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La lezione di Cameron a Cosenza: "Scrivere in prima persona aiuta l’autore a sparire..."

Ha presentato i suoi racconti su un'umanità immersa nel limbo del disagio

Non bastano un buon personaggio e dei buoni dialoghi perché un racconto arrivi al cuore. E Peter Cameron, celebrato scrittore statunitense, lo sa bene, visto che con le sue storie fa vivere le vite degli altri. Con la sua presenza a Cosenza, per presentare, in dialogo con l’agente letterario Marco Vigevani, il libro di racconti appena uscito in Italia «Cosa fa la gente tutto il giorno?» (Adelphi), la Fondazione Premio Sila, presieduta da Enzo Paolini, ha aperto agli “internazionali”, inaugurando un nuovo filone d’incontri che guarda alla letteratura straniera.
Reduce dal Salone del libro di Torino, Cameron segnerà il passaggio dalla decina alla cinquina 2023 delle opere finaliste del Premio, dopo la chiusura delle votazioni da parte del comitato dei lettori che orienteranno le scelte della giuria tecnica.
«Cosa fa la gente tutto il giorno?» è una raccolta di dodici storie di vite ordinarie che spiazzano, commuovono e divertono, dove i protagonisti sono sempre in bilico sull'orlo di qualcosa che è già accaduto o che deve accadere. C'è sempre un profondo disagio, un sottile dolore. «Sono autentiche e si concentrano sul mondo interiore dei personaggi» ha sottolineato Cameron. In questo libro l’autore ci consegna un mondo spezzettato, assai ironico e sospeso, fatto di vita quotidiana e stranezze in grado di muoversi sul filo sottile di comicità e malinconia. Tutti i suoi personaggi cercano da sempre un modo per misurare il mondo, anche mentre accettano di essere fuori fase rispetto a chi sa benissimo dove andare e litiga, ad esempio, su come tornare dall’aeroporto.
Cameron crea storie di inquietudine e di nostalgia, di desiderio verso qualcosa di indefinito, ma anche di desiderio verso qualcosa di molto preciso: essere ascoltato e ascoltare. Fondamentali per lui sono le descrizioni delle cose e delle persone. «In realtà le persone in generale, ma non solo nelle mie storie, passano il tempo a interagire con gli altri, e ad avere dei rapporti umani cercando di non sentirsi troppo a disagio, perché talvolta succedono delle cose che ti mettono un po' sulla difensiva. Sono tante le cose che continuano ad accadere, che sorprendono sempre ed è proprio di questo che parlano le mie storie. Sono dodici racconti che riguardano persone che hanno perso l'equilibrio della loro vita e si trovano a disagio ma poi non tutte riescono a ritrovarlo, un equilibrio».
«Tendo a raccontare – dice – personaggi che sono in un limbo, in un momento della loro vita in cui non stanno bene, in cui si sentono tristi, soli, tormentati. Personaggi che hanno un passato con cui forse non hanno fatto pace e ancora non sono in grado di concepire il loro futuro, anche perché non sanno ancora dove vogliono andare».
«Cosa fa la gente tutto il giorno?» è anche un omaggio alla dimensione del racconto con la quale Cameron esordì, insieme alla poesia, negli anni Ottanta. «Le storie brevi sono molto vicine alla poesia. Condividono lo stesso tipo di misura e intensità e, per questo, racchiudono un riflesso più audace e autentico di me. Oggi però non riesco più a scriverli con la stessa facilità e gioia di quando ero giovane; quindi, sono molto felice di questo libro: contiene un segmento molto personale e importante del mio lavoro».
Tra i temi ricorrenti, quello della memoria. «Il nostro passato può essere un problema, proprio per questo dobbiamo riconoscerlo, scriverne e parlarne. L’immaginazione non è politica né ideologia, è un luogo indisciplinato e selvaggio che dovrebbe continuare a esistere senza giudizi o censure». La differenza tra romanzo e racconto, le descrizioni minuziose delle persone e delle cose, New York e il Vermont.
Peter Cameron ha parlato di questo e tanto altro al pubblico. E poi il tema dell’autofiction, che non preferisce. «A me – conclude – piace molto scrivere dialoghi, a volte i miei personaggi parlano da soli, è un modo per far sì che scompaia la mia voce e venga fuori quella dei personaggi. Per questo mi piace scrivere romanzi in prima persona. Perché il protagonista è anche narratore e questo è un modo per scomparire, il mio modo personale per scomparire».
Una grande lezione.

 

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