“Cannoli siciliani”, ovvero vivere con gusto: la “ricetta” nel diario-romanzo di Roberta Corradin
Oggi, quando parlare di cibo, almeno per gli abitanti più fortunati del pianeta, è diventato alla moda e la cucina, intesa come arte culinaria ma anche come luogo-tempio in cui sorprendenti incontri chimici e sofisticati strumenti tecnologici diventano show mediatico, ci vuole «cuore e coraggio» per affrontare un’avventura gastroletteraria. Come ha fatto con «Cannoli siciliani» (Giunti) Roberta Corradin, giornalista specializzata in enogastronomia e viaggi, ma anche traduttrice di saggistica e narrativa dal francese e dall’inglese. Che presta la sua vita, la sua scrittura e i suoi sogni ad Arianna, una delle due voci narranti del diario-romanzo (dal 2008 al 2023) della Corradin (già autrice di «Ho fatto un pan pepato… Ricette di cucina emotiva», «Le cuoche che volevo diventare» e «Piovono mandorle»), perché, come dice Arianna, «sui sogni non ci sono le tasse, e allora tanto vale sognare per bene». Sogni «che sono progetti» e “gusto” di vivere che hanno portato l’autrice come il suo personaggio da Parigi a New York, da Cambridge a Istanbul alla Sicilia sudorientale perché la cucina ci ha permesso di convertirci in una specie migrante e Arianna-Roberta lo sa bene. La storia si svolge tra Avola e Noto, nel bel paesaggio ibleo, con in mezzo altri viaggi e altri paesaggi: ad Avola, Nisso (diminutivo di Dionysius), giovane aspirante ingegnere, dopo aver iniziato a cucinare per divertimento, apre un ristorante di pesce nella piazzetta della sua città. Ma non lontano da lì, in una frazione di Noto, arriva Arianna che dopo «essersi concessa il piacere di raccontare le donne cuoche conosciute nei viaggi per il mondo» vuole avvicinarsi alla cucina per impastare storie, ingredienti, avventure, memorie. Arianna è sapiens e gustans, cioè sa e assapora con tutti i cinque sensi, e perciò il suo incontro con la multiforme cucina siciliana e con Nisso, più giovane di lei di 20 anni, diventa un’avventura che reinventa il quotidiano contro etichette, pregiudizi, appartenenze. È una storia d’amore la cucina, e diventa una storia d’amore anche la complicità tra Arianna e Nisso, diversi per carattere, interessi e storie individuali. Ma come per magia gli orizzonti gastroletterari di Arianna si sposano (i due convolano a nozze) con le passioni di Nisso. E il marito e la moglie (così amano chiamarsi reciprocamente) tra entusiasmo, crisi a causa della pandemia e creative rinascite vivono insieme un’esperienza gastroetica che apprezza la “cucina della nonna” vicina alla natura come il buon “cibo liscio” (con relative ricette sparse in modo leggero qui e là nel racconto), aborrisce il cibo “striato” o di plastica, ma si apre a contaminazioni e suggestioni alimentari. Selezionando prodotti e persone, puntando sul lavoro femminile e sul valore del lavoro di squadra, ridando dignità lavorativa a qualunque impegno (a cominciare dal ruolo importante del lavapiatti), senza dimenticare affetti famigliari e amicizie.