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Antonello da Messina, Sgarbi: "Incomparabile maestro che dipingeva per l’anima"

L’intervista al noto critico e storico dell’arte che ci racconta con la sua solita profondità delle grandezza di un pittore nato in riva allo Stretto e diventato cittadino del mondo con la sua arte

V ittorio Sgarbi quando parla della grandezza di Antonello da Messina s’illumina con la voce, non finirebbe mai di raccontare le meraviglie di un autentico genio universale. Questo pittore così artisticamente votato alla Bellezza, alla profondità, alla luce. Quindi raggiungiamo Sgarbi una sera dopo cena, l’argomento è conosciuto, la prima domanda è scontata.

Per cominciare parliamo della grande importanza di Antonello nel contesto italiano ed europeo, nel suo tempo e anche dopo…

Intanto è forse l’unico pittore veramente europeo, perché la sua formazione fra Messina e Napoli presuppone la conoscenza della pittura fiamminga che certamente era arrivata a Ferrara, un po’ meno a Venezia e così e così a Firenze, con van der Goes o con van der Weyden, mentre invece tutti i fiamminghi arrivano tra Napoli e Messina. Quindi lui ha una formazione rinascimentale nell’area campana con Colantonio, in cui si miscelano testimonianze di arte fiamminga. Dopodiché, si pone un problema che molto ha interessato la critica, quello di passare dalla tempera, che è la tecnica prevalente di Mantegna e di Bellini, all’olio. E quando lui raggiunge dei buoni risultati nelle opere, come l’Annunciazione di Palazzolo Acreide che stava in loco e adesso è al Museo di palazzo Bellomo, parte per Venezia. Non c’erano allora... l’Ita o l’Alitalia... parte per via di terra, però non escludo che abbia continuato per via di mare dalla Puglia, quindi abbia fatto esperienza di arte pugliese, dopodiché arriva a Venezia e definisce in modo inequivocabile l’unità d’Italia. Perché Venezia ha un grande maestro, ancora sottovalutato, che è Giovanni Bellini, che è un Raffaello prima di Raffaello, il quale ha rapporti con il mondo tedesco, con Dürer, che scende a Venezia nel 1496. Ma nel 1475, rimanendo vivo fino al 1479, Antonello è a Venezia e quindi stabilisce una relazione sul piano della tecnica con Bellini, dialoga con Bellini anche sul piano della composizione spaziale che trova a Venezia una sintesi formidabile, che è la presenza di Piero della Francesca, di Mantegna, di Bellini e di Antonello. Quindi l’arte meridionale di Antonello crea un ponte, che... è diverso dal ponte di Messina, è un ponte culturale, che ha una campata in Toscana con Piero della Francesca ed un’altra campata a Venezia, per cui questo percorso Messina, Arezzo, Firenze e Venezia determina una sostanza unitaria che indica che, come per la lingua con Boccaccio e Petrarca, così per la pittura il Risorgimento è il Rinascimento, cioé la lingua e la cultura italiana nascono nella seconda metà del Quattrocento, cioé c’è un’idea d’Italia che è identica tra Messina, Firenze e Venezia.

Qual è la tua opera preferita?

L’opera più emblematica di Antonello è l’Annunciata, perché presuppone una dimensione spirituale di quegli Inti che sono gli angeli, i quali vengono immaginati come custodi o figure che hanno una fisicità, quindi li vedi in quelli dell’Annunciazione come di Antonello a Palazzolo Acreide. Però quando fa l’Annunciata elimina l’angelo perché l’angelo è dentro di lei, lei sente la voce dell’angelo, lo guarda con quel volto meraviglioso che ha, e risponde con i gesti delle mani, con una mano si chiude la veste per pudicizia, con l’altra mano tiene distante chi gli è di fronte, che è il pittore o l’angelo davanti a lei, ma siccome lei è sola e l’angelo non si vede, l’angelo in realtà è dentro di lei, quindi è un’opera formidabile per la capacità di rendere l’angelo una condizione spirituale. E poi, ovviamente, l’altro capolavoro, fortemente fiammingo, è il San Girolamo, che è un’opera sublime, con un’architettura formidabile ed una spazialità che va verso il paesaggio lontano, di spazi interni cioè, è una specie di Escher, avanti lettera cioè prima di tutto.

Secondo te, nello sfondo, dietro il San Girolamo, c’è Messina oppure no?

Ma è possibile, c’è sicuramente la memoria di mare e di isola siciliana.

C’è una cifra nascosta che rintracci nella produzione di Antonello o in alcune delle sue opere?
Non vedo la sua cifra nascosta, perché Antonello non è un pittore esoterico, è un pittore razionale, illuminista, è il Piero della Francesca della Sicilia, è una figura in cui tutto è ragione, tutto è ordine, tutto è misura, tutto è prospettiva, e quindi non c’è nulla di esoterico.

Un’altra prerogativa di Antonello è l’uso della luce, puoi dirci quale uso sublime ne faceva?

Diciamo che ancora più sorprendente di Antonello è il fatto che anticipa Vermeer, quindi è una luce reale, una luce del giorno, e poi diventa una luce della mente e questo lo accomuna a Piero della Francesca, sono due pittori in cui la luce è contemporaneamente luce fisica e luce metafisica, luce reale e luce della mente, quindi l’uso della luce è fondamentale nella definizione della spazialità architettonica.

Mi dicevi che tieni a sottolineare un’ultima cosa...

Sì, voglio ricordare una cosa, riguardo alla mia persona. In Sicilia l’acquisto più importante dopo “L’ignoto marinaio” del Museo Mandralisca, è una tavoletta che sta oggi nel Museo Regionale di Messina, che ha da una parte una Madonna con Bambino e dietro ha un meraviglioso Ecce Homo, che è un soggetto che lui ha trattato come nessuno, per esempio nel dipinto che sta nel collegio Alberoni, che è il più bell’Ecce Homo del mondo. Lì è un’immagine che sta dietro un’architettura gotica. Ebbene voglio ricordare che questa tavoletta sono io ad aver suggerito di acquistarla alla Regione, all’asta, a Londra, all’allora assessore Fabio Granata. La pagammo 300mila sterline, quindi una cifra ridicola rispetto a quello che vale oggi un dipinto di Antonello. Ecco, volevo solo dire che sono stato in qualche modo lo stimolatore dell’ultimo acquisto importante di Antonello che è oggi al Museo di Messina, e che fu acquistato su mia segnalazione. È una cosa cui tengo molto.

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