Lunedì 25 Novembre 2024

Michela Murgia: le parole possono curare anche aprendo ferite

«Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano? Ho chiesto a Vogue di poter fare un viaggio sull’Orient Express. Posso andare alle sfilate di moda, farò un sacco di cose. Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così». Michela Murgia chiude così l’incontro al Salone del Libro, dove presenta il suo nuovo libro «Le Tre Ciotole» (Mondadori). Il pubblico la applaude a lungo. Sono rimasti in tanti fuori dalla Sala Oro, la più grande del Lingotto. Una coda tre ore per ascoltarla e stringerla in un simbolico abbraccio. «È questo l’incontro più atteso? Non esageriamo. Non ci sono stati i politici?» scherza la scrittrice, in candido caftano bianco e turbante nero. In sala anche la madre del figlio Claudio («non è la mia compagna» precisa) e il ragazzo. La intervista Matteo Bianchi, scrittore e autore tv, da lei stessa scelto. Il suo libro è fatto di dodici storie in cui i protagonisti attraversano un cambiamento radicale – un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di un amore – che costringe ciascuno a forme sconosciute di sopravvivenza emotiva. «Non mi risulta che con la felicità si sia fatta molta letteratura. Le parole possono curare anche aprendo ferite, può essere un modo per curare quelle degli altri. Se sei in grado di fare questo puoi andare dall’editore e non dall’analista». Murgia torna a parlare della malattia: «Quando l’oncologo mi ha dato la notizia del tumore, senza mai definirlo come tale, ero sotto morfina. Qualsiasi cosa mi avesse detto sarebbe stata bella» ironizza. Anche lei ha i suoi rituali, ha iniziato a svuotare il suo armadio perché non c’è cosa più triste per gli altri. Non manca l’attacco politico: «Io penso che questo governo sia fascista, si vede dalle scelte, dalle decisioni che prendono. Quando si sono candidati le hanno dichiarate in campagna elettorale. Va tutto in una certa direzione, controllo dei corpi, controllo della libertà personale, discriminazioni delle comunità già discriminate che stavano cominciando a ottenere dei diritti» dice allo stand Stampa. Scherza su Elly Schlein: «È passata per fashionista perché per una volta qualcuno le ha consigliato di stare attenta ai colori, quando è una che si veste al buio, sembra quasi daltonica». «Se sono stanca di essere antagonista? In un Paese normale, civile, quello che faccio io lo fanno gli intellettuali e nessuno viene trascinato in tribunale. È l’unico Paese che si definisce democratico dove gli intellettuali sono perseguitati dal potere», dice Michela Murgia. «In un mondo di vili tutto è atto di coraggio. Io dico quello che penso» osserva a proposito delle reazioni all’intervista al Corriere della Sera in cui ha annunciato di essere malata. Niente firmacopie alla fine, troppi rischi, con tanta gente. E un ultimo avviso: «Non chiamatemi guerriera, odio i militari».

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