dare finalmente un volto a questo gruppo di narratori del “fantastico reale”, altre perché seguono Wu Ming sin dagli esordi (fine anni ’90 – inizio 2000), altre ancora perché incuriosite dal tema principale della discussione, ovvero gli Ufo.

Le prime sono state in parte soddisfatte: dei tre membri che compongono il gruppo ne era presente uno, Wu Ming 1, all’anagrafe Roberto Bui (gli altri sono Giovanni Cattabriga, Wu Ming 2, e Federico Guglielmi, Wu Ming 4, ma ognuno di loro scrive anche da “solista”). Sul collettivo aleggia un velo di mistero, dovuto forse al fatto che in cinese Wu Ming significa «senza nome», o, più probabilmente, alla loro “poetica particolare” (come la definiscono gli autori stessi) sull’immagine, che prevede di non apparire mai in video e in foto, di non andare in tv, e, in generale, di non «offrire le loro vite al gossip».

Sul loro blog, Giap, aperto nel 2010, ne spiegano il motivo: evitare che il loro volto venga “cannibalizzato” dai media, che diventino “personaggi”, «tappabuchi per impaginazioni frettolose». Ciò non significa che le loro identità siano segrete (i loro dati anagrafici sono disponibili online): al contrario, partecipano volentieri alle presentazioni, ai reading, ai laboratori, ad attività dove i loro corpi condividono lo spazio fisico e un’esperienza concreta con altre persone. Difatti Wu Ming 1 non s’è presentato al pubblico di spalle come un pentito o con luci soffuse come il Liberato della letteratura, né tantomeno con un casco in stile Daft Punk...

C’è un passaggio all’inizio del loro nuovo libro che riprende vagamente proprio questa concezione del mantenere una certa umanità di fronte all’obiettivo (per lo stesso motivo non si avvalgono di pagine social, a parte un canale Telegram). Quest’ultima opera, scritta dal gruppo al completo, cerca di fare i conti con gli anni ’70 percorrendo sentieri inediti, che passano anche attraverso i cliché cui tutti e tutte siamo abituati.

Con la loro cifra inconfondibile, la narrazione ibrida che mescola romanzo fantastico e indagine d’un momento storico, Bui, Cattabriga e Guglielmi hanno provato a esplorare quegli anni di politica, droga, impegno, attivismo, controcultura ma partendo da un punto di vista diverso, quello del paranormale, degli avvistamenti di oggetti volanti non identificati (UFO – Unidentified Flying Object).

Il libro era in cantiere da molti anni, come ha spiegato Wu Ming 1, ma una forte spinta, probabilmente, è stata data dal confinamento per la pandemia. Nel 2020, infatti, la gente è tornata a scrutare i cieli più sgombri e limpidi, con meno inquinamento. Come nel 1978, anno di grandi avvenimenti in Italia, dal sequestro Moro (e poi il ritrovamento del corpo, il 9 maggio, «la notte buia dello Stato italiano», che noi siciliani non possiamo dimenticare anche per un altro omicidio, quello di Peppino Impastato) alla legge Basaglia, dalla legge sull’aborto (e altre riforme sociali) all’avvicendarsi dei tre Papi. Un anno in cui ci fu il record di avvistamenti di Ufo, di ricerca del “non-identificato”.

Gli autori ci spiegano bene perché: «Il non-identificato è liberatorio. Si è spinti a definire una luce in cielo un Ufo per reazione a un mondo intorno che costantemente, aggressivamente ci chiede di identificarci, di dichiarare continuamente chi siamo, donde veniamo, da che parte stiamo», un po’ come il mondo dei social network.

Ovviamente, scrivere di quel periodo, 1970-1980, senza citare ciò che accadde all’intero Paese, «le convergenze parallele, il compromesso storico, la strategia della tensione, tutte parti di una certa fantasia, deleteria e perversa, che era al potere in quel momento», come ha sottolineato Pispisa, è impossibile. Wu Ming ci aiuta ad attraversarlo partendo dal cielo e dai suoi arcani, portandoci alla scoperta di qualcosa di accantonato, forse intenzionalmente, perché inspiegabile con la razionalità. Per iniziare questo viaggio, prendendo in prestito le parole di Filippo Bernacca, uno dei personaggi del libro, bisogna «abbandonare le convinzioni consolidate» e lasciarsi andare al racconto.

«UFO 78» si apre con un preludio ambientato sul monte Quarzerone, situato fantasticamente nel territorio della Lunigiana. Un ragazzo e una ragazza scout sono misteriosamente scomparsi negli anfratti del monte, alcuni personaggi li cercheranno per tutto il romanzo, facendosi attraversare, nel frattempo, dagli eventi della storia italiana. Uno di loro è Gianmaria Zanchini, in arte Martin Zanka, giornalista e scrittore di culture esotiche, dell’ignoto e del misterioso. Insieme a lui si muovono un’antropologa (Milena Cravero), un gruppo di ricercatori ufologi e clipeologi di Torino (il Grucat), il mitico «corriere cosmico» Jimmy Fruzzetti, la signora Jole, nonna di Jimmy, “l’affamato” editore Pablo Pepper, e una serie di altri personaggi, non meno importanti, tra i quali Vincenzo, il figlio di Zanka, e la guarda forestale “Gheppio”.

L’intera opera è disseminata di citazioni e richiami al cinema e alla musica tedesca. Come ha detto Wu Ming 1 si tratta di un «omaggio a quel laboratorio a cielo aperto che è la Germania culturale degli anni ‘70», ma non solo; tra i grandi musicisti e cantanti di quegli anni di sperimentazione, di quegli “anni affollati”, compaiono anche Mina, Juri Camisasca, Rino Gaetano, Eugenio Finardi e, sopra tutto e tutti, Franco Battiato (Einaudi ha anche creato una playlist mirata – UFO 78 – che si trova su YouTube e Spotify). Nel romanzo, che curva, per dirla con un verbo che tanto piace al Grucat, ora sulla fantascienza, ora sulla realtà storica, ora sul genere crime, sono, inoltre, presenti riferimenti a diversi scritti precedenti del collettivo come «Proletkult» (Einaudi, 2018) e «Cantalamappa. Atlante bizzarro di luoghi e storie curiose» (ElectaKids, 2015).

Infine, con il suo accento emiliano, Bui ha anche raccontato ai curiosi lettori dell’interessante processo creativo che ruota intorno a un libro scritto a più mani. Una scrittura «non sincronica, ma diacronica», che vede ogni membro impegnato su un capitolo, alla fine del quale questo passa all’esame degli altri che, assumendo le sembianze degli editor, ne apportano correzioni e modifiche, discutendone prima con l’autore originario. Prima della scrittura, però, vi sono una serie, più o meno infinita, di incontri per parlare del plot da sviluppare, e poi un’altra serie per discutere della resa, appunto, durante la fase di stesura. Solitamente i loro appuntamenti settimanali si svolgono a casa di Wu Ming 2, e sarebbe davvero stimolante, per non dire divertente, assistere a queste riunioni come se indossassimo le vesti di uno dei personaggi di UFO 78, l’antropologa Milena Cravero.

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